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Tra emergenze e programma
Enrico Passaro
Cosa credete, che quando si parte per fare il sindaco lo si faccia per poi fallire? Che non si abbia in origine le migliori intenzioni di far bene, di dare una svolta, di lasciare un segno indelebile nella storia del proprio comune? Credo che, a meno che non si tratti di veri e propri malfattori, nessuno nutra pensieri meno edificanti di questi nell’affrontare un’avventura elettorale per ottenere il consenso e occupare la poltrona di primo cittadino. E allora, cos’è che fa diventare un buon sindaco quello che in origine è un candidato come un altro? C’è da porsi queste domande di fronte ai mille esemplari di primi cittadini propinati dal vigente sistema elettorale a elezione diretta. Il bombardamento delle campagne elettorali ce li mostra tutti motivati, con idee precise, autoritari e autorevoli nelle idee di città che propongono ai propri elettori. Poi cos’è che alla prova dei fatti porta al fallimento o semplicemente all’esito incolore e inefficace di tanti mandati? Cos’è che fa apparire ininfluente il proprio apporto, come se cinque anni passassero invano, nella migliore delle ipotesi senza infamia e senza lode, nella peggiore aggravando ulteriormente la situazione?
È l’incompetenza, direte voi, l’impreparazione o anche l’approssimazione di fronte alle severe responsabilità alle quali, forse per superficialità, non si era sufficientemente preparati.
Senza dubbio è così, insieme all’incapacità di creare uno spirito di squadra, di mediare e nello stesso tempo sovrastare i condizionamenti e le avversità, in una parola, di gestire il contingente senza perdere di vista la prospettiva.
Arriviamo al punto: Luigi Gravagnuolo è stato giudicato il miglior candidato delle ultime elezioni a sindaco di Cava de’ Tirreni, per le suggestioni e le aspettative che ha saputo stimolare in un elettorato orgoglioso e stanco, pretenzioso e deluso. Orgoglioso della sua identità, stanco di un vano agitarsi delle precedenti amministrazioni, pretenzioso rispetto alle potenzialità e deluso di sentirsi preso in giro e dell’apparente inarrestabile declino del tessuto sociale ed economico di cui è parte. Ha scelto il candidato del centrosinistra per quello che ha detto e per come si è mosso; molto probabilmente per quanto ha ascoltato più che per quanto ha parlato nei lunghi mesi di campagna elettorale.
Luigi Gravagnuolo è stato dunque un ottimo candidato. Ora la gente si aspetta di vederlo all’opera come un ottimo sindaco. Per poterlo essere dovrà dimostrare di saper realizzare il suo programma, quello per cui è stato votato. Ma abbiamo visto che ciò che il più delle volte porta al fallimento di un mandato è l’incapacità di gestire il quotidiano senza perdere di vista gli obiettivi del programma. Mettendola in termini pratici: si può partire pensando alla Cava del 2011 così come la vorremmo per celebrare il millenario della Badia, ma poi finire con l’arenarsi di fronte ai buchi di bilancio, agli sgambetti dell’opposizione, ai colpi bassi degli alleati, alle buche per le strade, all’improvviso nubifragio, alle emergenze spazzatura, alle carenze di organico amministrativo, alle nomine negli organi collegiali, ai problemi scolastici, alle crisi idriche, all’allarme incendi, alle carenze dei trasporti, fino alla potatura degli alberi, alla malattia dei platani e alla manutenzione delle aiuole in villa comunale. Schiacciati dall’aggressione di migliaia di questioni contingenti, chi si ricorda più degli obiettivi del programma? Questo è il grande rischio del pretendente “bravo sindaco”.
Il buon Gravagnuolo ha avuto già qualche segnale più che significativo, con alcuni “giochetti” all’interno della coalizione, l’impatto con l’organigramma comunale, il verificarsi di problemi di ordine pubblico e, soprattutto, con l’emergenza rifiuti proprio nel momento in cui aveva cominciato a produrre l’ottimo sforzo di razionalizzarne la raccolta, puntando su una civilissima gestione differenziata che tanti benefici potrà portare in termini ambientali ma anche economici. L’onesta sensazione, stando anche al zelante servizio di comunicazione messo in piedi dallo stesso sindaco attraverso il suo ufficio stampa, è che l’attuale amministrazione abbia impostato sani criteri di metodo per affrontare contemporaneamente le questioni contingenti e i discorsi di prospettiva più lunga e più ampia. Gravagnuolo ha finora mostrato decisione e chiarezza d’idee di fronte alle prime emergenze, dando anche dimostrazione di un certo stile nella cura di alcuni particolari (vedasi in questo numero l’articolo a firma di Patrizia Reso).
Nello stesso tempo sembra che si stia avviando una concreta pianificazione di azioni e provvedimenti finalizzati agli obiettivi di programma di più lungo termine (vedasi questioni sottovia e collegamenti stradali provinciali, illuminazione del borgo e pavimentazione delle traverse del centro).
È oggettivamente ancora presto per poter fregiare Gravagnuolo e la sua giunta del titolo di “buona amministrazione” ma i segnali attuali sono incoraggianti, anche se in ogni angolo di strada si è respirato per molti giorni il nauseabondo “profumo” della spazzatura, se a pochi chilometri, nel capoluogo di regione, al ritmo di un omicidio al giorno la situazione dell’ordine pubblico è diventata insostenibile, se, come vediamo anche in queste pagine, nella vicina Salerno si paventano i fantasmi di un’immigrazione ritenuta eccessiva, se i pendolari della provincia viaggiano come dentro carri bestiami.
C’è una contingenza provinciale e regionale che non è meno preoccupante di quella cittadina. Coraggio! Il “bravo sindaco” sa di dover affrontare, per la sua quota-parte, anche le emergenze… esogene.

Panorama Tirreno, novembre 2006