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Panorama oltre il Tirreno
In Bretagna e Normandia, dove storia, ambiente e… cittadini ti fanno conoscere
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un’altra Europa
Enrico Passaro
Potremmo cominciare col dire che lì ci sono pochi semafori e moltissime rotatorie e il traffico scorre tranquillo e sicuro; che un limite di velocità è un limite di velocità e chi sgarra anche di 10 km, sia in autostrada che nelle strade ordinarie, viene inesorabilmente fulminato dal flash dei controlli elettronici; che i marciapiedi sono puliti e non infestati da cartacce, foglie, bucce di frutta, sputi e cacche di cani e gatti; che si possono seguire percorsi alternativi alle autostrade perché non si rischia mai di rimanere imbottigliati; che nei supermercati si vende carburante a prezzi ribassati, mentre da noi la Legge Bersani è rimasta per molti aspetti pura teoria. Potremmo infine aggiungere che lì può capitare che un automobilista locale, nel vedere una macchina straniera al bordo della strada coi lampeggianti accesi e con i suoi occupanti intenti a consultare una cartina, parcheggi la sua auto, scenda, si avvicini e chieda loro se hanno bisogno di qualche indicazione. Insomma abbiamo avuto la conferma di un Europa che, a partire dai dettagli, funziona ed è moderna e civile. Mentre l’italiano continua a ritenersi più furbo, più simpatico, più socievole e più intelligente, altrove usano intelligenza, disponibilità e senso civico al servizio di una convivenza che dà il senso della dignità e del rispetto fra gli uomini.
Dalla preistoria alla Seconda Guerra passando per il Medioevo
L’altrove di cui parliamo in questa circostanza l’abbiamo sperimentato per una decina di giorni in Bretagna e Normandia, due delle regioni più a nord della Francia. Ma non vogliamo consumare questo spazio in una sequela di lamenti e ammissioni d’inferiorità, né d’altro canto vogliamo calcare troppo la mano sulle temperature quasi invernali riscontrate ad agosto e sulla totale latitanza di un minimo raggio di sole, anche perché finiremmo per offrire il destro allo scontato commento italico: «Sì ma il nostro clima se lo sognano!». Per l’amor di Dio! Vogliamo parlare d’altro, dimenticando con fatica confronti e paragoni e immergendosi nel contesto ambientale e nella storia di questo straordinario territorio.
La storia: spazia dal medioevo alla seconda guerra, con puntate estreme fino alla preistoria. Capita, ad esempio, a Carnac, in Bretagna, di trovare grandi distese di megaliti, lunghe sequenze di massi di varie dimensioni disposti, in un’epoca risalente probabilmente al 5000 avanti Cristo, sicuramente secondo un ordine prestabilito, ma tuttora di incerta interpretazione. Potrebbero essere calendari preistorici per rappresentare il succedersi delle stagioni e la posizione delle stelle, o luoghi con valenze magiche o religiose. Spiacenti, ma non saremo noi a spiegare l’arcano.
Tra la Fata Morgana e la “pulzella d’Orleans”
Ma la Bretagna e la Normandia sono anche piene di città e piccoli centri che conservano magnifici borghi storici di origine medioevale, con le tipiche case a graticcio disseminate un po’ dovunque e severe basiliche gotiche in pietra grezza,
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affiancate da altrettanto severi piccoli cimiteri posti all’ombra delle altissime guglie e delle tradizionali figure di satiri e mostriciattoli che affiorano dalle mura delle chiese. Città fortificate, a testimonianza di un passato vissuto fieramente a difesa della loro autonomia dal regno di Francia o dagli inglesi, come Saint Malo o Vannes o l’ex capitale bretone Rennes. Luoghi densi di leggende, fra la Fata Morgana e Lancillotto, e luoghi che videro le imprese di personaggi mitici, come Riccardo Cuor di Leone e Giovanna d’Arco, di cui è vivo il ricordo a Rouen, vivace e moderno capoluogo normanno in cui la “pulzella” fu messa al rogo nel Quattrocento dagli inglesi.
Che dire poi dell’alta concentrazione di negozi d’arte, praticamente presenti in ogni borgo, grande e piccolo, se non spiegandola con i segni lasciati da artisti come Gauguin, Boudin, Monet e gli impressionisti.
Le testimonianze della storia si spingono in Normandia fino ai numerosi chilometri di costa dove si ebbe lo sbarco alleato nel giugno del 1944, in quei luoghi dove numerose stele ricordano le migliaia di soldati che persero la vita oppure il punto esatto del rimpatrio di Charles De Gaulle. E viene da chiedersi che direzione avrebbe preso la storia contemporanea se quell’impresa fosse fallita come era già accaduto nel 1942 a Dieppe, sempre in Normandia, dove truppe anglo-canadesi erano sbarcate e dopo poche ore erano state costrette al ritiro. In che mondo vivremmo oggi, se i tedeschi avessero resistito anche a quella seconda, imponente offensiva degli Alleati?
Il gioco continuo delle maree
Ma il viaggio in Normandia e Bretagna è anche uno straordinario approccio con la natura, i boschi, i fiumi, i campi coltivati e il mare, soprattutto il mare. Solo qui ci si rende conto realmente di cosa sia l’alternarsi delle maree. Enormi distese di sabbia che incrementano i limiti delle spiagge per chilometri, quando c’è la bassa marea, vengono rapidamente coperte di nuovo dalle acque con cadenza regolare. Le barche si arenano poi tornano a galleggiare, le isole addirittura diventano collinette raggiungibili a piedi nelle poche ore di bassa, come accade con sfacciata regolarità nell’incantevole scenario di Mont Saint Michel, un suggestivo villaggio medioevale arroccato su un isolotto, che si protende verso il cielo con un’imponente abbazia benedettina. Il luogo è legato alla terraferma  grazie ad una stretta striscia di terra; tutt’intorno il mare va e viene, arretrando fino a 17 chilometri e ritornando con sorprendente rapidità fino a coprire le zone destinate a parcheggio. Posto meraviglioso, nonostante la troppo aggressiva invasione turistica.
E poi ci sono le falesie fra Etretat e Fécamp, scogliere bianche a picco sul mare, con i loro enormi faraglioni, gli splendidi borghi marinari, i ristoranti sui porti, dove l’unica cosa orrenda, per il nostro palato, è l’abominevole mostarda, condimento onnipresente nelle insalate e nei contorni.
Seduti al ristorante a due passi dal mare, osservando il nostro piatto e quello di tutti gli affamati presenti, si ha la visione di montagne di ostriche, cozze, lumache e altri frutti di mare, tutti rigorosamente crudi. E che cosa ci torna alla mente? Altre giornate di agosto, ma dell’anno 1973, quando a Napoli e in Campania scoppiò il colera e anche noi ci sottoponemmo alla frettolosa vaccinazione. Allora si disse: «Qui ancora abbiamo il vizio di mangiare cozze crude… e questa è la conseguenza!» Il problema, evidentemente, non erano le cozze di per sé. Altrove, qui in Bretagna e Normandia, si mangiano ancora e in quantità industriale, ma non si corre alcun pericolo. Qual è allora il problema? Altrove, in Europa, le cose vanno diversamente! Ecco che ci caschiamo di nuovo, ecco che ritornano le considerazioni iniziali, e ritorna il nostro disagio, la mortificazione e la rabbia… La vacanza è già finita!

Panorama Tirreno, novembre 2008