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cultura & società
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Tra “veglia e suonno”, la
traccia poetica
di Tommaso Avagliano
Tra veglia e suonno
Il Portico Editore 2005
Aldo Amabile
Sono molti coloro che, pur amanti della
poesia, si accostano malvolentieri a quella in lingua
napoletana. Ciò accade, secondo me, per due motivi: il
primo, più diffuso tra le persone colte, è che la
lirica dialettale è ritenuta un genere minore; il
secondo è la difficoltà di lettura del dialetto,
dovuta a poca dimestichezza con la sua gloriosa tradizione
letteraria. Eppure, se viene semplicemente ascoltata, la poesia
dialettale piace, eccome! Allora perché non leggerla,
visto che la parola letta può offrire emozioni
più durature? Un’occasione ce la offre Tommaso
Avagliano con un volumetto di versi dal titolo Tra veglia e
suonno (Cava, Il Portico editore, 2005).
L’autore, ispirandosi alla lezione
dei classici della letteratura napoletana, con un lavoro
ammirevole approda felicemente a una personale rielaborazione
della lingua di Russo e di Di Giacomo, attualizzandola e
rendendola più rispondente alla sua inevitabile
evoluzione. Ne è nata un’opera godibile sotto ogni
aspetto. I temi trattati sono quelli eterni della vera poesia:
l’amore, la nostalgia, il rimpianto per il tempo che
passa. Il tutto trasfigurato dalla consapevolezza di lasciare
una “traccia” della nostra avventura umana.
Sono lieto di affermare che questo libro
di Avagliano è veramente bello, sia per la veste grafica
(impeccabile, com’è nella tradizione del suo
mestiere di editore) che per il contenuto. Senza presunzione,
credo di essere un discreto intenditore della poesia e della
canzone di Napoli. Perciò posso dire con
sincerità (quella che nasce dall’ammirazione delle
opere altrui) che in Tra veglia e suonno i risultati raggiunti
sono davvero notevoli. Le composizioni della raccolta sono
tutte godibili, ma una fra tutte mi ha particolarmente colpito:
“P’ ’a strada ’e Croce”, in cui
il verso quinario adoperato è di rara levità e
leggiadria. Basta leggere la strofa finale per rendersene conto:
“Tra veglia e suonno / da nu curtiglio / sento na mamma
/ ca chiamma ’o figlio. / Sperza p’ ’o cielo
/ strilla na rondine, / squilla na fàuce / sott’a
nu ponte. / L’acqua int’ ’a vasca / nun
fruscia chiù. / Zitte, int’ ’o bosco / canta
’o cucù!”.
Panorama Tirreno, febbraio 2007
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