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Panorama oltre il Tirreno
Panorama oltre il Tirreno
Tanzania, Capodanno tra il Kilimanjaro
e il Lago Natron con il fiero popolo Masai
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Elisabetta Muraglia
L’idea era quella di non trascorrere le feste di fine anno nel solito modo. Una domenica mattina ho detto ad un amico: «Quest’anno ho voglia di un posto pieno di caos, del fasto di una metropoli, mi piacerebbe New York!». E così, molto coerentemente, sono partita per la Tanzania, patria di pace e parchi nazionali.
L’aereo mi ha portato a Dar es Salaam alle 15 circa, ora locale, insieme ad altri 14 “disgraziati” che, come me, avevano fatto una scelta alternativa. All’aeroporto abbiamo noleggiato un pulmino per raggiungere l’albergo al centro della città, dove siamo stati subito rapiti dalle musica e dalle danze inscenate in strada per festeggiare un matrimonio. Eravamo gli unici bianchi presenti. Dar es Salaam si presenta come una tipica metropoli del terzo mondo, dove tutti immigrano dalle campagne alla ricerca di fortuna e invece, ingrossano solo le fila dei disoccupati. I ritmi sono lenti e la mentalità è quella un po’ fatalistica del nostro meridione. Al ristorante il menù è fisso, ma buono e deciso unicamente dal cuoco. Ricordo ancora uno stufato di carne e banane verdi che non ha nulla da invidiare al nostro spezzatino con le patate. Stesso sapore.
È opportuno fare una premessa: chi si prefigge un viaggio fuori dal proprio Paese, deve imparare a concedersi, a inebriarsi dei profumi delle città (inquinamento permettendo) e ad assaporare la vita locale con l’umiltà di un ricercatore che vuole capire e non criticare. Soprattutto in Africa non si possono fare paragoni con il nostro stile di vita, perché alla base c’è una cultura più animistica, più legata alla natura, al clima. Non esistono le stagioni come noi siamo abituati a vederle. In Tanzania, che è situata sotto l’equatore, è sempre estate. L’unica differenza si nota nelle piogge: c’è il periodo di quelle grandi e poi di quelle piccole. La vegetazione varia continuamente, dalla savana dei grandi parchi, alla foresta pluviale, alle nevi del Kilimanjaro. Abbiamo raggiunto la 2ª  delle 3 mete del Kilimanjaro, giocando a nascondino con le scimmiette. C’è la possibilità di rifocillarsi e pernottare in quota, nei rifugi, ma era il 31 dicembre. Anche lì tutto al completo, così abbiamo ripiegato per una “comoda” notte di fine anno in tenda. Alle 21 ora locale (ore 19 in Italia), abbiamo finto la mezzanotte e ci siamo profusi in baci ed abbracci. Un gruppo di tedeschi, incontrati in loco, si sta ancora chiedendo se i nostri orologi fossero clamorosamente impazziti. Siamo scesi il giorno di Capodanno insieme ai portatori (...degli altri). C’è una strana amicizia che nasce dalla fatica comune e che ti lega all’estraneo che cammina al tuo fianco. Altra meta: Arusha, amena cittadina dell’interno. È il punto di partenza di safari ed escursioni ai parchi. Abbiamo prenotato tre jeep con autista e via verso il Serengheti, Ngorongoro, Manyara, Tarangire; tutti parchi da visitare restando stupiti delle bellezze naturali e dei numerosissimi animali che li popolano. I miei occhi sono ancora pieni di gazzelle, impala, zebre, giraffe, elefanti, gnu, leoni, iene e tanti altri. Ci siamo rinfrescati nelle cascate del Lago Natron e a mattina all’alba abbiamo assistito allo splendido passaggio dei fenicotteri rosa. Nella zona vivono ancora i Masai, popolo fiero e nomade, che ci hanno ospitato nei loro villaggi formati di capanne costruite con paglia e fango. Ci hanno salutato con una danza propiziatoria (dietro compenso). Ormai sono diventati un popolo scaltro che sfrutta la propria immagine e si fa pagare anche la posa in una foto. Mentre i Sonjo, altro popolo della zona, più povero, ostenta ancora una certa diffidenza verso gli occidentali e per fortuna, si rifiuta di farsi corrompere. Comunque, in alcune zone della Tanzania esiste ancora il baratto e l’artigianato locale è molto interessante. Ho dato via due paia di calzettoni per uno scudo costruito con pelle di capra.  
Dopo due settimane il viaggio è terminato e la nostalgia di questa natura incontaminata si è fatta sentire già a Nairobi in Kenia. Rimpiangevamo le strade polverose ed il sorriso genuino della gente incontrata per strada, i gridolini di gioia dei bimbi allo scattare dei flash delle macchine fotografiche, il passo lento dell’elefante, il baobab maestoso e l’immenso termitaio sullo sfondo della savana, e… e… e…