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I confinati del regime “ospitati” a Cava
e i cavesi sospetti costretti all’esilio

Il volume, dopo un’ampia e documentata introduzione sulla presa di potere del Fascismo e sui suoi metodi repressivi e coercitivi, effettua una documentata zoomata sulla storia locale. Si concentra sui personaggi invisi o sospetti  che il regime tendeva ad emarginare anche fisicamente, isolandoli in luoghi di confino, costringendoli a permanenze non propriamente ascrivibili a villeggiature, come qualche “benpensante” usava dire per dileggio.
Cava, per la sua posizione e la sua qualità di vita, era uno dei luoghi di confino più ospitali, o meno inospitali. E non pochi “ospiti” politici vissero sotto i portici: tra loro anche personalità di alto rango, come il ministro Belotti, il giornalista Engely, il podestà Blonda, l’imprenditore Gualino, il “sindaco del Pane” Zanardi. Nel contempo, però, anche tanti cavesi erano invisi o sospetti al regime fascista e vennero emarginati altrove, o costretti all’esilio. Con loro Patrizia Reso va ancora più a fondo nella sua operazione di ricerca storica. E vengono disseppellite storie emblematiche di cavesi doc, come Filippo D’Ursi, Vittorio Violante, Mario Santoli.

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Patrizia Reso
Il Fascismo e Cava, Città di confino
Paguro Edizioni
€ 12,00

Enrico Passaro
Patrizia Reso è una che scava, che va a fondo. Già ne aveva dato prova in passato, in particolare con “Senza ritorno” sulla tragedia di Balvano del 1944. Ora dà un’altra prova di tenace ricercatrice, puntando sui confinati a Cava e di Cava del periodo fascista. Si capisce dall’avvertenza iniziale: nei punti dove Cava viene appellata dei Tirreni e non de’ è perché si rispetta la forma usata nei documenti d’epoca. Già capisci qui la precisione e la puntigliosità della ricercatrice storica.
Le storie dei confinati sono uno strumento nelle sue mani, non lo scopo di questo lavoro. Lo strumento per dare sfogo alle sue ansie e preoccupazioni di persona civilmente impegnata. Il fine è la nostra Costituzione, quella bella creatura che i nostri “Padri Costituenti” (definizione abusata ultimamente) hanno messo in piedi con un sistema di pesi e contrappesi, per far sì che mai più tornasse un’epoca buia. Si può essere d’accordo o meno sul fatto che la Costituzione debba rimanere inviolata o se sia riformabile, ma Patrizia sembra volerci ripetere un grido d’allarme: Vedete da dove veniamo? Capite come Mussolini e le sue camice nere abbiano messo le mani sullo Stato con azioni subdole, minacce, violenze e crimini, senza che i moderati, i benpensanti e perfino i socialisti siano riusciti a frenare l’escalation? Da ultimo ci aveva provato con la forza delle idee e la vitalità del suo pensiero il povero Matteotti, ma l’atroce delitto ai suoi danni rimase fintamente punito, sostanzialmente impunito.
Anche di questo ci parla Patrizia, partendo dalle storie di confino, Ha ritrovato i dossier di una decina di confinati a Cava e di una ventina di antifascisti originari cavesi e ne ha pubblicato le informazioni salienti. Sì, sarebbe stato bello conoscere più a fondo le loro storie, avere testimonianze o ricostruzioni della loro vita a Cava, ma la tenace Patrizia evidentemente ha potuto fare affidamento quasi esclusivamente sugli scritti del prof. Carbone dell’Università della Calabria, il pur schematico Casellario Politico Centrale e l’archivio del Parlamento per incasellare e inquadrare le loro presenze. E ti accorgi allora che ha ragione Massimo Cacciari quando scrive le cose che Patrizia ha riportato ad inizio di trattazione: “ Al confino tu sei vicino agli altri - e solo (…) Al confino tu devi tacere insieme”. Il silenzio su quelle amare esperienze di vita da sradicati ha accomunato i confinati e chi li ha ospitati. Non una frase, un ricordo, un commento. “L’esclusione appare così in tutta la sua violenza, proprio perché si riflette nello specchio della comunità che ti ospita negandoti l’ospitalità”.
Altro che villeggiatura, come qualcuno ha voluto far credere, altro che ipocrita clemenza, la pratica del confino è espressione di estrema violenza e sopraffazione.
E Patrizia Reso non rinuncia al suo grido d’allarme: i semi del fascismo hanno messo radici, sono germogliati e nessuno li ha mai recisi. E’ necessario continuare a scavare nel passato affinché il nostro passato diventi patrimonio genetico per gli Italiani... Quelli con la I maiuscola.

Panorama Tirreno, 11 aprile 2017