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Sport
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Regole & Sport - 10
Vincenzo Senatore
L’art.1 della Legge 401/89, al primo comma, stabilisce: “Chiunque offre o promette denaro o altra utilità o vantaggio a taluno dei partecipanti ad una competizione sportiva organizzata
dalle federazioni riconosciute dal CONI o da altri enti sportivi riconosciuti
dallo Stato, al fine di raggiungere un risultato diverso da quello conseguente
al corretto e leale svolgimento della competizione, ovvero compie altri atti
fraudolenti volti al medesimo scopo, è punito con la reclusione da un mese ad un anno” oltre che con una pena pecuniaria.
Non si promette denaro o altra utilità
La stessa pena va applicata al partecipante alla competizione che accetta il
denaro o altra utilità o vantaggio o ne accoglie la promessa. E’ previsto un aumento di pena per il caso in cui il risultato della competizione è influente ai fini dello svolgimento di concorsi, pronostici e scommesse
regolarmente esercitati.
Ma il risultato non cambia
Tecnicamente si tratta di un reato comune (può essere commesso da chiunque e non solo da soggetti rivestenti una specifica
qualità), che richiede un dolo specifico (la dazione di denaro o la promessa deve
essere finalizzata espressamente a combinare un risultato diverso rispetto a
quello conseguente al corretto svolgimento della competizione); è un reato a consumazione anticipata, nel senso che la promessa del denaro o del
vantaggio, non configura un tentativo ma è esso stesso già un elemento idoneo a consumare il delitto. L’art. 2 stabilisce che l’esercizio dell’azione penale per il reato di frode sportiva e la sentenza che definisce il
relativo giudizio non influiscono sulla omologazione delle gare; inoltre, l’avvio del procedimento penale per il summenzionato delitto non preclude il
normale svolgimento del procedimento disciplinare sportivo, mentre gli organi
di giustizia sportiva, ai fini esclusivi della propria competenza funzionale,
possono chiedere copia degli atti del procedimento penale.
L’art.3 prevede l’obbligo di fare rapporto all’autorità giudiziaria in capo ai presidenti delle federazioni sportive ed ai presidenti
degli organi di disciplina di secondo grado delle stesse federazioni, che nell’esercizio o a causa delle loro funzioni abbiano avuto notizia del reato di frode
sportiva. Va detto che la norma ha avuto ben poche applicazioni. La prima
ragione di tale scarsa utilizzazione, probabilmente, risiede nel fatto che non
vi è totale sovrapposizione rispetto all’illecito sportivo; quest’ultimo, ad esempio, può consumarsi, e molto spesso si è consumato, senza il coinvolgimento diretto dei partecipanti, o meglio senza che
nessuno di questi abbia ottenuto né la consegna, né la promessa di denaro o altra utilità.
Se si accordano i presidenti
Si pensi, ad esempio, all’accordo di due presidenti (soggetti non partecipanti alla gara), poi comunicato
ai calciatori, i quali, a quel punto, non avendo ricevuto denaro o regalie o
promesse di vantaggi, si limitano ad eseguire sul campo ordini ricevuti dall’alto. Va evidenziato, altresì, che i limiti di pena previsti non consentono alla magistratura inquirente
ordinaria di utilizzare, per l’accertamento del delitto di frode in competizioni sportive, il più incisivo dei mezzi di ricerca della prova, vale a dire le intercettazioni
telefoniche e/o telematiche. Salvo, ovviamente, casi particolari nei quali,
nell’ambito di intercettazioni disposte per l’accertamento di più gravi delitti, non spuntino colloqui che riguardino anche il delitto di frode
sportiva; la presenza, in particolare, di una associazione a delinquere
finalizzata alla commissione della frode sportiva consentirebbe la piena
utilizzazione dei verbali dei colloqui trascritti; ed è quanto accaduto nell’ultimo scandalo calcistico, venuto alla luce nel maggio 2006, nato da indagini
ed intercettazioni disposte dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli.
Panorama Tirreno, dicembre 2008
Gli articoli precedenti di questa rubrica:
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