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attualità
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Intervista all’ex sindaco Luigi Gravagnuolo:
“Con la restaurazione di Galdi vincono i poteri corporativi”
“A Cava problemi serissimi e non c’è ripresa all’orizzonte”
“Durante il mio mandato avevo cercato di rimettere in movimento le forze
produttive, l’intelligenza, la creatività, la cultura. Sapevo che non sarebbe stata una operazione indolore. Se non si
contrastano i privilegi , si è destinati ad un inesorabile declino. Avevo intaccato quegli equilibri, ero
riuscito a farli arretrare. La città ebbe un sussulto di speranza nel futuro”
Dalla campagna elettorale ad oggi Lei ha avuto aspri scontri con il sindaco
Marco Galdi. Ci indichi tre questioni su cui è in totale disaccordo con l’attuale maggioranza.
«Lo svuotamento del PIU Europa; il congelamento dell’iter del PUC unito all’assenza di un qualsivoglia disegno strategico; la gestione del patrimonio
comunale a cominciare dall’acquisto della ex COFIMA, senza trascurare il “regalo” Mediateca ed altri “regalini” minori. Ma il mio dissenso, oltre che su aspetti puntuali dell’azione di governo della attuale amministrazione, è verso il suo segno generale, caratterizzato da una vera e propria
restaurazione. Cerco di spiegarmi. A me era ed è chiaro che rimettere in movimento le forze produttive, l’intelligenza, la creatività, la cultura a Cava de’ Tirreni non sarebbe stata una operazione indolore. Se non si intaccano i
piccoli e grandi poteri corporativi presenti in città, e se non si rompono i loro equilibri, Cava è destinata ad un inesorabile declino. Durante il mio sindacato avevo quindi
contrastato quei privilegi corporativi ed ero riuscito a cominciare a farli
arretrare. Cava cominciava ad avvertire un inizio di speranza nel suo futuro.
Fu un sussulto. Troppo poco e troppo breve il tempo perché questo accenno di ripresa si trasformasse in consenso maggioritario in città; troppo forte per converso il timore dei poteri reali della città di vedersi marginalizzati. Ora, sono bastati pochi mesi della nuova
amministrazione che tutti i poteri corporativi o di cricca, a cominciare da
quelli interni alla macchina comunale, hanno ripreso il sopravvento. L’azione amministrativa è tornata in un batter d’occhio ad essere prerogativa non della politica, ma della burocrazia comunale.
Lo stesso Sindaco sembra più il garante di questi equilibri, che il centro propulsore di un processo di cambiamento e di sviluppo per Cava».
Quali provvedimenti presi dalla giunta Galdi ritiene invece di condividere?
«Senz’altro la transazione con le MST riguardo l’area delle ex Manifatture di via Crispi, che riprende un mio progetto di
riqualificazione di quel pezzo di città; il pacchetto Cimitero (Piano regolatore e Regolamento dei servizi); l’housing sociale».
In una recente intervista al nostro giornale il sindaco ha dichiarato, fra l’altro, che dopo aver toccato il fondo della crisi ora la nostra città è in ripresa. Come vede Cava dalla sua prospettiva?
«L’affermazione del Sindaco è una autentica berlusconata. E’ vero esattamente il contrario. Direi che sia ora di piantarla, una volta e per
sempre, con lo spargere a destra e manca ottimismo di facciata. I problemi di
Cava, come quelli dell’Italia, sono seri, serissimi e non si vede alcuna ripresa all’orizzonte. Meno che mai ce ne usciremo continuando a negarne l’evidenza, mentre si tutelano i poteri corporativi e di cricca e ci si fa garanti
dello status quo».
“Sono indispensabili lo smantellamento dei prefabbricati
e la definizione di una strategia chiara
sull’assetto delle società partecipate dal Comune, Metellia e SeTA su tutte”
Quali scelte riterrebbe indispensabili per lo sviluppo della città?
«Innanzitutto la ripresa della lotta per il cambiamento reale dell’assetto del potere in città. Poi e più puntualmente l’approvazione più rapida possibile del PUC adottato dalla mia amministrazione in Giunta nel
novembre del 2009; il rilancio del disegno strategico delineato nel DOS
approvato in consiglio comunale nel luglio del 2007; l’attrazione di investimenti pubblici e privati per la riqualificazione urbana
condizionati alla qualità delle architetture da implementare. Non trascurerei, per il suo grande valore
sociale e finanche simbolico, lo smantellamento definitivo di tutti i
prefabbricati e la sistemazione delle famiglie che vi risiedono in alloggi
decenti. Infine la definizione di una strategia chiara sull’assetto delle società partecipate dal Comune, Metellia e SeTA su tutte».
L’anno del Millennio della Badia è quasi trascorso. Le celebrazioni sono andate così come se le era immaginate nella sua campagna elettorale del 2005-2006?
«Ne riparliamo il due gennaio prossimo».
“Con i numeri che ha l’opposizione tutto sommato fa la sua parte.
Ho l’impressione che recentemente stiamo riuscendo a superare
molte incomprensioni e tensioni che esistevano”
Come definirebbe il ruolo dell’opposizione in consiglio comunale? Come sono ad oggi i suoi rapporti con gli
altri esponenti dell’opposizione e con i relativi partiti?
«L’opposizione in Consiglio, tutto sommato, la sua parte la fa. D’altro canto i numeri sono davvero impietosi. E poi, bisogna ancora fare i conti
con le ferite della campagna elettorale con il suo sfortunato esito. Ho tuttavia l’impressione che recentemente stiamo riuscendo a superare molte delle
incomprensioni e delle tensioni tra noi. Proprio nei giorni scorsi ci siamo
impegnati reciprocamente ad un patto di previa consultazione su tutte le
questioni all’ordine del giorno dell’agenda politico amministrativa della città. Oltre non siamo andati, ma è già un passo avanti. Relativamente invece ai rapporti con i partiti in quanto tali,
per quanto mi riguarda io ne ho solo di episodici; né so tra loro quali relazioni reali abbiano».
“Non ho dubbi: rifarei la scelta di dimettermi e tornare alle urne.
Non si poteva attraversare tutto il 2010 e metà 2011 in quelle condizioni.
Meglio un altro al posto mio, forte di un recente mandato elettorale,
piuttosto che l’isolamento istituzionale, la sfiducia e il commissariamento”
Ripeterebbe oggi la scelta di dimettersi da sindaco come fece nel dicembre del
2009? E perché?
«Senza alcun dubbio la rifarei. Basta guardare a cosa è capitato a Nocera Inferiore in questi due anni per capire le ragioni di quella
scelta. Avvertivo allora chiaramente l’imminente avvento di tempi duri e sentivo che la città non mi seguiva più. I primi mesi della presidenza provinciale di Cirielli erano stati connotati da
aperta ostilità nei confronti della mia amministrazione. Era inoltre più che chiaro che, con la prevedibile conquista della Regione da parte della
Destra, dopo quella della Provincia, la gioiosa filiera che si preannunciava
avrebbe agito penalizzando la città per avversare me. Cava non poteva attraversare tutto il 2010 e metà 2011 in uno stato di fibrillazione pre-elettorale, isolata nel contesto
istituzionale e con un sindaco dimezzato o peggio sfiduciato, quindi con il
rischio di un lungo commissariamento. In questo contesto i poteri corporativi
di cui ho parlato prima si erano ringalluzziti ed ormai si sentivano pronti per
il redde rationem. La città era disponibile e pronta ad affrontare quella sfida e ad attraversare, con me
alla sua guida, gli anni difficili che già si preavvertivano? Avevo il dovere morale e politico di verificarlo. Andai
quindi serenamente alla verifica e non me ne pento, quale che sia stata la
scelta degli elettori. Meglio un Sindaco diverso da me, ma forte di un recente
mandato elettorale, che un Sindaco ricattabile. Lo dissi allora, al momento
delle dimissioni, e lo confermo oggi».
Panorama Tirreno, dicembre 2011
Panorama Tirreno, ottobre 2011
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