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storia
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Ramon Lojacono, l’uomo che vinse da solo
Nel 1977 portò la Pro Cavese in C dopo un torneo straordinario con due sole sconfitte
Raffaele Senatore
Lojacono e la sua meravigliosa squadra perse solo due delle 34 partite, la prima
a Martina Franca all’ultima giornata del girone di andata, e l’altra a Castellammare di Stabia. Per dare un’idea del valore assoluto di Lojacono come allenatore basti ricordare la scelta
tattica compiuta qualche minuto prima di affrontare a Cava il Gallipoli l’otto maggio del 1977. Il Gallipoli era la quarta forza del campionato e si era
da tempo schierato dalla parte della Juve Stabia. A Cava, alla terzultima di
campionato, scelse di arroccarsi in difesa per costringere la Pro Cavese al
pareggio. Lojacono, avuta fra le mani la lista degli ospiti, immediatamente
escluse dalla sua formazione il libero titolare Porcelluzzi, arretrando, fra lo
sbigottimento generale, il regista Gardini nel ruolo di libero alla Niels
Liedholm, ed immettendo in attacco Cleto Cavuoto come terza punta al fianco di
Scarano e Scardovi. Fu proprio il professorino beneventano a realizzare il gol
della vittoria, dando ragione all’intuizione tattica di Ramon Lojacono!
Quel Ramon che io avevo incontrato e conosciuto agli inizi degli anni Sessanta a
Firenze. Io ero all’inizio delle mie esperienze giornalistiche e lavoravo per “La Nazione”, lui arrivava alla Fiorentina dopo alcune burrascose e movimentate stagioni
romane, durante le quali aveva mostrato di apprezzare molto, ricambiato in
ugual misura, le grazie delle attrici più in voga. «Vieni, andiamo a Campo di Marte - mi disse un giorno Carlino Mantovani, il vice
di Giordano Goggioli alla redazione sportiva -. Ti farò conoscere un fenomeno». Alludeva a Lojacono. Arrivammo al campo di allenamento della Fiorentina ed
ammirai uno spettacolo indimenticabile. In campo c’era un calciatore, basso, tarchiato, dal collo taurino e con dei quadricipiti
ipertrofici come mai li avevo visti prima. Lui e due palloni erano a dieci
metri buoni dall’area di rigore; la porta era indifesa; c’erano solo due drappi rossi, potevano essere di un metro quadrato, che
penzolavano dagli incroci dei pali; sulla linea di fondo il buon Farabullini,
storico massaggiatore della Fiorentina e della Nazionale, per rilanciare i
palloni. Il calciatore era Francisco Ramon Lojacono, oriundo argentino, otto
volte “azzurro” con cinque reti all’attivo, lui, mezzala. I suoi tiri da fermo erano autentiche cannonate, della
stessa potenza di Gigi Riva, che avrei conosciuto qualche anno dopo. La sua
precisione impressionante. Il pallone, scagliato con la violenza di una
fucilata, coglieva sempre il drappo rosso all’incrocio dei pali, ora quello di destra, ora quello di sinistra…
L’uomo Cisco era eccezionale. Umile, leale, conosceva e praticava la generosità e la riconoscenza. L’anno dopo aver regalato alla Pro Cavese la Serie C si mostrò signore generoso e riconoscente anche con la sua vecchia società… Quella stessa che oggi, con dirigenti indegni di rappresentare la Cavese, ha
scientemente omesso di fermarsi per un minuto di raccoglimento, doveroso
tributo ad un grande, vittorioso condottiero aquilotto del passato, all’inizio di una partita ufficiale, giocata il giorno dopo i funerali del compianto
Cisco Ramon Lojacono.
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