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cultura & società
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Tradotta da Federico Guida un’opera
rinvenuta nella British Library
Cava
ottocentesca vista da un’inglese
Diario di villeggiatura tra il 1850 ed il
1859 di una anonima anglosassone
Traduzione di Federico Guida
La Cava, ovvero i miei ricordi dei
napoletani
340 pagine - 1998
Edito dal Comune di Cava de’
Tirreni presso Grafica Metelliana
Il libro “La Cava, ovvero i miei
ricordi dei napoletani”, diario della villeggiatura nella
nostra città di un’anonima giovane inglese scritto
tra il 1850 ed il 1859 - testo inedito trovato presso la
British Library e poi tradotto da un giovane nostro
concittadino, Federico Guida - è un’opera unica
nel suo genere: riporta alla luce fatti, episodi e personaggi
di tutto un mondo cavese di oltre cento anni fa, vissuti in
prima persona e descritti quindi con stile immediato e diretto
dell’autrice, figlia forse di un rappresentante del corpo
diplomatico britannico di stanza a Napoli sotto Federico II di
Borbone. Ne vengono fuori coloriti quadretti di vita
ottocentesca: l’animazione sotto i portici di Piazza
Duomo durante le ore del mercato, gli accurati preparativi
della popolazione tutta in occasione della festa della Madonna
dell’Olmo, i ricevimenti presso i saloni delle famiglie
più benestanti per ammirare i tradizionali fuochi di
artificio e così via.
Il tratto più saliente e
significativo del testo va colto, a parere nostro, nel legame
di solidarietà che si instaura in diverse occasioni tra
l’autrice ed i più poveri e più modesti
abitanti de La Cava. Si riscopre così madrina di
battesimo per i vicini di casa, cuce e rammenta vestiti per i
più bisognosi di Castagneto, offre i suoi consigli ai
contadini, ricevendo in cambio ben poco, talvolta soltanto un
mazzetto di mirto; ma spesso per quei cavesi era davvero tanto
e bastava per capirsi e stringere una segreta alleanza.
Arrivata a Cava soltanto per amore della
vita semplice di campagna, al momento di lasciare per sempre
Castagneto si ritrova circondata da tutta la gente del posto
per un riconoscente ed affettuoso saluto finale. Ella scopre
così nei “macaroni” napoletani dei
“vecchi amici” che non sperava di trovare,
“rischiando” finanche di cedere, proprio
all’ultimo, al corteggiamento di un giovane ammiratore
locale. In ciò si accomuna a Madame Paolina Craven che,
durante la sua villeggiatura, nella stessa Castagneto nel
medesimo periodo, si prese cura dei più deboli ed
indigenti abitanti di questa frazione.
In 340 pagine le descrizioni degli
angoli più ameni della nostra valle, che la natura
allora offriva, nonché di alcuni aspetti tipici del
carattere dei napoletani, imbroglioni e paurosi, e degli usi e
costumi del mondo agricolo locale, compongono un’immagine
complessiva della vita della città e del contesto
sociale ed economico e territoriale circostante ove si
inseriscono particolari episodi quotidiani di vita cavese.
Si tratta quindi di una testimonianza
esclusiva, benché di parte che delinea una fisionomia
degli abitanti de La Cava ed il lettore può riscoprirvi
atteggiamenti in uso ancora oggi (la devozione in occasione
della festa della Madonna dell’Olmo), o venire a
conoscenza di abitudini o usi scomparsi: quanti sanno che una
volta si praticava la caccia ai gufi, cospargendo i tavoli con
materie grasse dove rimaneva incollato il povero volatile? Il
testo in definitiva ha il merito di sostituire una maggiore
coscienza dei trascorsi di vita cittadina ottocentesca; esso
sorprendentemente riscopre La Cava come meta preferita di un
turismo straniero che vi si stanziava in estate, in contrasto
con la maggioranza dei viaggiatori che invece salutava soltanto
fuggevolmente i portici e l’Abbazia Benedettina.
Il volume è stato corredato di
immagini e note esplicative a cura di Lucia Avigliano e Rita
Taglè. Il lavoro si inquadra nelle attività
culturali esterne della biblioteca comunale di Cava.
Francesco Romanelli
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