| |||||||||||||||||||||||||||||||||
storia
| |||||||||||||||||||||||||||||||||
Nicola Di Mauro, re dell’alta quota
Mario Avagliano
Studi interrotti alla Badia
Nik - così lo chiamavano gli amici - continuò gli studi al Liceo Tasso di Salerno, dove si diplomò nel luglio del 1923. Morta la madre, convinse il padre Alfredo - che lo avrebbe
voluto dottore in agraria - a firmargli l’autorizzazione per l’iscrizione alla Regia Accademia Aeronautica di Livorno, e il 5 novembre di
quello stesso anno fu ammesso al Corso Aquila 1, il primo corso aeronautico
italiano.
Nella città toscana conobbe la futura moglie, Mina Di Rosa, una biondina riccioluta, dalle
occhi azzurri e dalle gambe lunghe, poco più giovane di lui (era nata a Livorno il 21 marzo del 1906).
Dietro l’apparenza pacifica Nik nascondeva un cuore ribelle. Una volta per scommessa - in
palio c’erano alcuni pacchetti di sigarette - insieme con un amico passò con l’aereo sotto il ponte dell’Arno a Pisa. Manterrà questo spirito anarchico anche negli anni a venire, tanto che nell’ambiente aeronautico era conosciuto con il soprannome di “cowboy”.
Nell’estate del ‘25, i 24 allievi di “Aquila” frequentarono un corso di osservazione aerea a Centocelle, presso la 48ª Squadriglia aeroplani, e parteciparono alle manovre aeree nel Canavese. Fu in
questa occasione che Di Mauro conseguì il brevetto di osservatore. Poi, durante l’anno accademico ‘25-’26, effettuò voli di allenamento presso l’aeroporto di San Giusto a Pisa (aeroplani), l’idroscalo di Livorno (idrovolanti) e l’idroscalo di Pontedera (dirigibili), a bordo dell’Aviatik e dello Sva 10. Dopo il primo volo, il 28 febbraio del ‘26 si tenne il “battesimo” del corso. La madrina era Tina Valli, la moglie del capitano direttore dell’Accademia.
L’encomio solenne del re
La cerimonia, di pretto stampo dannunziano, si aprì con il canto di alcuni inni militari. Il capocorso Cecconi, rivolto alla
madrina, pronunciò la frase di rito, molto retorica: “Augure, la nostra giovine Ala, che già batté nei cieli, anela alle eteree vette e chiede con ardente fede un vaticinio
augusto”. La signora Valli rispose così: “Sia il vostro il nome della regina degli spazi dall’ala audace e sicura, dall’occhio acuto e dal possente rostro. Vostra sia la vittoria nel colore del cielo
propizio. Aquila, ad astra audacter”. Poi sfilò davanti agli allievi, sfiorandoli con una rosa bagnata nello champagne, e alla
fine lasciò volare un palloncino con l’orifiamma disteso. Gli allievi, dopo un triplice “alalà”, intonarono di nuovo l’inno dell’Accademia.
Il primo luglio del ‘26 Di Mauro fu nominato sottotenente pilota e trasferito alla scuola di
pilotaggio di Aviano. L’anno successivo fu promosso tenente e inviato presso il Centro della 2° Zona aerea territoriale (Z.A.T.). Nel ‘28 frequentò la Scuola di osservazione aerea a Parma, addestrandosi con la squadriglia di
allenamento, e il 18 aprile conseguì il brevetto di pilota militare su apparecchio “A. 300/4”. Venne destinato prima al 21° Stormo e poi al 19° Stormo. Diventò pilota di fiducia del Duca d’Aosta e di Anna di Francia. Il 29 maggio fu assegnato alla 29° Squadriglia da ricognizione, a S. Giusto (Pisa). In occasione delle grandi
manovre delle Forze Armate ottenne un encomio solenne del re Vittorio Emanuele
III.
Il 24 novembre del 1929 Nik convolò a nozze con l’amata Mina. Fu il primo matrimonio di un cadetto dell’aviazione e uno dei primi matrimoni che si celebrarono in base ai Patti
Lateranensi tra la Chiesa cattolica e lo Stato italiano. Da questa unione
nasceranno Emmanuela, Alfredo e Eliana. Due anni dopo, il primo novembre del
1931, iniziò il periodo più esaltante della sua vita di pilota, quando fu trasferito al Centro sperimentale
di Montecelio, presso l’aeroporto dove nel ‘34 Mussolini fondò Guidonia, la “città dell’aria”.
Aeronautica italiana ai vertici mondiali
Questo è un capitolo abbastanza ignorato della nostra storia. In quegli anni la scienza
e la tecnica aeronautica italiane erano ai vertici mondiali nello studio del
volo stratosferico: il centro di Guidonia, diretto dal generale Gaetano Arturo
Crocco, ci era invidiato da tutto il mondo. Qui tra il 1938 e il 1943 fu
realizzato l’aeroplano-bomba, si studiò un aeroplano a propulsione mista, fu trovata una soluzione al problema dell’ala a freccia. I risultati delle ricerche alari bisoniche sconvolsero tutti gli
studi effettuati negli Stati Uniti. In quello stesso periodo la Regia
Aeronautica conseguì ben 110 record e l’Italia diede un notevole contributo alla conquista della terza dimensione nello
spazio.
Nominato capitano nel ‘32, Di Mauro partecipò a questi esperimenti come pilota e si fece subito onore. Il 12 maggio del 1934,
con un S.72, conquistò all’Italia il primato mondiale di altezza per aeroplani con 2000 kg di carico (metri
8500). Successivamente eseguì prove di volo con lo “Spirito di S. Luigi” del trasvolatore Nindeberg; diventò amico dell’ingegnere Gianni Caproni, famoso ideatore e progettatore di aerei, e dell’ingegnere Corradino D’ Ascanio della Piaggio, futuro progettista della “Vespa”; partecipò alla preparazione della seconda crociera atlantica di Italo Balbo, conoscendo
il concittadino Sabato Martelli Castaldi, allora capo di gabinetto del
ministro, e stringendo amicizia con il pilota Achille Tondi, originario di
Bordighera, poi generale.
Il primo ottobre del 1936 Nik fu trasferito al Reparto d’alta quota (istituito nel giugno del ‘34), quale vice del colonnello Pezzi. Insieme a lui, nella Galleria del Vento,
preparò la sfida alla potente Inghilterra, che il 28 settembre del ‘34, con il pilota Swain, si era aggiudicato il primato di altezza, toccando
quota 15.229 metri. Il lavoro fu molto intenso. Tra il ‘35 e il ‘36 i piloti del Reparto effettuarono numerosi voli nella stratosfera,
raggiungendo la quota massima di 14.100 metri, eseguendo fotografie da quota
9.000 metri e cinematografie da quota 12.000 metri.
Sfida all’Inghilterra per il primato d’altezza
Il 7 maggio del 1937 il colonnello Pezzi portò il primato a 15.645 metri. Ci fu gloria anche per Di Mauro. Nel novembre di
quell’anno il maggiore cavese, a bordo di un Idro Cant. Zappata 506 B, munito di tre
motori Alfa Romeo 127 R.C. 50 della potenza di 700 cavalli ciascuno, conquistò insieme all’amico Mario Stoppani quattro record mondiali di altezza per idrovolanti: con 500
kg di carico utile (metri 10.388, 12 novembre 1937); con 1.000 kg di carico
utile (metri 9.190, 12 novembre 1937); con 2.000 kg di carico utile (metri
8.951, 2 novembre 1937); con 5.000 kg di carico utile (metri 7.140, 7 novembre
1937).
Le prove furono eseguite presso l’aeroporto di Monfalcone; sia l’apparecchio che i motori, le eliche e gli strumenti di bordo erano di ideazione
e di costruzione italiana. I record erano detenuti in precedenza dalla Francia,
dall’Urss e dallo stesso Stoppani. Le imprese di Di Mauro non passarono inosservate.
Diventò il pilota di fiducia del capo di governo Benito Mussolini, che gli chiese di
addestrare suo figlio Bruno. Viceversa nessuno prestò attenzione a un altro particolare: Nik era un eroe dell’Ala fascista, ma non prese mai la tessera del partito.
Intanto l’Inghilterra aveva riconquistato il primato di altezza, con il pilota Adam che
aveva toccato quota 16.849 metri. La Caproni realizzò un nuovo apparecchio, anche questo progettato da Verduzio. Siglato Ca.161bis,
in realtà questo biplano era molto differente dal predecessore. La fusoliera fu
modificata per ospitare la cabina stagna studiata a Guidonia da Mechelli, che
aveva la forma di un’ampolla e racchiudeva il corpo del pilota fino alla gola. Per realizzare la
cabina, fu scelto l’alluminio per la sua leggerezza e perché le sue caratteristiche meccaniche migliorano al diminuire della temperatura.
Il nuovo primato di altezza per aerei con motori a pistone fu stabilito da Pezzi
il 22 ottobre del 1938. Il comandante del Reparto decollò alle 9,50 di mattina, dopo quindici voli di prova, e in un’ora circa raggiunse i 17.083 metri (una quota solo di recente superata). La foto
di Pezzi fece il giro del mondo e ovunque, stranamente meno che negli Stati
Uniti, si parlò della cabina stagna. Caproni dichiarò gongolante al Corriere della Sera: “Abbiamo riportato a casa il primato di quota”.
Pilota di fiducia del Duce
Il 25 settembre del 1939, il Ca.161bis fu munito di galleggianti e arrivò un nuovo record, il primato mondiale di altezza senza carico per idrovolanti,
tuttora imbattuto. Di Mauro partì alle 8.30 dal campo di Vigna di Valle, e nonostante un grave guasto, volò fino a quota 13.554 metri. La prova durò 117 minuti e il maggiore per il suo coraggio meritò la medaglia d’oro al valore aeronautico, con la seguente motivazione: “Pilota di eccezionale perizia e valore si prodigava per oltre quattro anni in
ardimentosi voli sperimentali stratosferici. Durante il volo per la conquista
del primato assoluto di altezza per idrovolanti, verificatosi ad altissima
quota un improvviso guasto ad un depuratore d’aria che provocando l’appannamento dei vetri nella cabina stagna toglieva quasi totalmente la
visibilità con l’esterno, pur trovandosi all’estremo delle forze e prossimo a cadere in deliquio, persisteva nella prova fino
al compimento dell’impresa che assicurava all’Italia l’ambitissimo primato. Vigna di Valle, 25 settembre 1939”.
Fu Di Mauro a collaudare il primo aereo a reazione italiano e come collaudatore
collaborò anche con il professore Margaria e il dottor Lomonaco agli studi sulla
fisiopatologia umana in volo d’alta quota, sulla respirazione a grandi altezze, sulla resistenza alla pressione
barometrica, sulle cabine pressurizzate. Le ricerche erano effettuate in un
cassone cilindrico del diametro di circa 5 metri, in cui poteva essere attuato
un vuoto molto spinto, in modo da simulare le condizioni in quota.
In appena tre anni diventò prima maggiore e poi nel ‘39 tenente colonnello, raccogliendo una messe di decorazioni: oltre alla
medaglia d’ oro, nel suo palmarès figurano una medaglia d’argento al valore aeronautico, una medaglia d’oro di lunga navigazione aerea e due medaglie d’oro al valore atletico. La promozione era nell’aria e infatti l’11 giugno del ‘40 Di Mauro fu nominato comandante del Reparto di alta quota di Guidonia,
incarico che manterrà fino al 7 giugno del 1942.
Arrestato dai tedeschi e poi la fuga
L’Italia era in guerra da due anni quando Di Mauro, 1’8 giugno del 1942, fu destinato prima al 7° Stormo aerosiluranti di Bresso e poi trasferito al 43° Stormo Bombardamento (1a Squadra Aerea). Infine gli fu assegnato il comando del
35° Stormo Bombardamento (5^ Squadra Aerea) e in questa veste partecipò alle operazioni nel Mediterraneo. Di stanza presso la base aeronautica di Gioia
del Colle, in Puglia, diede il suo contributo alla sfortunata guerra in Africa,
partecipando ai bombardamenti di Haifa, di Malta e di Alessandria d’Egitto. Nel mese di maggio del ‘43 le forze dell’Asse abbandonarono l’ultimo baluardo della Tunisia e il 24 giugno anche Di Mauro lasciò il Sud e venne destinato al 95° Gruppo a Bologna.
La notte del 7 settembre il tenente colonnello cavese rientrò tranquillamente in caserma da un’azione di guerra contro gli inglesi. La mattina dopo, insieme ai suoi compagni,
era fatto prigioniero dai tedeschi, che lo rinchiusero nel circolo ufficiali
del capoluogo emiliano. Dopo un paio di giorni di prigionia, capì che tirava una brutta aria. E allora corruppe una guardia tedesca e riuscì a scappare, vestito da borghese. La fuga durò diversi giorni. Il tempo di arrivare, a piedi, a Pescia, dove si trovavano l’adorata Mina e la sua famigliola, in compagnia di migliaia di sfollati. Qui Di
Mauro restò nascosto per qualche settimana.
“Non fascista ma militare di professione”
Adolf Hitler aveva fatto liberare Mussolini, instaurando nel Settentrione d’Italia uno Stato-fantoccio, denominato Repubblica Sociale Italiana (Rsi). L’esperienza dei bombardamenti aveva segnato Nik, che non aveva più voglia di fare la guerra. Ma i soldi erano finiti e lui aveva una moglie e tre
bambini piccoli da sfamare. Passare le linee nemiche e raggiungere l’Italia libera era un’impresa molto difficile, e comunque non se la sentiva di lasciare la famiglia.
Fu quindi il bisogno e non la fede fascista che il 28 ottobre del ‘43 lo spinse a presentarsi a Padova, al Comando della 2A Zat dell’Aeronautica della Rsi. Chiese di essere assegnato a un reparto non operativo e
fu inviato a Villa di Molvena, vicino Marostica, in provincia di Vicenza, ad
addestrare i piloti dell’aviazione repubblichina.
Il 22 febbraio del ‘44 Di Mauro fu assegnato alla Dicat (Difesa contro attacchi aerei territoriali)
di Riolo Bagni e il mese dopo, il 13 marzo, forse prestò giuramento di fedeltà alla Repubblica di Salò (queste ultime date risultano dal suo libretto personale all’Ufficio Storico dell’Aeronautica; nel dopoguerra, però, sono state cancellate con un tratto di penna). L’anno dopo arrivarono gli Alleati, e con gli Alleati la sospirata liberazione dal
giogo nazi-fascista. Nell’aprile del ‘45 Di Mauro fu arrestato dai partigiani, che si fecero consegnare le armi.
Rischiava l’epurazione, ma uno dei capi delle bande dei patrioti, che aveva avuto modo di
conoscerlo bene, testimoniò a suo favore: “Non è un fascista, ma un militare di professione”.
Il ritorno nella città natale
Intanto il 25 giugno del ‘42, il glorioso Reparto di alta quota, nato otto anni prima, era stato “disciolto”. Nei mesi successivi le strutture del Centro sperimentale di Guidonia furono
distrutte dai bombardamenti alleati e dal minamento operato dai tedeschi prima
della ritirata, che portarono via tutto ciò che poteva servire per la guerra, dalle rubinetterie alla Galleria Ultrasonora.
Dopo la guerra, purtroppo, il Centro non sarà più riaperto, causando una fuga di cervelli verso l’estero. Gli scienziati aeronautici che lavorarono a Guidonia si sparsero per il
mondo, attratti dalle lusinghe e dai denari dei centri sperimentali di altre
nazioni.
Alla fine del conflitto Di Mauro lasciò il servizio attivo. Aprì una società di trasporti a Torre del Greco, poi in seguito alla morte della figlia
Emmanuela, si ritirò a vita privata nella sua città natale. Avrebbe potuto mettere a frutto la sua esperienza e le sue amicizie. I
dirigenti della Piaggio, che lo avevano conosciuto durante gli anni di
Guidonia, apprezzandone le capacità, gli offrirono 1a rappresentanza della Vespa per il centrosud. Ma lui rifiutò, anche perché non era interessato ai soldi. “Ci ha insegnato il distacco dal danaro”, ricorda la figlia Eliana. Il 3 gennaio del 1957 fu promosso colonnello, per
anzianità. Diventò presidente dell’Aereo Club di Salerno, di cui era stato tra i più appassionati fondatori. Morì il 9 settembre del 1979, all’età di 75 anni.
Medaglie e decorazioni
- Medaglia militare aeronautica di bronzo 1935
- Medaglia al valore atletico d’oro 1935
- Croce di Cavaliere nell’ordine della Corona d’Italia 1936
- Medaglia d’argento al valore aeronautico 1938
- Medaglia al valore atletico d’oro 1938
- Medaglia d’oro al valore aeronautico 1939
- Medaglia militare aeronautica d’argento 1939
- Medaglia militare aeronautica d’oro 1955
- Medaglia d’oro di benemerenza del Coni 1959
Panorama Tirreno, novembre 1997
Successivamente alla pubblicazione di questo articolo, Mario Avagliano ha
realizzato un libro sul tenente colonnello Nicola Di Mauro, dal titolo “Il Cavaliere dell’Aria”, Avagliano editore • 1998
| |||||||||||||||||||||||||||||||||