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Insostenibile irrequietezza dell’essere... sindaco
- All’inizio del secolo termina un’epoca: Fiorillo conclude il suo doppio mandato e muore Abbro-
- Messina conquista il centrodestra e la poltrona... ma l’avventura finisce col commissario prefettizio -
- La sfida di Gravagnuolo: amministrazione forte e svincolata dai partiti per traghettare la città verso il Millennium -


Fiorillo, il primo eletto (e rieletto) dal popolo
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Ebbe la meglio su Don Eugenio
Nel 2001 si concluse l’esperienza di primo cittadino di Raffaele Fiorillo. Fiorillo rimarrà nella storia della città come il primo sindaco eletto direttamente dal popolo con il sistema elettorale varato con la legge del 1993. L’esponente dell’allora Pds era già stato vice nell’era di Eugenio Abbro, riuscendo poi all’inizio del ’93 a interrompere il quasi incontrastato dominio cittadino quarantennale della Dc: conquistò la poltrona principale a capo di una coalizione composta da democratici di sinistra, socialisti, repubblicani, socialdemocratici e indipendenti, per governare la città negli ultimi cento giorni prima delle elezioni. A giugno di quello stesso anno giunse la prima grande sfida fra Abbro e Fiorillo nelle votazioni che sancirono la definitiva investitura di quest’ultimo e l’inizio del lento declino di don Eugenio. Fiorillo ha amministrato la città per 8 anni, ottenendo la rielezione anche nel 1997, di nuovo al ballottaggio contro Abbro. Nel corso dei suoi mandati, è stato spesso tacciato di eccessiva prudenza, se non di immobilismo, confrontato con la spumeggiante iniziativa del nuovo sindaco della vicina Salerno, Vincenzo De Luca. In realtà il bilancio della sua amministrazione può essere considerato positivo. Giunto alla guida della città in epoca di dopo-tangentopoli, in un momento particolarmente critico, con una situazione di pre-dissesto finanziario delle casse comunali e gravi carenze nell’organigramma tecnico-amministrativo, ha dovuto avviare prima una rigorosa politica di rientro economico e di copertura di posti dirigenziali negli uffici più nevralgici. L’evasione di tasse e tributi cittadini (spazzatura, acqua) era altissima e altri problemi, dovuti a indagini della magistratura o a inestricabili questioni burocratiche, bloccavano le principali opere pubbliche (trincerone, sottovia, piscina, palazzetto dello sport). A ciò si aggiungevano una rete idrica pesantemente danneggiata, falde acquifere inquinate, precarie condizioni del centro storico e delle strade cittadine. Negli otto anni di amministrazione sono stati riequilibrati i conti e sono stati avviati diversi lavori pubblici. Fra questi sono stati portati a termine nel corso del mandato la pedonalizzazione del centro storico, la ristrutturazione di Piazza Duomo, l’inaugurazione di Santa Maria del Rifugio, il rifacimento dei marciapiedi. Altre opere pubbliche hanno interessato le frazioni. Interessante il programma di politiche sociali rivolte ai giovani e agli anziani e intensa l’attività culturale. Abbastanza coraggiosa è stata la creazione della società mista per la gestione dei rifiuti (la SeTA), per la quale ha incontrato numerose difficoltà e ostacoli. Su di lui pesò anche un’indagine giudiziaria legata all’affidamento del servizio alla nuova società, procedimento che si concluse nel gennaio del 2003 con il completo proscioglimento di Fiorillo.

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Messina, missione incompiuta tra litigi
e sfiducia a mezzo notaio
Alle elezioni per il rinnovo del consiglio comunale del maggio 2001 Alfredo Messina, candidato del centrodestra, vinse al ballottaggio, con quasi il 56% dei voti, contro Francesco Musumeci del centrosinistra.
Alfredo Messina, avvocato, nato a Cava il 9 maggio del 1944, è stato per alcuni anni responsabile dell’Ufficio legale del comune. Iniziò l’attività politica nel 1995 quando si candidò con il CCD per un seggio alla provincia di Salerno. Fu il secondo dei non eletti. L’anno successivo fondò l’associazione culturale Confronto, poi tramutata in movimento politico, con il quale partecipò alle elezioni amministrative del 1997, conquistando un posto in consiglio comunale. Nel maggio del 2000 si iscrisse a Forza Italia e diede vita ad una rapida scalata al suo interno.
Il risultato elettorale del 2001 giunse al termine di una preparazione estenuante da parte dei due schieramenti, che con enormi difficoltà erano arrivati ad esprimere le candidature. Nell’ambito del centrodestra, per la verità, i candidati alla fine erano stati ben tre (oltre a Messina, Alfonso Laudato e Marco Galdi); la candidatura di Musumeci era maturata anch’essa sulla base di un’estenuante trattativa interna ai Ds e dell’intero schieramento ulivista, lasciando alla fine la sensazione di una diffusa insoddisfazione finanche (e soprattutto) in seno al partito di appartenenza dello stesso Musumeci. Così, nonostante il temporaneo vantaggio al primo turno, il centrosinistra dovette lasciare la guida del palazzo di città, dopo 8 anni di amministrazione Fiorillo.
L’amministrazione del sindaco Alfredo Messina fu turbolenta fin dai primi giorni di governo, almeno quanto era stata accesa la disputa all’interno del centrodestra nella fase pre-elettorale. All’inserimento in giunta di Annamaria Armenante (già assessore provinciale della prima giunta Andria di centrosinistra), e la sua nomina a vice-sindaco, fece seguito la scelta di Vittorio Del Vecchio come city manager. E, nei primi dieci giorni, l’assessore all’ordine e alla sicurezza Alfonso Senatore fu sfiduciato dallo stesso Messina e estromesso dalla giunta. Tutto ciò provocò discussioni e immediato disagio all’interno della Casa delle Libertà. Senatore in una conferenza stampa si espresse a ruota libera con parole di fuoco contro Messina e la sua maggioranza. Altre scelte che lasciarono perplessi gli stessi alleati di Messina seguirono nelle settimane successive. A settembre fu “dimissionato” il segretario comunale Raffaele Iervolino, che, a detta di uno stesso componente della maggioranza, nei tre anni di operato per il comune di Cava si era mostrato efficiente, serio ed equilibrato. Vennero nominati diversi consulenti di fiducia del sindaco e in breve venne approvato il nuovo statuto comunale che consentì di nominare 4 assessori in più.
Sul piano delle realizzazioni, nei primi mesi del suo mandato Messina si trovò a raccogliere i frutti dell’ultimo intenso lavoro della precedente amministrazione, andando a inaugurare opere e lavori appaltati dalla giunta Fiorillo. I suoi annunci di nuove opere lasciarono intendere ai suoi sostenitori che era prossimo un massiccio progetto che avrebbe rivoluzionato la città. Fra questi, uno dei più eclatanti fu l’intenzione di trasformare il “Simonetta Lamberti” in un ampio e articolato centro commerciale e di costruire un nuovo stadio sul vecchio campetto di Pregiato. A pochi mesi dalla scomparsa di Eugenio Abbro, decise di cambiare nome a piazza Roma, dove è ubicato il Comune e l’antica sede della Democrazia Cristiana, intitolandola al Professore.
Nei primi mesi del 2002 Annamaria Armenante, vice-sindaco e assessore alla cultura, decise di dimettersi dalla carica che tanto scalpore e polemiche avevano provocato. Con una lettera inviata al sindaco, Armenante orgogliosamente rivendicò la bontà del suo operato e usò termini molto duri verso un certo modo di fare politica, sostenendo che «non esistono le condizioni per operare nell’interesse collettivo, perché non si ha intenzione di amministrare seriamente. Le persone perbene e capaci vengono così espulse dal governo degli enti, e questo è un segnale agghiacciante».
Ancora qualche mese e alle dimissioni di Armenante seguirono quelle del city manager Del Vecchio. «Nonostante i miei continui sforzi - scrisse Del Vecchio - non è stato possibile creare un giusto e sinergico rapporto tra la funzione di indirizzo politico e quella della gestione in concreto dell’organizzazione degli uffici e dell’attuazione degli obiettivi dell’ente, che competono al direttore generale». Pur di avere Del Vecchio come collaboratore, Messina aveva sfidato le ire dell’opposizione, le denunce di ex alleati, i malumori della sua maggioranza e i rilievi degli organi di controllo. Al suo posto il sindaco nominò Enrico Violante, 60 anni, già direttore amministrativo dell’ospedale di Cava.
Tra ottobre e novembre del 2004 si ebbe il primo grosso scossone per la giunta Messina. In seguito a disaccordi interni al centrodestra locale, il sindaco azzerò la giunta e si dimise. Il fronte che sosteneva Messina appariva profondamente spaccato. L’accordo, che pareva fosse stato raggiunto da Pasquale Petrillo, che si pose come mediatore, in breve si frantumò. Quando si andava ormai verso le elezioni anticipate, fu raggiunto un debole compromesso che permise ad Alfredo Messina di ritirare le dimissioni. Ma sia Forza Italia che gli altri alleati continuavano a mostrarsi fortemente divisi.
Fra litigi e discussioni si andò avanti ancora per qualche mese, finché a luglio del 2005 Alfredo Messina venne sfiduciato da una parte del centrodestra, fra cui Giovanni Baldi, e dai consiglieri di opposizione. Voltarono le spalle a  Messina 16 consiglieri comunali: 1 dell’Udc, 5 di Forza Italia, 3 di An, 7 dell’opposizione. Ma il fatto singolare fu che l’atto di sfiducia venne firmato davanti a un notaio. Il metodo non è dei più ortodossi. Precise regole di comportamento democratico imporrebbero che le sedi preposte a simili decisioni (tanto più gravi esse siano) debbano essere le aule consiliari, ma in questo caso si preferì una modalità che provocò le ire del sindaco. Secondo un consigliere di Forza Italia «E’ stato scelto questo criterio per evitare dietro-front in consiglio comunale».
In attesa di nuove elezioni (nella primavera del 2006), fu nominato il commissario prefettizio Pasquale Napolitano, chiamato a gestire l’ordinaria amministrazione. Dopo poche settimane, per gravi problemi di salute, Napolitano fu sostituito da Antonio Reppucci.
Finì così la guida politico-amministrativa della città affidata ad Alfredo Messina. Un periodo denso di aspre polemiche sia da parte dell’opposizione che all’interno della stessa maggioranza. Alla fine furono proprio le contraddizioni interne ai partiti che sostenevano il sindaco a provocarne la sua caduta.
A ciò si unì anche il profondo malcontento che si determinò nei confronti di uno stile di gestione mal sopportato per lungo tempo e considerato alla fine inaccettabile, oltre al bisogno di ritrovare una via “normale” per la conduzione della città, che evitasse demagogie, assolutismi e inutili furbizie.

Gravagnuolo, il Millennio
e la sfida finale al sistema dei partiti
Gravagnuolo con la maglia di Sindaco 9-6-2006 (1).JPG
Iniziò così una lunga preparazione alle nuove elezioni. Messina manifestò la volontà di riproporre la sua candidatura, mentre nel centro sinistra i DS facevano spazio a Luigi Gravagnuolo che ricevette in breve l’appoggio anche delle altre formazioni dell’Unione.
Gravagnuolo partì subito nella sua lunga campagna elettorale con una serie di incontri programmati in tutte le frazioni, avendo cura, contrariamente a una certa tradizione della sinistra, degli aspetti mediatici. Forte della precoce candidatura, l’esponente del centrosinistra ebbe modo di illustrare un programma  che raccolse i favori dei cittadini, privilegiando gli aspetti relativi al miglioramento delle condizioni sociali e soprattutto lanciando il progetto del Millennio, legato alle celebrazioni per i mille anni di vita dell’abbazia benedettina. Gravagnuolo lanciò subito un sito internet e una serie di slogan ad effetto. Promise ai cavesi mille posti di lavoro, l’abolizione dell’ICI per le prime case e la trasformazione della tassa sui rifiuti in tariffa.
Sull’altro fronte le divisioni interne al centrodestra si perpetuarono fino alla vigilia delle elezioni. Alla fine Messina riuscì nuovamente a spuntarla come candidato ufficiale, mentre Giovanni Baldi si presentò per l’Udc. Vincenzo Passa per i Verdi e Guido Pomidoro per la lista dei Giovani completarono il quadro delle candidature.
Le elezioni per il rinnovo del consiglio comunale erano state precedute dal voto ad aprile per il rinnovo del Parlamento. L’esito per i progressisti cavesi non era stato dei più confortanti: il centrodestra aveva conquisto nelle urne metelliane circa 20 punti di vantaggio sull’Unione e Forza Italia era il primo partito a Cava. Nonostante queste premesse, nelle votazioni del 28-29 maggio (primo turno) e 11-12 giugno (ballottaggio) 2006 Luigi Gravagnuolo, candidato del centrosinistra, fu eletto nuovo sindaco di Cava de’ Tirreni, battendo Alfredo Messina, primo cittadino uscente ed esponente del centrodestra.
La vittoria di Gravagnuolo non fu mai in discussione. Dallo spoglio dei voti al ballottaggio risultò che l’esponente dell’Unione aveva battuto l’avversario in 52 seggi su 55, raggiungendo il 59,56% delle preferenze (18.537 voti), contro il 40,44% di Messina (12.588 voti).
Gravagnuolo conquistò la fiducia dei cavesi con una campagna elettorale capillare ed efficace che l’aveva tenuto impegnato per vari mesi, attraverso incontri con tutte le comunità cittadine e le diverse categorie sociali. Gli elettori lo premiarono, vedendo in lui la possibilità di voltar pagina dopo l’infelice caduta della precedente maggioranza guidata da Messina.
La coalizione di centrosinistra riportò il maggior numero di voti (49,83% contro il 32, 96% del centrodestra, il 14,84% dell’UDC, l’1,65% dei Verdi per la Pace e lo 0,72% dei Giovani). Il partito più votato (anche se in forte calo rispetto al 2001) rimaneva Forza Italia con 5.804 preferenze, pari al 16,76%. Il candidato più votato in assoluto nelle liste fu Antonio Barbuti della Margherita, con 690 voti personali. In ciascuno degli altri partiti le maggiori preferenze furono ottenute da Luigi Napoli in AN (590), Carmine Adinolfi in Forza Italia (576), Michele Coppola nei Socialisti e Democratici per Cava (488), Vincenzo Lamberti nell’UDC (483), Antonio Armenante in Rifondazione Comunista (379), Germano Baldi nell’UDEUR (373), Luca Alfieri nel Nuovo PSI (332), Rossana Lamberti in E’ Viva Cava (309), Giovanni Senatore in Cava per la Libertà (158), Pio Silvestro nella lista DC-PRI (77), Gerardo Vignes nei Giovani (45), Antonietta Maiolo nei Verdi (43).
Alcune curiosità: si registrarono 36 candidati con 0 preferenze, di cui ben 16 nella lista DC-PRI; i socialisti erano presenti con due liste che richiamavano il vecchio PSI, una per il centrodestra (Partito Socialista Nuovo PSI) e una per il centrosinistra (Socialisti e Democratici per Cava), che comprendeva anche dei repubblicani. Il Nuovo PSI a stento raggiunse il 2%, mentre un vero e proprio exploit lo conseguirono quelli schierati a sinistra con quasi il 9%; sempre fra i socialisti (di sinistra) erano candidati due figli di vecchi leader storici del PSI locale, Lucio Panza (figlio di Gaetano) e Vincenzo Altobello (figlio di Luigi). Il primo fu eletto e divenne presidente del consiglio comunale, il secondo no; fra le 78 donne candidate, la più votata fu Assia Landi dell’Udc (378 voti).
L’amministrazione di centrosinistra guidata da Luigi Gravagnuolo cominciò quindi ad operare in un clima di benevolenza da parte della città, ma le difficoltà iniziarono subito. Fu problematico affrontare con i partiti della coalizione la definizione degli assessorati, poi due consigliere uscirono dalla maggioranza cittadina.
Nelle elezioni politiche anticipate del 2008 Berlusconi e il Popolo delle Libertà riconquistarono la maggioranza nel Paese. Cambiavano gli equilibri politici anche per l’amministrazione comunale di Cava. Gravagnuolo era stato eletto due anni prima e godeva, oltre che di un considerevole consenso popolare, dell’appoggio di amministrazioni e governo di centrosinistra a livello provinciale, regionale e nazionale. Con la crisi dei rifiuti in Campania e con la caduta del Governo Prodi il contesto politico si era modificato: a Roma si era insediato Berlusconi e nella provincia di Salerno, come nell’intera Campania, il centrodestra godeva di consensi superiori al 50%. Anche a Cava le urne avevano espresso una distanza fra i due schieramenti di ben 25 punti (56% contro 31% a favore del Popolo delle Libertà). In questa condizione di “accerchiamento”, per Gravagnuolo, per la sua maggioranza e per il progetto del Millennio cominciarono a crearsi alcuni grossi segnali di ostilità.
Uno dei primi forti sintomi delle difficoltà cui l’amministrazione avrebbe dovuto andare incontro nei mesi successivi si palesò in occasione del convegno “Le radici benedettine dell’Europa contemporanea” organizzato per l’11 ottobre al Cinema Alambra. Era stata annunciata la presenza dei ministri Carfagna e Bondi, quasi a voler testimoniare una presunta adesione bipartisan al progetto del Millennio. Ma i due rappresentanti del Governo Berlusconi, dopo aver dato la loro adesione alla giornata di studio, all’ultimo momento si tirarono indietro “per sopravvenuti impegni di Governo”, su sollecitazione di rappresentanti locali del loro stesso partito. Il tutto per non “tirare la volata” a Gravagnuolo.
Il sindaco reagì accusando pubblicamente il centrodestra cavese di agire per propri interessi, operando un boicottaggio a danno della loro stessa città. Dal canto loro i rappresentanti dell’opposizione fecero capire che il progetto del Millennio non sarebbe mai decollato se non fosse stato condiviso. Da ciò scaturì un tavolo delle trattative in cui si pervenne ad un “coordinamento” delle iniziative.
Finalmente nel 2009 arrivarono i primi stanziamenti per le celebrazioni del millennio dell’abbazia benedettina della Santissima Trinità di Cava. La Regione mise a disposizione cinquecentomila euro e la Provincia duecentomila. Sul fronte del Programma di Integrazione Urbano (Piu Europa) a cui lavorano tecnici regionali, provinciali e comunali, furono poi annunciati investimenti per la città di Cava per circa 30 milioni di euro, attraverso una serie di interventi pubblici e privati che potrebbero contribuire a migliorare l’aspetto del centro metelliano.
Intanto sul piano parlamentare si attuò un disegno di legge per l’evento del 2011. Portava la firma dell’.On. Cirielli, ma era frutto di un impegno bipartisan per evitare che potesse arenarsi fra inutili polemiche, tanto che l’On. Iannuzzi rinunciò alla sua proposta, integrando con alcuni emendamenti il documento Cirielli. Il provvedimento, dopo l’esame delle commissioni parlamentari, venne approvato dal Parlamento e divenne la Legge 8 luglio 2009, n. 92. Prevede lo stanziamento di un fondo speciale di 250.000 euro per il 2009 e 1.500.000 complessivi dal 2010 al 2012.
Ma i tempi lenti dei provvedimenti necessari affinché la macchina possa funzionare rischiano di far perdere buona parte di questi finanziamenti. La costituzione del Comitato Nazionale per il Millennio della Abbazia Benedettina è arrivato solo a fine novembre ed ha designato come presidente Gennaro Malgieri, giornalista, parlamentare ed ex allievo della Badia; gli altri componenti sono Marina Giannetto, Amilcare Troiano, Carlo Modica de Mohac, Franco Cardini, Marco Galdi, Monsignor Benedetto Maria Chianetta, Vera Valitutto, il Presidente della Provincia di Salerno e il sindaco di Cava. Finora il Comitato non si è mai riunito.
Dopo qualche altro rimpasto di giunta, alla fine del 2009 giunse il colpo a sorpresa da parte di Gravagnuolo: con una maggioranza ridotta in consiglio comunale e con le tensioni all’interno dei partiti che dichiarano di sostenerlo, il sindaco ritenne che non fosse possibile andare avanti e perseguire con efficacia gli obiettivi che erano stati posti per la città di Cava in vista del Millennio. Piuttosto che vivacchiare - sostenne Gravagnuolo - è preferibile tornare alle urne. Se i cavesi condivideranno il suo progetto lo rafforzeranno, altrimenti la guida del Comune passerà ad altri.
Calcolando con attenzione i tempi, il sindaco si è dimesso alla fine dell’anno, in modo da tornare a votare con le elezioni di primavera 2010. La decisione ha sorpreso tutti, sia nei partiti della maggioranza che dell’opposizione. In effetti Gravagnuolo aveva rilasciato al nostro giornale una dichiarazione profetica al riguardo in un’intervista dell’agosto 2006, poche settimane dopo il suo insediamento: «Se nella maggioranza la logica particolaristica dovesse arrivare a un punto di rottura con la promessa fondamentale fatta con la città, sarò pronto a riconfrontarmi con gli elettori».
Il nuovo decennio si apre quindi con le elezioni per il rinnovo del consiglio comunale e la scelta del sindaco. Vedremo se la città premierà o meno la volontà di Gravagnuovo di tornare alle urne.

Il saluto ad Abbro, primo cittadino di mezzo secolo
La sua impronta su Cava
Proprio alla vigilia del deposito delle liste e dell’inizio della campagna elettorale per l’elezione del sindaco a Cava nel 2001, si spense Eugenio Abbro.
Era nato il 15 settembre 1920. Come politico aveva cominciato a farsi strada nel ’46, insieme alla Repubblica italiana, dando vita al… partito monarchico locale. Nel ’52 passò alla democrazia cristiana e venne eletto consigliere provinciale. Nel ’54, all’età di 34 anni, divenne già sindaco di Cava.
Con l’istituzione delle regioni si lanciò verso il Consiglio regionale della Campania, dove negli anni ’70 fu prima assessore allo sport e al personale e poi vice presidente della giunta. A più riprese è tornato a ricoprire la carica di sindaco, di cui l’ultima dall’83 al ’91. Più volte aveva costruito maggioranze con i partiti di centro e con i socialisti di Gaetano Panza. Poi, nel ’90, anche con i missini di Alfonso Senatore. Nel ’92, infine, per la prima volta si era accordato con gli ex comunisti e Raffaele Fiorillo fu suo vice.
Nel ’93 giunse la grande sconfitta nella prima elezione diretta del sindaco. Fu lo stesso Fiorillo a batterlo al ballottaggio. L’episodio si ripeté nel ’97 con lo stesso Fiorillo, ma in questo caso per il professore ci fu la soddisfazione personale di aver sbaragliato all’interno del centro-destra un fronte di “compagni di cordata” approssimativo e litigioso, dimostrando di essere vero e unico “cavallo di razza” tra gli avversari del centro-sinistra.