Disturbi dell’alimentazione: il 9% dei
bambini cavesi è obeso, il 30% in sovrappeso
I rischi di anoressia e bulimia
Patrizia Reso
Un’azione tra le più naturali ed
elementari, come quella di nutrirsi, può trasformarsi in dramma
in questa società distratta. Instaurare con il cibo un rapporto
in cui trasferire le proprie ansie, le proprie paure può
equivalere, infatti, all’instaurarsi di forme patologiche
estremamente serie, quali l’anoressia o la bulimia. Questi i temi
affrontati dall’associazione La Rosa di Gerico durante
l’incontro organizzato con la scrittrice Gianna Schelotto,
autrice nel ’92 del libro “Una fame da morire” in cui
narra la storia vera di due ragazze, Sara e Milena, che hanno cercato
di annullarsi attraverso il cibo.
La Schelotto, anche psicoterapeutica, ha
affrontato il tema da un punto di vista professionale senza accantonare
l’approccio umano, determinante per individuare ed entrare
nelle profonde motivazioni che poi inducono
all’alterazione di questo rapporto.
“Perché proprio il cibo?
Perché mangiamo quando siamo tristi, quando ci sentiamo soli,
quando siamo arrabbiati… Perché il primo incontro che si
ha quando si nasce è col seno materno e questo contatto è
pieno di altri elementi. Non serve solo a sfamarti, ma a sentirsi
protetti, accuditi, amati!”
Argomento di grande attualità ed incubo
dei genitori di adolescenti, poiché equivale a sprofondare in un
mondo completamente sconosciuto, attorno al quale si è creato un
alone di mistero, iniziando dalla difficoltà di sentirsi
diagnosticare una malattia del genere e di avere punti di
riferimento, quali centri o specialisti presso cui rivolgersi per un
intervento appropriato e risolutivo. La paura e l’ansia di
parlarne all’esterno a volte peggiora la situazione, quasi come
accadeva negli anni 70 quando si faceva l’atroce scoperta di
avere un figlio tossicodipendente.
Questo tipo di patologia non si riscontra nei
paesi poveri. «Non colpevolizzerei troppo i genitori. In questo
nostro mondo le ragazze mettono in atto una sorta di rivolta, di fatto
si manifesta un conflitto tra desideri espressi e desideri repressi e,
a questo punto, decidono di negarsi qualsiasi tipo di desiderio»,
compreso quello primordiale del cibo. «Si nutrono dei lori
genitori, in particolare divorano la mamma». Questo rapporto
anomalo con il cibo è abbastanza diffuso anche nella nostra
comunità, forse anche più di quanto si pensi proprio
perché circondato il più delle volte dal silenzio, ed
è uno dei punti fondamentali della programmazione di intervento
del Consultorio Familiare di Cava, coordinato dalla dr.ssa Grazia
Gentile, che prevede un Progetto di Educazione alla Salute offerto alle
scuole di ogni ordine e grado della città con la
finalità, attraverso una corretta informazione capillare, di
prevenire eventuali patologie, intervenendo di fronte ai primi
campanelli di allarme.
Nel corso della serata è stato presentata
anche un’indagine, condotta dal pediatra Domenico Viggiano,
nell’ambito del territorio di competenza dell’ASL Sa1,
sull’obesità infantile. I dati esposti sono allarmanti:
l’Italia occupa il secondo posto, nella graduatoria
mondiale, per l’incidenza di obesità; la sola Campania
conta il 36% di soggetti in soprappeso, e viene subito dopo la Sicilia
per quanto concerne l’obesità. La realtà cavese non
è da meno: infatti su 350 soggetti, testati sia al 7° anno
d’età che al 9°, ben il 30% è risultato
essere in soprappeso il 9% obeso. Ciò che oggi si affronta con
superficialità e considerando erroneamente il soprappeso una
manifestazione di buona salute, un domani può essere la causa di
patologie a livello circolatorio, cardiaco ed ha nove
possibilità in più di trasformarsi in obesità.
Un messaggio molto forte è partito
sul mettere in discussione il proprio stile di vita per evitare
l’insorgere di questi problemi, iniziando col mettere al bando le
tanto reclamizzate merendine che fanno salute e famiglia. Il ministero
delle Politiche Agricole e Forestali, in collaborazione con
l’Istituto Nazionale per la Ricerca per gli alimenti e la
nutrizione, ha diffuso delle linee guida per una corretta
alimentazione. Nonostante le campagne pubblicitarie promosse in tale
direzione, non è avvenuta l’auspicata diffusione
all’interno delle scuole. Sarebbe opportuno a tal punto creare
dei gruppi di lavoro, che coinvolgano tutte le componenti scolastiche,
all’interno di ogni scuola per individuare degli interventi
operativi da un punto di vista alimentare, per quanto riguarda mense,
distributori automatici e snack food.
Panorama Tirreno, febbraio 2007