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Se mi chiamassi “Rossello”
Rossella Lambiase
Mi si affaccia spesso alla mente la domanda: che ne sarebbe stato della mia vita se fossi nata uomo? Anzitutto non avrei avuto l’8 marzo per affilare i denti e tentare qualche cronaca d’assalto: 37 primavere, scrivo da quando avevo 15 anni, dunque mi sarebbero stati negati almeno 22 tentativi di assurgere all’ambito titolo di “scrittrice”: ma sì è la loro festa, lasciamole dire, lasciamole fare, poi a cuccia per altri 12 mesi. In compenso, forse qualche amico compiacente, di partito o di corrente, mi avrebbe dato l’incarico del commento settimanale dell’incontro di calcio della squadra giovanile del Vattelapesca Società Sportiva, che milita in serie zeta, e mentendo spudoratamente avrebbe fatto risultare detta collaborazione retribuita; il mio papà avrebbe pagato le tasse del caso ed in due anni avrei ottenuto il sospirato tesserino di “giornalista pubblicista”. Però poi avrei dovuto scrivere quello che voleva l’amico e quello che piaceva al partito, nel più piatto e mortificante ossequio dell’arrogante potere. Invece, che soddisfazione! Almeno una volta all’anno (l’8 marzo, lo ribadisco per i distratti!) divento rampante ed oltre a scrivere quello che mi pare e piace, quello che sento e provo senza tema di censure, mi si aprono anche le porte altrimenti accessibili solo a “colleghi” esperti ed abili.
Se fossi nata uomo, suppongo, avrei fallito anche nell’impegno sindacale: si sa, perorare le ragioni dei lavoratori contro gli interessi dei padroni è una pratica che richiede notevoli “attributi”: li avrei avuti? ma certo che no, se avessi mantenuto lo stesso quoziente intellettivo di cui madre natura mi ha dotato in quanto donna. Devo invece ringraziare apertamente quel gran genio che per primo tirò in ballo le quote proporzionali di presenza femminile negli organigrammi politici e sociali: a lui, e solo a lui devo il mio essere stata eletta nell’organismo provinciale del sindacato della mia categoria.
E poi, siamo sinceri, se fossi nata uomo, il Direttore di questo giornale non si sarebbe nemmeno sognato di prendere le mie parti quando di tanto in tanto vengo attaccata da chi mi accusa che riesco ad essere una buona giornalista “quando vuole”.... dove questa ultima espressione va tradotta: quando fa le sue brave recensioni, le sue stupide annotazioni e non dà fastidio a nessuno!
Col carattere odioso ed impertinente che ho, mio padre mi avrebbe riempita di schiaffi da mattina a sera, mentre invece amava ridere con me dei miei rapporti goliardici coi colleghi di lavoro (se nella vita la proporzione è sette donne per ogni uomo, in banca si arriva a dieci uomini, almeno, per ogni donna!) e dei nomignoli che di volta in volta mi affibbiano e prima di andare a chiedere “rispetto”, gonfiando il petto ed alzando la voce, ben sapeva che avrebbe dovuto passare sul mio cadavere carbonizzato.
Non avrei potuto battere le ciglia come ali di farfalle per ottenere favori ed intercessioni, non avrei goduto di quell’immunità speciale che si concede alle femminucce, graziosi quanto inutili orpelli, al cospetto delle quali tutte le porte si aprono e le bocche si allargano in ironici o allusivi sorrisi, ma pronte a rilasciare dichiarazioni ed informazioni.
Eh sì, che persona mediocre sarei stata da uomo, non avrei potuto nemmeno indossare le calze a rete! Che triste vita! E quanto sono felice ed orgogliosa di essere donna, visto che chi vuole colpirmi non sa fare altro che appellarsi all’8 marzo. Mi spiace, per chi mi segue fedelmente, dovermi ripetere, ma chi spulcia tra i miei articoli per trovare un appiglio e sferrarmi un cazzotto camuffato dietro un mazzo di fiori deve sapere, ribadito a viva voce, che la mia mimosa fiorisce tutto l’anno!

Panorama Tirreno, giugno 1994
Rossella Lambiase con Adriana Faranda