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Sport
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Regole & Sport - 4
I provvedimenti contro la violenza negli
stadi
Vincenzo Senatore
Prima dello spirare del termine dei 60
giorni e, soprattutto, con il sostegno di tutte le forze
politiche presenti in Parlamento, è stato convertito in
legge, senza sostanziali modifiche, il decreto- legge n.8
dell’8 febbraio 2007.
Si ricorderà che il provvedimento
fu varato dal Governo nella riunione del Consiglio dei Ministri
del 7 febbraio, a pochissimi giorni di distanza dai tragici
fatti di Catania del 2 febbraio, che costarono la vita
all’Ispettore di Polizia Filippo Raciti.
Un testo normativo ricco di contenuti
Il testo normativo è articolato e
variegato nei contenuti: in linea di massima sono state
apportate modifiche agli artt. 6 e seguenti della Legge 401/89,
con previsione di fattispecie di reato nuove e con inasprimento
delle sanzioni; è stata ribadita la cosiddetta flagranza
di reato differita, con allungamento del termine dalle 36 ore
alle 48 ore, il che significa che, in relazioni a determinate
ipotesi di reato, la polizia giudiziaria ha facoltà di
procedere all’arresto dell’autore non
nell’immediatezza del fatto (come impone la regola
generale scritta nel codice di procedura penale) ma, dopo aver
visionato filmati, nel termine più ampio sopra
ricordato. Va segnalata la modifica riguardante l’art.339
del codice penale, essendo stata inasprita la preesistente
aggravante ad effetto speciale: d’ora in poi in caso di
violenza o minaccia commessa per opporsi ad un atto di pubblici
ufficiali da più di cinque persone riunite che facciano
uso di armi, ovvero da più di dieci persone, pur senza
uso di armi, la pena è della reclusione da cinque a
quindici anni.
La stessa pena è prevista nel
caso in cui la violenza o la minaccia sia commessa mediante il
lancio o l’utilizzo di corpi contundenti o altri oggetti
atti ad offendere, compresi gli artifici pirotecnici, in modo
da creare pericolo alle persone.
Sul testo complessivo degli artt. 6 e
seguenti della Legge 401/89, come modificati dalle novelle
legislative succedutesi nel tempo, torneremo, tuttavia, in
altra occasione, nella quale prenderemo in specifica
considerazione i reati da stadio.
Pare opportuno in questa sede esaminare
quelle disposizioni che hanno introdotto regole del tutto nuove
o, comunque, hanno inciso su leggi diverse da quella sopra
richiamata.
Così, l’articolo 1 ha
riconosciuto al Prefetto competente per territorio la
facoltà, tenuto conto delle indicazioni fornite
dall’Osservatorio nazionale sulle manifestazioni
sportive, di ordinare lo svolgimento senza pubblico delle
partite di calcio in programma in impianti non a norma in
relazione alle prescrizioni contenute nella Legge 88/2003. Lo
stesso articolo 1 contiene l’espresso divieto di porre in
vendita o cedere, a qualsiasi titolo, direttamente o
indirettamente, alla società sportiva cui appartiene la
società ospitata, biglietti di accesso allo stadio ove
la partita si disputa, riservati ai sostenitori della squadra
ospite. E’ vietato, inoltre, vendere o cedere, a
qualsiasi titolo, alla stessa persona fisica titoli di accesso
in numero superiore a dieci.
Partite senza pubblico. Il prefetto decide
Di rilievo è la novità
contenuta nell’art.6: le misure di prevenzione previste
per le persone pericolose possono essere applicate anche nei
confronti di persone indiziate di aver agevolato gruppi o
persone che hanno preso parte attiva alle manifestazioni di
violenza in occasione di competizioni sportive. Ciò
consente la adozione di provvedimenti anche molto rigorosi,
quali, ad esempio, il foglio di via obbligatorio da un Comune,
la sorveglianza speciale e la sorveglianza speciale con obbligo
di risiedere in un determinato Comune; va evidenziato che la
eventuale violazione di una di tali prescrizione, a sua volta
comporta una denunzia penale con irrogazione di sanzioni che in
un determinato caso giungono fino ai cinque anni di reclusione.
Gli articoli 8 e 9 hanno come dirette
destinatarie le società sportive, che, in tal modo, e
per la prima volta, risultano espressamente coinvolte nei
provvedimenti legislativi adottati dal Parlamento per
contrastare i fenomeni di violenza.
E’ stato introdotto il divieto per
le società di emettere, vendere o distribuire titoli di
accesso a soggetti che siano stati destinatari di provvedimenti
di divieto di accesso ai luoghi ove si svolgono manifestazioni
sportive ovvero a soggetti che siano stati, comunque,
condannati, anche con sentenza non definitiva, per reati
commessi in occasione o a causa di manifestazioni sportive.
Per la società che contravviene
è prevista una sanzione amministrativa da 20.000 a
100.000 euro irrogabile dal Prefetto della provincia in cui il
sodalizio ha la sede legale.
E’, parimenti, vietato alle
società sportive corrispondere sovvenzioni, contributi,
facilitazioni di qualsiasi natura, ivi inclusa
l’erogazione a prezzo agevolato o gratuito di biglietti,
abbonamenti o titoli di viaggio a soggetti che siano stati
destinatari di provvedimenti di divieto di accesso ai luoghi
ove si svolgono manifestazioni sportive ovvero a soggetti che
siano stati, comunque, condannati, anche con sentenza non
definitiva, per reati commessi in occasione o a causa di
manifestazioni sportive.
Società: attenti ai rapporti con i
club di tifosi
Un divieto ancor più
generalizzato è contenuto nella parte finale del comma I
dell’art.8 secondo cui “è parimenti vietato
alle società sportive corrispondere contributi,
sovvenzioni, facilitazioni di qualsiasi genere ad associazioni
di tifosi comunque denominate”.
Tale disposizione segna una svolta
epocale, in particolare, nei rapporti tra club calcistici e
frange di tifosi più esagitate. In qualche caso, in un
passato anche molto recente, presidenti più coraggiosi
avevano denunziato di essere in balìa di gruppi
ultrà e di essere costretti a corrispondere a questi
ultimi sovvenzioni o facilitazioni in cambio di comportamenti
non dannosi per le società.
La norma introdotta consente almeno di
opporre ad eventuali “richiedenti” un rifiuto
motivato dalla necessità di evitare una sanzione
amministrativa per la società di notevole entità
(da un minimo di 50.000 euro ad un massimo di 200.000).
Si tratta, tuttavia, solo di un primo
passo, a nostro avviso del tutto insufficiente a debellare un
fenomeno (quello delle richieste di “aiuti” da
parte dei gruppi di tifosi nei confronti delle società),
destinato a perdurare fin quando non sarà rivisto, in
sede di normativa e giustizia sportiva, il principio della
responsabilità oggettiva, secondo cui le società
rispondono direttamente per i fatti posti in essere dai propri
sostenitori all’interno ed all’esterno dello
Stadio.
La responsabilità oggettiva, in
verità quasi del tutto scomparsa dall’ordinamento
civile e penale (salvo residuali applicazioni), da tempo
ritenuta in contrasto con l’art.27 della Costituzione,
costituisce un potente e temibile strumento di ritorsione nelle
mani dei teppisti, azionabile con facilità, in danno
delle società.
Non è contenuta nella normativa
la previsione, entrata in vigore lo scorso 30 marzo, che ha
regolamentato a dir il vero in maniera eccessivamente rigorosa
l’accesso negli stadi di striscioni e che ha introdotto
il divieto di introdurre nello stadio trombe e tamburi.
Repressione delle scritte ai limiti della
Costituzione
Si tratta di disposizioni, presenti
all’interno della determinazione nr.14 dell’8 marzo
2007 del Ministero dell’Interno e dell’Osservatorio
Nazionale Manifestazioni Sportive, particolarmente penalizzanti
per la parte sana del tifo, ancora oggi largamente prevalente,
che molte energie aveva speso nell’organizzare
coreografie e nel coniare cori e motivi musicali di
incoraggiamento.
La necessità di fronteggiare il
fenomeno della violenza, che aveva assunto connotati di
straordinarietà, di emergenza e di drammaticità,
ha giustificato senza dubbio le restrizioni relative a tamburi
e strumenti musicali, che, introdotti con finalità
pacifiche, potrebbero, all’occorrenza, costituire a loro
volta oggetti atti ad offendere, in presenza di un tumulto.
Meno convincente è, invece,
l’obbligo di comunicare per iscritto alla società
organizzatrice dell’evento ed alla Questura il contenuto
di uno striscione, unitamente alle sue misure, rispettivamente
almeno sette e cinque giorni prima dell’evento.
Tale prescrizione si pone davvero ai
limiti della legittimità costituzionale e pare
mortificare in maniera eccessiva e davvero non giustificata la
verve creativa della parte sana della tifoseria, capace, in
passato, di esprimere, con striscioni davvero toccanti,
solidarietà e partecipazione a soggetti colpiti da
eventi luttuosi nelle ore immediatamente precedenti alle gare.
Pare, in definitiva, auspicabile una
parziale revisione del provvedimento, al fine di scongiurare la
permanenza nel sistema normativo di disposizioni connotate in
termini di eccessiva e non giustificata repressività ed
ai limiti della compatibilità con il disposto del comma
I dell’art. 21 della Costituzione (“Tutti hanno
diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la
parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione”).
Panorama Tirreno, agosto 2007
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