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storia
Riccardo Romano, comunista mai pentito
Non accettò la trasformazione del PCI in PDS e si ritirò dalla politica. Di Abbro diceva: “Ha distrutto la DC a Cava”
Romano
Enrico Passaro
Con Riccardo Romano scompare un altro dei grandi protagonisti della storia politica cavese del dopoguerra. Insieme a Eugenio Abbro si rese artefice di pagine memorabili della vita consiliare, ma non solo. Per anni è stato l’unico esponente cavese in Parlamento: senatore per due legislature, deputato per una. Una lunga carriera politica, che non ha mai sfruttato (e questo gli viene riconosciuto da tutti) per crearsi una “clientela” per sistemare gli amici, per fare uso personale del potere.
Riccardo Romano è stato un comunista convinto, orgoglioso delle proprie scelte e del ruolo che il Partito Comunista Italiano ha svolto nel dopoguerra. Non asservito a Mosca, non satellite dell’impero sovietico, ma espressione di una via diversa, umana e democratica, al socialismo.
Questo era il suo fermo convincimento e di questa sua granitica certezza conserviamo chiarissimo il ricordo, legato ad un’intervista che ci concesse dopo due mesi di vita del nostro giornale, nel febbraio del 1991 (da allora ha continuato a seguire assiduamente Panorama Tirreno). Si era all’indomani della svolta voluta da Occhetto, che trasformò il PCI n PDS, mentre a Cava era sindaco Abbro a capo di un’amministrazione insieme al MSI. La trasformazione del partito che era stato di Berlinguer non fu digerita da Romano, che proprio dopo aver espresso nell’assemblea cavese voto contrario al cambiamento, di fronte alla nascita della Quercia si dichiarò fuori dal partito e si ritirò definitivamente ad Agropoli. «Non mi reputo un comunista pentito – ci dichiarò con orgoglio nella circostanza e aggiuse parole profetiche sul destino della nuova “cosa” che stava nascendo – Non c’è dubbio, il partito si sposterà decisamente a destra, espressione dell’omologazione della sinistra alla politica della destra». E sulla scelta di Abbro di portare gli ex fascisti al governo della città (la cosa all’epoca faceva scalpore… altri tempi!) fu categorico: «Questa amministrazione è una “perla nera” della politica italiana e Abbro ha praticamente distrutto la DC a Cava, facendo il vuoto intorno a sé e contornandosi di servi sciocchi».
Con Riccardo Romano scompare un grande testimone del nostro tempo.

Panorama Tirreno, marzo 2003

Una vita all’opposizione
Riccardo Romano nacque a Cava de’ Tirreni il 3 aprile 1922. Nel novembre del 1943 si iscrisse al PCI. Nel 1946 fu eletto consigliere comunale per la prima volta. Da allora restò per circa 40 anni sui banchi dell’opposizione, ad eccezione di una breve parentesi di assessore nel 1978 con Giuseppe Sammarco sindaco, a capo di una di giunta sostenuta da PCI, PSI, PSDI, indipendenti e alcuni “ribelli” della DC. Durò pochi mesi. Più volte è risultato a Cava il più votato, superando ripetutamente lo stesso Abbro. Nel 1954 fu eletto consigliere provinciale con il 50,7% dei voti. Rimase alla Provincia fino alle sue dimissioni nel 1963, quando fu eletto per la prima volta senatore. Rimase a Palazzo Madama fino al 1972, poi fu deputato nell’ottava legislatura.
Nel 1973 fondò l’Associazione politico-culturale per i rapporti Italia Repubblica Democratica Tedesca. È stato membro del comitato direttivo del Senato e responsabile del gruppo comunista nella Commissione parlamentare pubblica istruzione e belle arti.
Con la trasformazione del PCI in PDS si dichiarò fuori dal partito e si ritirò ad Agropoli. E’ morto nel 2003.