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La Giustizia a Cava affoga negli arretrati
Servono altri magistrati per smaltire l’eccezionale carico di lavoro
Francesco Romanelli
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Il convegno “Un nuovo modello di Giustizia a Cava de’ Tirreni” organizzato dall’associazione avvocati di Cava presieduta da Artemio Baldi iniziò con un beneagurante “Padre Nostro” recitato dall’assemblea insieme all’arcivescovo di Cava-Amalfi Mons. Orazio Soricelli. Visti i dati snocciolati nel corso del convegno c’è veramente bisogno di “interventi superiori” per smaltire tutto il lavoro arretrato. Sono 1870 i procedimenti civili pendenti, quelli penali 400. A questi dati bisogna aggiungere anche quelli della sezione di Amalfi per cui le cifre lievitano ulteriormente. I procedimenti civili in totale ammontano a 2.700 ed i penali a 1.600. Nello scorso anno sono stati più di quattromila i provvedimenti dell’Ufficio del Giudice di pace. Al 31 dicembre 2004 c’è un arretrato di circa tremila procedimenti.
Il convegno è stato anche l’occasione per presentare la nuova “squadra” (così l’ ha definita l’avvocato Artemio Baldi) dei magistrati in forza al tribunale cavese: Maria Concetta Criscuolo (giudice togato) dirigente della sezione, i giudici onorari Pasqualina Caiazzo (penale), Luciana Barela (civile), Salvatore Salamone (civile) ed i giudici di pace Guglielmo De Antonellis e Marcella Pellegrino. «Con l’organico al completo - afferma Artemio Baldi - gli oltre 250 avvocati cavesi potranno esplicare nel modo migliore la loro attività per l’applicazione di un nuovo modello di giustizia. Oggi ci rendiamo conto che la soppressione di questa sezione del tribunale di Salerno più volte ventilata sarebbe stata un grave errore. I problemi non si risolvono con gli accorpamenti e le soppressioni. Noi abbiamo sempre creduto nel decentramento della giustizia. Una sezione di un tribunale presente sul territorio evidenzia come non mai la presenza dello Stato».
Molto articolato l’intervento della dirigente della sezione cavese Maria Concetta Criscuolo, unico giudice togato, critica in particolar modo sul progetto di legge inerente la riforma della giustizia. «La nostra città non è un concetto avulso dal panorama nazionale - ha affermato - non può esserci un nuovo modello di giustizia se non siamo capaci di vedere all’orizzonte l’obiettivo cui miriamo ed i principi di riferimento. L’autonomia della magistratura è uno strumento di garanzia. Se noi vogliamo veramente un processo giusto a me pare che stiamo andando verso un tipo di magistratura molto burocratizzata dove il pubblico ministero è più poliziotto e meno giudice».
La mole di lavoro del tribunale cavese è notevole. La situazione  non è certamente delle migliori. Ma come venirne fuori? La dottoressa Criscuolo identifica una soluzione. «E’ importante – continua - creare fluidità tra la sede centrale (Salerno) e le sezioni distaccate». Il che vuol dire assegnare qualche altro magistrato togato alle sezioni periferiche per permettere la divisione dell’eccezionale carico di lavoro. «Non bisogna dimenticare - conclude la Criscuolo - che dai problemi organizzativi dipende l’applicazione della giustizia».
L’avvocato Antonio Marotta, componente del Consiglio Superiore della Magistratura ha posto particolarmente l’attenzione sul ruolo dei giudici onorari che «svolgono un ruolo importante nell’applicazione della legge, dei quali non si può fare certamente a meno». E’ importante però, secondo il componente laico del CSM, procedere ad una «selezione delle loro professionalità. Per questa categoria di operatori della giustizia c’è bisogno di una diversa qualificazione».
Secondo Roberto Manzione, avvocato e senatore della Margherita, che si è sempre battuto per la non soppressioni delle sezioni periferiche dei tribunali ritenendoli fucina “per la crescita professionale degli avvocati”, per risolvere le varie problematiche della giustizia c’è bisogno di fondi: «le previsioni non sono certamente rosee».
Telegrafico nel suo intervento il presidente dell’ordine degli avvocati di Salerno Amerigo Montera. Ha invitato tutti i magistrati ad «abbandonare le poltrone che occupano nei vari ministeri e a tornare ad indossare la toga. Anche così si fa un buon servizio alla giustizia».

Panorama Tirreno, maggio 2005
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