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editoriale
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Che vinca la città
Enrico Passaro
Il 28 e il 29 marzo si avvicinano. La brevissima crisi comunale, iniziata il 31
dicembre con le dimissioni del sindaco, sta giungendo alla conclusione, salvo
possibile appendice del ballottaggio. Per la prima volta sono solo tre i
candidati a sindaco, tutti espressione di identità chiaramente diverse. Tornerà tutto come prima, con Gravagnuolo di nuovo sulla poltrona, oppure ci sarà il cambio? Niente tornerà come prima! Altrimenti che si sarebbe dimesso a fare? Pensare che una eventuale
riconferma di Gravagnuolo significherebbe lasciare le cose come stavano
significa non aver capito l’obiettivo di questa operazione voluta dal sindaco uscente, da qualcuno definita
azzardata, da qualche altro arrogante. Insomma, a noi sembra che Gravagnuolo
abbia voluto tornare precocemente alle urne perché vuole governare. Vuole portare avanti i suoi progetti senza i vincoli dei
ricatti, dei distinguo, delle preclusioni, dei condizionamenti. Per questo
vuole una rappresentanza più forte, vuole che il suo mandato sia chiara espressione di una fiducia alla
persona e a un progetto, al di sopra dei partiti di cui si vorrebbe che fossero
una propaggine. Si dirà che la politica invece è proprio compromesso e mediazione e che la personalizzazione del consenso è una deriva pericolosa. In linea di principio il concetto è condivisibile, ma in questo caso la questione andrebbe vista con occhio
diverso.
Tanto per cominciare non è del tutto vero che Gravagnuolo ha scavalcato i partiti. Sì, forse nelle sezioni in molti avrebbero evitato di tornare alle urne. Il
dibattito interno al centrosinistra, successivo alle sue dimissioni, è stato vivace e a tratti tempestoso, ma alla fine è riuscito a convincerne la maggioranza, tanto che si presenta oggi alle urne col
sostegno di due sole liste, civiche sì, ma espressione della base ideologica che lo sostiene. All’interno del Pd c’è stato qualche categorico irrigidimento ma a questo punto in area progressista
ci si augura che non provochi atteggiamenti autolesionisti.
Gravagnuolo ha spiegato e sta spiegando la sua scelta abbastanza chiaramente. A
suo avviso Cava ha bisogno di andare avanti sulla strada tracciata negli ultimi
anni. L’opposizione si è messa di traverso: “Non penserai di farti le celebrazioni del Millennio da solo? Al Governo ci siamo
noi e anche alla Provincia e, fra poco (loro credono, De Luca permettendo), alla Regione. Tu dove vorresti andare?” Questi, in parole brutali, i concetti espressi.
E allora è arrivata la legge per il Millennio che porta la firma di Cirielli e il comitato
per la gestione presieduto da Malgieri. Ma intanto, quei fondi resi disponibili
sono lì, non si muovono, pian piano si perdono.
I mal di pancia nella sua maggioranza, i distinguo, i voltafaccia e le espresse
ostilità hanno fatto il resto. “Adesso - ha pensato in sostanza Gravagnuolo - o ricostituiamo una maggioranza
omogenea e compatta intorno agli stessi obiettivi oppure è inutile vivacchiare per un altro anno in stato comatoso”. Al di là delle sterili polemiche, la decisione ci sembra meritevole di stima. Tra l’altro è assolutamente coerente con quanto lo stesso Gravagnuolo aveva dichiarato da
tempo, proprio al nostro giornale. In un’intervista dell’agosto 2006, poche settimane dopo il suo insediamento, aveva scandito: “Se nella maggioranza la logica particolaristica dovesse arrivare a un punto di
rottura con la promessa fondamentale fatta con la città, sarò pronto a riconfrontarmi con gli elettori”. Chiaro e categorico! Così è accaduto. E la risposta a questo che definiremmo un atto di coraggio, è molto semplice: se gli elettori gli confermeranno la fiducia, allora vorrà dire che la città crede nel suo progetto, altrimenti sceglieranno altri. Non c’è altro da dire.
Sul fronte opposto si muove l’amalgama del centrodestra, con ben sei liste. Le improvvise dimissioni di
Gravagnuolo hanno trovato l’opposizione obiettivamente impreparata ad affrontare immediatamente la nuova
competizione elettorale. La burrascosa conclusione dell’amministrazione Messina costituiva ancora il panorama di fondo su cui si
muovevano le diverse anime della coalizione. Ricordiamolo: Messina era stato
sfiduciato nel 2005 da nove esponenti della sua maggioranza, insieme a sette
dell’opposizione, davanti a un notaio, neppure attraverso un dibattito in consiglio
comunale. Quelle divisioni e quella brutale modalità di esautorazione hanno pesato finora sul variegato mondo del centrodestra
cavese. In questi anni non sono mai stati effettuati un esame di coscienza e
una reale operazione di ricucitura al loro interno. Così, al momento di dover ripartire con la campagna elettorale non è rimasto nient’altro da fare che metterci una bella pietra sopra e far finta di niente. La
ripartenza non è stata facile, tanto che la candidatura ufficiale alla fine è stata trovata a fatica in Marco Galdi, persona stimabile che già nel 2001 era stato pretendente di centrodestra alternativo a quello ufficiale e
che si era schierato apertamente su posizioni critiche nei confronti di Messina
e delle sue scelte, giungendo di recente anche ad esprimere chiari
apprezzamenti sulla politica di Gravagnuolo. Poi, quando ci si cala nell’agone della competizione elettorale, le affermazioni del passato, se proprio non
si possono cancellare, si trova il modo di smentirle rapidamente. E così, non solo sono stati rimossi, come era logico che fosse, i giudizi positivi sul
sindaco uscente, ma è stata addirittura rispolverata e aggiornata una vecchia idea di Messina, già a suo tempo ampiamente bocciata da buona parte della cittadinanza e in
particolare dagli sportivi: l’abbattimento dello stadio comunale e la sua ricostruzione a Santa Lucia. E’ uno dei cavalli di battaglia del suo programma che già sta suscitando clamore e mobilitazione, come riportiamo all’interno di questo giornale.
La scommessa del centrodestra è di dimostrare una ritrovata coesione dopo i giorni neri dell’era Messina. Vedremo se i cavesi vorranno di nuovo accreditagli la loro fiducia.
Terzo candidato alla corsa di sindaco è Michele Mazzeo, della Federazione della Sinistra. Come a dire: questa volta
almeno nell’area comunista l’unità è diventata realtà. Questa lista intende proporsi come vera alternativa alla guida della città e non potrebbe essere altrimenti. Raccoglie adesioni convinte nell’area della sinistra che non ci piace definire estrema (estrema di che?). A
queste si aggiungono simpatie più o meno nascoste da parte di chi non si sente rappresentato da Gravagnuolo e dal
Pd e forse anche di chi, all’interno del Pd, non ha gradito le prese di posizioni del sindaco uscente.
Sbandiera sondaggi, che non sembrano propriamente attendibili, che la pongono
su percentuali di molto superiori al 20%. Se così fosse sarebbe davvero la sorpresa di queste elezioni.
Panorama Tirreno, marzo 2010
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