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editoriale
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Doppia sfida davanti alle urne
Enrico Passaro
Il nove e dieci aprile ci saranno le prove generali: tutti i cavesi alle urne in
vista delle elezioni per rinnovare il consiglio comunale e per ridare un
sindaco alla città. Risultati scontati? Potrebbe mai capitare che, sfiancati da cinque anni di
governo di centrodestra, tra leggi ad personam, palesi conflitti d’interesse, attacchi violenti a tutto e a tutti, dalla Costituzione ai
magistrati, dai sondaggisti ai comici, l’elettorato potrebbe ridare fiducia a questa maggioranza? Potrebbe! E potrebbe
mai capitare che Messina e il centrodestra che da quasi un anno hanno
sbriciolato la loro maggioranza lasciando la città in mano al commissario prefettizio, dopo aver trascorso la prima metà del loro mandato ad inaugurare pomposamente opere avviate dall’amministrazione precedente e la seconda metà a litigare, ricevano per tutto questo il rinnovo della fiducia da parte degli
elettori cavesi? Potrebbe anche questo! In politica nulla può essere dato per scontato, neanche la logica.
Dunque, ad aprile prove generali. Con esito non necessariamente premonitore, nel
senso che qualunque sia il risultato del voto per il rinnovo del Parlamento,
non è affatto detto che si confermi subito dopo. Troppe le variabili e troppe le
differenze. Innanzitutto c’è l’incognita del nuovo sistema elettorale votato proditoriamente a fine
legislatura; e poi ci sono le motivazioni locali, il fattore umano, gli
interessi particolari, la diversa pressione mediatica eccetera.
Insomma, chiunque racimoli più voti ad aprile, eviti di cantare vittoria e di considerarsi già maggioranza consolidata anche in consiglio comunale. Sotto questo aspetto il
lavoro dei candidati dovrà procedere senza soste fino all’ultimo giorno, in questa lunghissima campagna elettorale. Lunghissima
soprattutto per Gravagnuolo, che ha cominciato a battere centro, periferia e
frazioni già da diversi mesi. È la prima volta, credo, che un candidato sperimenta in maniera così capillare lo strumento del dialogo con la cittadinanza. È la prima volta anche, almeno da quando si vota col sistema dell’elezione diretta del sindaco, che l’attenzione si è spostata con qualche mese di anticipo dal candidato al suo programma. “Programma”, una parola quasi bandita dalle più recenti edizioni del voto comunale, presi come si era dalle questioni intorno
ai nomi, alle cordate, alle strategie, agli accordi palesi o occulti, agli
sgambetti e ai “tradimenti” veri o presunti.
Gravagnuolo ha raggiunto abbastanza in fretta una coesione intorno al suo nome
ed ha conseguentemente avviato subito un’intensa opera di comunicazione con i cittadini e la stesura di un programma,
riuscendo anche a dire e a scrivere (cosa rara di questi tempi, ne sarebbe
fiero anche il buon Nanni Moretti) qualcosa di sinistra.
Il centrosinistra ha dato e sta dando prova di essere forza abbastanza coesa,
senz’altro ben al di là dei suoi standard abituali e di ciò bisogna dare atto al suo candidato ma anche alle segreterie dei partiti.
Non altrettanto si può dire per il centrodestra. Delle grandi manovre succedutesi nelle ultime
settimane, con candidature personali, improvvisi ritiri delle stesse,
investiture di partiti, passi avanti, passi indietro, passi double, interventi
e giudizi di parlamentari, di segreterie provinciali e, forse, nazionali,
spostamenti di nomi da una sigla a un’altra, onestamente si è capito ben poco.
Il nostro Romanelli ha provato a tirare le somme di questo bailamme nelle pagine
interne del giornale. Non è detto che la fotografia che ne è venuta fuori sia definitiva. Qualcosa nei rapporti di forza potrà ancora cambiare e ritengo che certamente cambierà. È lecito pensare che l’elettorato di centrodestra sia quantomeno disorientato se non allibito per quel
che sta accadendo.
A far mente locale ci si rende conto che nella storia recente di Cava simili
vicissitudini non costituiscono una novità. Accadde più o meno la stessa cosa nel ’97. Se andate a rileggervi le cronache dell’epoca vi accorgerete che la situazione era molto somigliante, con un
centrosinistra unito intorno al ricandidato Fiorillo e il centrodestra indeciso
fino alla fine. C’era già Messina, alla sua prima avventura elettorale; ma soprattutto c’era Abbro, considerato troppo frettolosamente dai suoi colleghi di cordata ormai
decrepito e da accantonare. Il vecchio volpone li fece prima sfogare un po’, poi al momento opportuno annunciò a sorpresa anche la sua candidatura. Sbaragliò i vicini e fu lui a sfidare al ballottaggio il sindaco uscente Fiorillo. Perse,
ma diede una lezione agli alleati.
Una lezione dimenticata in fretta. Ed oggi, rispetto ad allora, nel centrodestra
Abbro non c’è!
Panorama Tirreno, marzo 2006
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