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storia
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Poveri ma neanche tanto belli!
- In aumento chi non possiede una casa - Chi vuole comprarla, la paga a peso d’oro - E poi ci sono gli abusivi... -
- Differenziare i rifiuti: l’impegno varia col cambiare delle amministrazioni - Dall’indifferenza al “porta a porta” - - Aria è inquinata, molti bimbi soprappeso, aumentano i tumori - Ma tutto sommato non si vive così male! -
Come si presenta Cava all’inizio del ventunesimo secolo? Alcuni studi e sondaggi effettuati alla fine del
secolo scorso e nei primi mesi del 2000 ci permettono di avere un quadro
sommario della situazione di un decennio fa.
E’ utile ricordare una valutazione formulata nel 1992 dal Censis, che, nell’ambito di una delle sue indagini socio-economiche sul territorio nazionale,
aveva definito Cava “una vecchia signora con un glorioso passato ma senza prospettiva di futuro”. Partendo da questa scoraggiante premessa, vediamo ora cosa è successo dal 1999.
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In aumento gli indigenti
In una ricerca sulla condizione delle persone più indigenti a Cava, curata dai Servizi sociali del Comune. Veniva riscontrato un
allarmante aumento della povertà. Gli iscritti nell’elenco degli indigenti risultavano essere più di 500 e numerosi fra essi frequentavano quotidianamente la mensa presso il
convento dei francescani. Complessivamente se ne contava circa un centinaio,
compresi i non abbienti provenienti dalle città vicine, nomadi ed emarginati.
Secondo un’indagine condotta dai Servizi Sociali del Comune nel 2005 i poveri inclusi negli
appositi elenchi erano 650, circa 200 unità in più rispetto all’anno precedente e 150 in più rispetto all’indagine sull’indigenza del 1999. Un altro numero consistente di famiglie (730) erano
esonerate dal pagamento dell’acqua e della spazzatura per lo stato precario in cui vivevano. A costoro
andavano aggiunte le numerose famiglie che non dichiaravano il loro stato per
pudore o vergogna. Di fronte a questa scoraggiante situazione, il Comune
cercava di prodigarsi per alleviare il disagio e le sofferenze: l’azienda aggiudicataria delle mense scolastiche forniva pasti caldi a domicilio a
3 nuclei familiari con minori a carico. Altri 60 ragazzi di famiglie bisognose
erano ospitati a Villa Formosa in semi-convitto. Si servivano delle strutture
scolastiche, socializzavano con altri ragazzi, consumavano un pasto caldo e la
sera rientravano nei rispettivi nuclei familiari. Assistenza veniva prestata
anche ai disabili meno abbienti. Le parrocchie e la Caritas Diocesana cercavano
di dare anche loro un contributo concreto con azioni di solidarietà. Quotidianamente presso il convento di San Francesco venivano ospitati nella
mensa una ottantina di bisognosi provenienti anche dalle città vicine.
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La fotografia del Wwf
Il primo spaccato cittadino degli anni 2000 si può ricavare da uno studio del WWF della sezione penisola amalfitana sulla qualità della vita nella città metelliana. Furono analizzati cinque aspetti della vita cittadina: il sistema
dei servizi, quello delle aree verdi, della mobilità, dello smaltimento dei rifiuti e delle aree protette. L’esito del lavoro risultò poco incoraggiante, il giudizio del WWF fu: “Mediocre”. Cava appariva carente nella destinazione e nell’utilizzo del verde pubblico, nel sistema dei trasporti pubblici e della viabilità. Dati in crescita, invece, per la raccolta differenziata dei rifiuti, anche se
nettamente inferiori alla media nazionale. Discreto il livello dei servizi e
buone prospettive per l’incremento delle aree protette del territorio comunale. Da un confronto con la
realtà attuale non sembra che si possano riscontrare grossi cambiamenti o un
miglioramento significativo. L’unico bilancio veramente positivo si riscontra sul fronte della raccolta differenziata dei rifiuti, per l’improvvisa accelerazione che si è verificata negli ultimi anni.
Vediamo nel dettaglio cosa rilevò il WWF.
Servizi - “La qualità della vita è tutto sommato di buon livello”, così veniva dichiarato nello studio. La dimensione medio-piccola del centro
metelliano ha risparmiato alla città i problemi di congestionamento tipici delle metropoli e d’altro canto non si soffriva della mancanza di servizi che caratterizzano i
piccoli centri. Taluni servizi venivano definiti addirittura sopra la media. La
situazione scolastica veniva ritenuta buona, in particolare per le scuole
superiori, anche se veniva lamentata la presenza di un solo corso
universitario. Scarso invece il giudizio espresso in generale sul settore arte
e cultura per la cronica mancanza di un teatro e di un museo. Sotto questo
profilo, nonostante ripetute promesse degli amministratori locali, non è cambiato ancora nulla.
Aree verdi - Il verde attrezzato presente sul territorio, secondo il WWF,
appariva all’inizio del secolo qualitativamente scarso e non omogeneo. Non esisteva uno
spazio verde con le potenzialità di un vero e proprio parco cittadino come nelle piccole, medie e grandi città europee; vi era carenza di spazi collettivi; il verde era mal inserito nel
tessuto urbano e mal gestito. I beni di interesse storico, artistico e
ambientale presenti sul territorio comunale (giardini, ville storiche, percorsi
panoramici, sentieri, le torri della caccia ai colombi, il castello) non
venivano valorizzati a sufficienza e le risorse stanziate non lasciavano
sperare in un miglioramento della situazione. Previsione rivelatasi esatta!
Aree protette - Il Parco Diecimare, istituito con legge regionale nel 1980, ha
un’estensione di 220 ettari. Nel 2000 rappresentava il 7% delle aree protette dell’intero territorio: con tale percentuale la città metelliana si trovava in linea con la media nazionale. Ma veniva rilevato dal
WWF che, data la quantità e la qualità degli ambienti naturali di cui è circondata Cava, lo spazio naturale protetto avrebbe dovuto essere di gran
lunga maggiore. Addirittura, per la sua morfologia, la valle metelliana
dovrebbe essere quasi totalmente compresa in area protetta, a parte l’urbanizzato. Sul lato orientale veniva auspicato un ampliamento del Parco
Diecimare fino a comprendere Monte Castello, San Liberatore ed Alessia.
Auspicio vano. Sul versante occidentale Monte Finestra, Monte Sant’Angelo e l’Avvocata sarebbero poi rientrati nel Parco dei Monti Lattari istituito con
decreto della Regione Campania nel novembre del 2003.
Mobilità - Gli ambientalisti “plaudivano” nel 2000 alla chiusura del centro storico, dopo tante polemiche e numerose
inversioni di tendenze. L’area sottratta al traffico corrispondeva a circa 14.000 mq. Veniva suggerito (ma
vanamente) di ampliare l’isola pedonale estendendola anche ai centri storici delle frazioni. Il sistema
della viabilità lasciava invece completamente insoddisfatti i ricercatori del WWF: negli ultimi
anni, sostenevano nello studio, si era riscontrato un intensificarsi dei
provvedimenti per la fluidificazione dei flussi di traffico per mezzo di
canalizzazioni, semaforizzazioni, ma giudicati di nessuna utilità pratica. Il Piano Urbano del Traffico del 1996 era stato completamente
disatteso e non rinnovato e nessuna strategia era stata concordata con i comuni
limitrofi e con l’amministrazione provinciale. Soprattutto veniva segnalato nello studio che non
si era minimamente tenuto conto in quegli anni delle esigenze degli utenti
deboli (bambini, anziani, pedoni e ciclisti); inesistenti le piste ciclabili,
molte strade prive di marciapiede e nessuna politica comunale di
disincentivazione nei confronti dell’auto. Nel complesso, la valutazione rispetto all’argomento risultava piuttosto negativa. Quale sarebbe il giudizio oggi?
Smaltimento dei rifiuti - I consumi e i rifiuti continuavano ad aumentare senza
che il riciclo dei materiali riuscisse a compensarlo. La raccolta
differenziata, pur cresciuta negli ultimi due anni, era sensibilmente inferiore
alla media nazionale ed europea (il 98% dei rifiuti andava alla discarica) ed
il compostaggio non praticato. Gli studiosi del WWF denunciavano allora un
forte impatto ambientale dovuto da una parte ad un depauperamento delle risorse
disponibili e dall’altra ad una crescente immissione dei rifiuti. Ancora non avevano idea di quello
che si sarebbe verificato in Campania da lì a 5/6 anni. Poi, grazie al forte impegno delle istituzioni e dei cittadini la
raccolta differenziata si è andata sempre più affermando fino agli attuali livelli di circa il 70%.
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Aria pessima davanti alle scuole
Cava de’ Tirreni fu inclusa nel 1997, insieme ad altri comuni del Salernitano in una
rete di monitoraggio voluto dalla Provincia per un rilevamento della qualità dell’aria, attraverso due postazioni in corso Mazzini (presso la scuola Don Bosco) e
via P. Amedeo (incrocio via P. Atenolfi). I risultati, resi noti soltanto nel
2000, rivelarono che in Via Principe Amedeo il valore limite di ossidi di azoto
(NOx), fissato a soglia 0,2 mg/mc, veniva superato di quattro unità intorno alle ore 17,45, per poi gradualmente aumentare fino alle ore 19 (0,276
mg/mc), arco di tempo in cui si registrava un maggiore traffico
automobilistico. Presso la postazione di via Mazzini la concentrazione del
medesimo fattore inquinante dalle ore 12 alle 14 superava sempre il valore
limite. A fronte di una soglia massima di 200, nei due punti di rilevamento in
media si registrava 225,8 e 243 NOx. Nonostante queste rilevazioni, una delle
quali nei pressi della principale scuola elementare della città dove ovviamente stazionano numerosi bambini, non ci risulta che siano mai stati
presi provvedimenti per ridurre l’inquinamento. Il monitoraggio non è stato più ripetuto e, crediamo, con gli anni trascorsi la situazione dovrebbe essere
notevolmente peggiorata.
Il computer nelle case
dei cavesi
All’inizio del 2000 venne anche diffuso il risultato di un sondaggio curato dal
Centro Intermedia sull’interesse delle famiglie cavesi nei confronti dell’informatica. Tramite le scuole furono distribuiti 15.000 questionari, ai quali
rispose una percentuale significativa di poco più del 18% (2.746 famiglie): statisticamente un buon risultato.
Questi i dati:
il 74% delle famiglie era interessato all’informatica;
il 61% non possedeva un computer;
solo l’11% utilizzava Internet;
telemedicina, rapporti con la pubblica amministrazione, rapporti scuola-famiglia
erano gli argomenti più consultati;
il 46% si dichiarò disponibile a partecipare a convegni e dibattiti su temi informatici.
Sarebbe interessante ripetere il sondaggio oggi a distanza di un decennio.
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Che fatica con la spazzatura!
Nel mese di gennaio 2001 partì a Cava la raccolta differenziata dei rifiuti. L’amministrazione comunale guidata da Raffaele Fiorillo si rese artefice di una
politica che oggi possiamo riconoscere coraggiosa e lungimirante, almeno per l’arretrata realtà campana. E’ di quel periodo la costituzione della SeTA, una società mista per la gestione dell’igiene urbana, il cui capitale è per il 51% di proprietà pubblica. Iniziò in breve la differenziazione nel conferimento dei rifiuti secchi e umidi e la
raccolta sistematica dei rifiuti riciclabili. Un’area adiacente al cimitero fu destinata allo stoccaggio dei rifiuti, scelta che
si rivelò utilissima nei gravi periodi di emergenza che si sono verificati negli anni a
seguire. Dopo poco tempo cominciarono a vedersi i primi risultati concreti: 25%
di raccolta differenziata a marzo. A maggio dello stesso anno Cava era al sesto
posto fra i 20 comuni del Consorzio Rifiuti SA/1 per la raccolta differenziata.
Col cambio di amministrazione e l’avvento della giunta Messina, calò anche l’impegno nella gestione dell’immondizia ed a settembre la città precipitò al tredicesimo posto con un misero 13%. In mancanza di un’iniziativa pressante da parte dell’amministrazione, rapidamente anche commercianti e cittadini si mostrarono
svogliati nella separazione dei rifiuti umidi e secchi. La situazione andò poi sempre più deteriorandosi. Dai dati del Consorzio di Bacino Salerno 1, nell’anno 2005 Cava de’ Tirreni risultava negli ultimi posti fra i venti Comuni consorziati, con solo
il 15,46%, addirittura sotto di un punto rispetto al 2004.
Col rinnovato impegno dell’amministrazione comunale guidata da Gravagnuolo e con supporto della SeTA, nel
2006 i dati sulla raccolta differenziata a Cava ricominciarono a crescere: già a giugno si registrò un 24,8%. A novembre si giunse al 34,9%. La media annua fu del 25,2%, ancora
lontana dall’obiettivo del 35% posto dalla legge e al disotto di tre punti rispetto alla
media del Consorzio. Fu attuata una capillare politica di sensibilizzazione e
coinvolgimento della popolazione e delle categorie più significative, come commercianti, ristoratori e imprese, iniziando dalla
distribuzione gratuita di buste per la raccolta differenziata di carta,
giornali, riviste, libri e quaderni, imballaggi di cartone ripiegati, scatole
di cartone per alimenti e contenitori in tetrapak. Si arrivò così nel 2008 ad una raccolta pari al 47%.
Si passò poi alla fase più importante e più delicata, quella del “porta a porta”. Si iniziò con i commercianti ad ottobre, seguirono a novembre le famiglie. Le utenze
commerciali coinvolte furono 1.180, i condomini più di 4.000. La campagna è costata al Comune circa 20.000 euro.
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La soddisfazione di vivere a Cava
Nel 2001 l’amministrazione comunale uscente (Fiorillo) commissionò un sondaggio alla società “Bruno Poggi Associati” di Bologna sul grado di soddisfazione della popolazione cavese in relazione ai
servizi pubblici erogati dal Comune. Ad un campione di 500 intervistati furono rivolte 36 domande articolate in sette
sezioni, riferite alla qualità dei servizi sociali, degli affari generali, di urbanistica e territorio, alla
politica dei tributi, alla sicurezza dei cittadini, al traffico e alla cultura.
Mediamente i giudizi furono soddisfacenti con punteggi positivi nei vari
settori variabili fra il 6 e l’8 (assistenza sociale, mensa scolastica, arredo urbano, contributi d’affitto ed economici alle famiglie a basso reddito, buoni libro, pulizia strade,
assistenza ai portatori d’handicap, affido familiare, centro polifunzionale, parchi giochi, giardini
pubblici, trasporto scolastico, pubblica illuminazione, iniziative culturali).
Al disotto della sufficienza i voti espressi per l’assistenza domiciliare agli anziani, la manutenzione delle strade e,
soprattutto, la qualità dell’acqua (4,3).
Una sezione era dedicata, in particolare, alla sicurezza dei cittadini con 13
domande. Il dato emergente fu che Cava veniva considerata dai suoi abitanti una
città vivibile e sicura, con giudizi positivi di molto superiori alla sufficienza.
Pochi coloro che consideravano la città ad alto rischio sia per i residenti del Borgo (12%) che per gli abitanti della
periferia e delle frazioni (11,7%). Percentuali superiori al 90 per coloro che
non avevano subito negli ultimi anni furti d’appartamento, borseggi o scippi (87% per i furti d’auto), ma soprattutto era alta la percezione di sicurezza acquisita dagli
intervistati: alla domanda “Ha paura quando è buio e si trova da solo in casa?” il 65,6% rispose “Per niente”; percentuale più bassa per la stessa situazione in strada (49%). A fronte di questa diffusa
fiducia dei cittadini in materia di sicurezza, ben il 70,7% si dichiarò però a favore dell’attivazione delle telecamere nella zona del Borgo per un controllo continuo nell’arco delle 24 ore. Contrariamente a quanto si possa pensare, l’esigenza veniva avvertita soprattutto dai più giovani (81% al di sotto dei 25 anni) piuttosto che dagli anziani (74% al di
sopra dei 65 anni). Evidentemente, tranquilli sì, ma è meglio cautelarsi!
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Fare i conti con gli stranieri
In meno di un anno (dal 2003 al 2004) presso l’ufficio Anagrafe di Cava si registrarono regolarmente ben 490 stranieri, con un
incremento del 64% rispetto al periodo precedente. Il fenomeno in forte
crescita trova una motivazione nel fatto che rispetto al passato gli immigrati
non erano più singoli individui ma nuclei familiari tesi a costituire immediatamente comunità, elevando anche il tasso di natalità. La comunità prevalente risultava essere quella ucraina (143 su 760, pari al 18,8%). In
quegli anni cominciava lentamente a cambiare e ad adattarsi l’organizzazione dell’accoglienza. I primi a muoversi furono gli operatori del volontariato, Caritas e
Associazione Eugenio Rossetto, che cominciarono a stabilire contatti per
risolvere problematiche d’ordine logistico e burocratico. Poi pian piano anche il Comune ha iniziato a
organizzare i propri servizi, in particolare l’ufficio Anagrafe Stranieri, presso cui gli immigrati si recano non solo per i
certificati, ma anche per informazioni sul ricongiungimento con i familiari, il
rinnovo dei permessi di soggiorno o per le richieste del medico di base.
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Quei bidoni pestiferi nel Vallone Lupo
Si scrisse nel 2005 la parola fine su un scempio ambientale che aveva
interessato per oltre dieci anni il vallone Lupo nella frazione Sant’Anna. Nottetempo erano stati scaricati nel letto del corso d’acqua alcuni bidoni contenenti materiale fortemente inquinante, potenzialmente
molto nocivo e fonte di inquinamento delle falde acquifere. Le organizzazione
ambientaliste avevano da molto tempo lanciato l’allarme sul grave pericolo che incombeva per l’ambiente. Lenta era stata la risposta delle istituzioni, tanto che la rimozione
dei bidoni nel corso degli anni fu fatta a tappe fino all’ultima tranche del 2005, con cui fu finalmente eliminata la fonte d’inquinamento. Le spese per la bonifica e la rimozione furono divise tra il
comune ed il Consorzio di bonifica dell’agro nocerino sarnese. Si concluse così una brutta storia che ha interessato una delle zone più belle del territorio cittadino.
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Tumori in aumento ma… nella norma
Nel corso di un convegno svoltosi nel 2006 fu reso noto che dal 1996 al 2001
nelle città metelliana ci furono 1.230 persone colpite da tumori, di cui 670 uomini e 560
donne. Gli organi maggiormente colpiti sono stati i polmoni, la vescica, la
prostata, il fegato ed il colon. La rilevazione non comprende i carcinomi
cutanei. Tali dati si sono rivelati in linea con altre aree geografiche della
provincia e sono serviti a sfatare una diceria che si era diffusa in città, secondo cui il territorio cavese era da considerare molto predisposto allo
sviluppo di neoplasie. Si trattava di voci incontrollate senza alcun riscontro
scientifico. L’insorgere delle neoplasie in ambito cittadino comunque è aumentato rispetto ad una rilevazione del Registro dei Tumori che aveva
analizzato il biennio 1998-1999. All’epoca furono colpiti dal male 392 soggetti, 207 furono gli uomini e 185 le donne.
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Bimbi in soprappeso e bimbi obesi
Nel corso di un convegno organizzato da “La Rosa di Gerico” nel 2006 si discusse dell’alimentazione e dei problemi gravissimi connessi con l’anoressia e la bulimia. Furono resi pubblici i risultati di un’indagine sull’obesità infantile condotta nell’ambito dell’ASL Sa1. I dati esposti risultarono allarmanti: in un’Italia al secondo posto, nella graduatoria mondiale, per l’incidenza di obesità la Campania contava il 36% di soggetti in soprappeso, e a Cava su 350 soggetti,
testati sia al 7° anno d’età che al 9° anno, ben il 30% risultava essere in soprappeso, il 9% obeso. Sul banco degli
accusati soprattutto le merendine e la pubblicità, spesso scorretta, con cui vengono reclamizzate.
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Lotta continua all’abusivismo!
Nel corso del decennio le amministrazioni comunali di Cava hanno dichiarato
guerra all’abusivismo. Già con l’amministrazione Messina, nel solo mese di febbraio 2004 furono sequestrati 26
immobili, effettuati 25 sopralluoghi e scoperte 13 violazioni edilizie. Più di 1.000 controlli per anno, secondo dati del Comune, furono eseguiti nei primi
anni del decennio. Numerosi sequestri, divieti di dimora e ordinanze di
abbattimento. Lo stesso Messina, sindaco di centrodestra ai tempi dei ripetuti
condoni del Governo Berlusconi, dichiarava perentoriamente: «Non ritengo giusta la legge sul condono, il ripetersi di questi provvedimenti nel tempo vanifica il lavoro
di chi si è sempre battuto contro la piaga dell’abusivismo». La prima demolizione tra gli edifici non condonabili si verificò nel 2004 per autonoma iniziativa del proprietario stesso. Il manufatto,
costruito su due livelli per una superficie di 100 metri quadrati, era stato
realizzato in località Arco alla frazione SS. Annunziata.
Con la giunta guidata da Luigi Gravagnuolo, sulla base della normativa vigente,
si continuò nell’opera di abbattimento delle abitazioni abusive. Cava visse giornate di grande
tensione in occasione dei primi interventi con le ruspe: proteste,
manifestazioni, minacce. Feroci polemiche avvelenarono il clima cittadino con
profondo spaccature fra i partiti e all’interno dei partiti stessi. L’apice della crisi si raggiunse con lo scoppio di un ordigno nell’atrio del palazzo municipale nell’aprile del 2008. Ci fu un’immediata reazione da parte della società civile e dei partiti di maggioranza. Numerose furono le manifestazioni di
solidarietà espresse nei confronti dell’amministrazione comunale. Fu decisa una manifestazione contro ogni forma di
violenza e in difesa della legalità, ma alcuni esponenti dell’opposizione pubblicamente comunicarono in un manifesto di non aderire alla
manifestazione. Pur ribadendo la propria posizione in difesa del rispetto delle
leggi, e pur condannando ogni forma di violenza, i consiglieri ritennero che l’iniziativa fosse una mera strumentalizzazione politica. Immediata fu la risposta
dei sostenitori: «Ribadiamo l’importanza della partecipazione in piazza per rivendicare il fiero diritto all’autodeterminazione democratica e alla difesa della libertà». La Giunta comunale si mostrò disponibile ad applicare la legge del condono laddove era possibile, ma fu
confermata la linea dura per le altre costruzioni abusive non rientranti fra le
possibili beneficiarie. Esplicita la dichiarazione del sindaco in tal senso: «Da circa trent’anni nella nostra città si è costruito senza che fossero rispettate le regole. Tutto ciò ha provocato un vero e proprio saccheggio. Voglio ricordare che l’80% delle vittime della frana di Sarno vivevano in case costruite abusivamente.
Noi non possiamo accettare che chi commette un reato ed è consapevole di averlo commesso decide di mettersi davanti alle ruspe e dire qui
non comanda lo Stato ma comandiamo noi». Poco dopo una sentenza del Consiglio di Stato rigettò un ricorso presentato da un costruttore di un immobile abusivo, già acquisito al patrimonio comunale ed edificato in zona a grave rischio
idrogeologico, decretandone il via libera all’abbattimento. Fu così sancita la legittimità dell’intervento del Comune contro l’abusivismo.
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Ordigni in città, il Comune parte offesa
Nell’estate del 2007 si verificarono alcuni strani episodi di criminalità. Piccoli ordigni, incendi e intimidazioni investirono alcune attività produttive della città. Superati i primi tentativi di sdrammatizzare e di ricondurre il tutto a opera
di balordi o a scherzi di “buontemponi”, si comprese la natura criminale di questi fatti che minacciavano la presunta
integrità, sempre sbandierata, della città. Vennero individuati e assicurati alla giustizia alcuni responsabili. In fase
processuale il Tribunale penale accettò la costituzione del Comune come parte civile contro gli autori degli attentati
dinamitardi ai negozi e condannò i responsabili a risarcire oltre che le aziende, con la pena individuale da
scontare, e le vittime dirette, anche la città di Cava de’ Tirreni, riconosciuta parte offesa. Fu riconosciuto il diritto al risarcimento
di diecimila euro da parte degli autori dei reati per danni morali all’immagine e al decoro della città.
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