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cultura & società
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Teodoro Margarita
Dopo di me il tramonto
Prefazione di Renzo Paris
Edizioni Ad Litteram, 1994
“Dopo di me il Tramonto”
è la prima opera di Teodoro Margarita, giovane poeta e
scrittore cavese. L’autore narra vicende personali,
impressioni e stati d’animo che hanno il pregio di andare
al di là dell’intimo e si inseriscono nelle
tematiche attuali e future che agitano la società in
genere e quella italiana in particolare. Attraverso
l’esperienza di Margarita si aprono finestre sui centri
sociali del nostro Paese, sulle lotte a favore
dell’ecologia, sull’emarginazione dei giovani
intellettuali nullatenenti, sulle contraddizioni che si agitano
dentro ognuno di noi che amiamo un mondo migliore, più
giusto dove valori come la solidarietà e
l’altruismo non siano pensieri deboli da rinforzare, ma
normali elementi già acquisiti e al massimo da ribadire
a qualcuno che ancora vaga nelle tenebre.
Propugnatore del “pacifismo (da
Pacis Civis, cittadino della pace), Margarita è un
attivista che non esita a prendere un megafono e parlare
sostenendosi alla statua di Giordano Bruno a Campo dei Fiori di
Roma, per ribadire l’importanza della poesia, della
libertà e dei diritti di tutti, anche del piccione che
gli regala in testa i suoi escrementi.
Legato a una sedia nel suo cortile
davanti al basso dove abita, giunge in molte parti
dell’opera ad un lirismo originale, piacevole e di buon
livello. A differenza dei poeti underground o dei pseudo
Kerouac di casa nostra, Margarita è più solare,
sicuramente meglio attrezzato culturalmente di tanti scrittori
e dentro di sé non c’è nessuna traccia di
quella “violenza metropolitana “ che condiziona
qualche autore - anche di successo - a contatto con esperienze
sottoculturali partenopee e saliti alla ribalta perché
portatori di istanze estreme.
Dopo Margarita c’è
veramente un tramonto, ma non è né crepuscolare
né predice fantasmi notturni. E un tramonto teatrale,
eduardiano, è un cartoon dove la semiologia di Barthes
trova accoglienza e si fonde nei modi di dire della lingua
napoletana ereditata da una mamma illetterata, ma figura
essenziale affinché la sua mente e il suo corpo non si
perdano in un porto delle nebbie, in un non ritorno. Lo
sorreggono gli autori russi, che ha letto, a volte, in lingua
originale, l’ironia e l’onestà
d’animo. Sotto l’impero romano Margarita sarebbe
stato un seguace di Carneade, nel Medioevo un monaco
francescano forse dissidente, mentre nel Settecento di sicuro
avrebbe polemizzato con qualche illuminista accusandolo di
utilizzare una “luce” dannosa agli occhi. Inutile
dire che avrebbe aderito e abiurato i dadaisti e poi criticato
Marinetti. Forse sarebbe stato un buon amico di Leopardi, dopo
il soggiorno napoletano di quest’ultimo, perché
prima di tal periodo difficilmente avrebbe compreso
l’indole del nostro.
Oggi Teodoro Margarita è se
stesso, in un Paese dove i reading o sono organizzati per
grandi scrittori o diventano performances nel salotto del
Maurizio Costanzo (piazza mass mediale che ogni tanto anche il
nostro ha frequentato), interventi nei quali la ricchezza del
suo personaggio luccica poco sotto i riflettori di una
trasmissione dove i continui break pubblicitari parcellizzano e
- a volte - banalizzano anche buoni propositi come la lotta
alla mafia e/o il ponte da ricostruire coi soldi di tutti.
Biagio Angrisani
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