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editoriale
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Lotta dura al cemento selvaggio
Enrico Passaro
In un servizio che pubblichiamo all’interno, emerge una considerazione interessantissima che qui ci piace
sottolineare ai nostri lettori: la politica dei “condoni” se pure porta entrate “fresche” alle casse dello Stato e alla finanza cosiddetta “creativa” dei nostri governanti, comporta come conseguenza una serie di costi successivi
per la collettività che è di gran lunga superiore ai fugaci benefici iniziali. Si tratta di danni
urbanistici, idrici, ambientali, che determinano nel tempo considerevoli
dispendi di energie pubbliche, a parte il fatto che le città diventano inesorabilmente più brutte e meno vivibili.
Cava de’ Tirreni non si sotttrae a questa logica: «Il fenomeno è dilagante» viene detto. Torna alla mente la minocciosa promessa di Abbro negli anni
Sessanta, quella di portare gli abitanti della città a quota 90 mila. Per fortuna, la prospettiva era talmente abnorme, che lo
stesso Abbro fece in tempo, bontà sua, a ripensarci e la città metelliana si attestò su un livello di sviluppo urbanistico più contenuto ed equilibrato.
Abbiamo già visto nel numero scorso che il saldo naturale annuo di popolazione è attualmente negativo per la città. Cioè, tra nascite, morti e cavesi che rinunciano alla residenza il numero di
abitanti tenderebbe a diminuire piuttosto che incrementarsi, se non fosse per l’aumento di presenze straniere. Ciò vorrebbe dire che, una qualsiasi comunità, forte di un solido e coerente strumento urbanistico, potrebbe garantirsi uno
sviluppo equilibrato, volto al miglioramento della qualità della vita e non certo all’incremento indiscriminato dei metri cubi di cemento.
E invece, una certa politica scellerata sta facendo sì che da più parti si azzardino iniziative per “mettere a posto le proprie cose”, con iniziative al di fuori della legge, del rispetto dell’ambiente e della moralità.
Questo purtroppo è lo stato dei fatti; è l’attestazione di un senso civico che appare diffusamente degradato; è la conferma di un comportamento consolidato, improntato alla tipica “furbizia italica” basata sull’egoistico “mi faccio i fatti miei e chi se ne frega dell’interesse comune”… tanto poi arriva il condono e tutto torna a posto. E allora anche gli abusivi
cavesi pagheranno il loro bravo contributo alle casse di Tremonti, mettendo a
posto le carte, le situazioni incresciose ed anche le loro coscienze. Alla fine
saranno considerati “bravi contribuenti”.
Ma vediamo quali sono i danni che questi comportamenti arrecano alla città, così, tanto per capire se i “bravi contribuenti” avranno reso un buon servizio alle finanze statali o non avranno ulteriormente
aggravato la situazione. Il cemento, spesso abusivo, avanza sulle nostre
colline, risale i monti che circondano la valle, sottrae verde all’ambiente, terre all’agricoltura, falde acquifere al sottosuolo. La conseguenza sarà, per Cava intera, un maggiore inquinamento, una minore crescita produttiva, la
necessità di opere pubbliche per approvvigionarsi di nuova acqua o la rinuncia al
prezioso elemento, oltre che per l’acquedotto, anche per l’irrigazione, determinando ulteriori e maggiori danni per l’agricoltura.
Non è finita: nel centro storico, il piccolo abusivismo determina l’incontrollata e spregiudicata iniziativa di ristrutturazione degli appartamenti.
Gli stabili pesano oggettivamente di più e gravano sui poveri porticati sottostanti. Il fenomento di schiacciamento dei
portici è facile conseguenza di gestioni “allegre” di questo tipo. I lavori di recupero comportano costi, anche notevoli, che
gravano su tutti noi.
Se a ciò aggiungiamo che con l’abusivismo Cava, come ogni altra città al mondo, diventa sempre meno interessante dal punto di vista paesaggistico,
sempre più stressata dal punto di vista dell’equilibrio ambientale, sempre meno vivibile e presentabile da un punto di vista
generale, se ne deduce, che godrà di una sempre minore attrattiva verso i potenziali e agognati turisti, che
tutti invocano, ma poi poco fanno per attirarli realmente nella presunta “Piccola Svizzera”.
Queste considerazioni dovrebbero spingere tutti noi a sostenere una “feroce” lotta ad ogni forma di abusivismo. Questo territorio è un patrimonio comune e dobbiamo salvaguardarlo con i denti e, a questo punto,
con la forza della disperazione.
Per una volta, dovremo esprimere un plauso nei confronti dell’amministrazione comunale, se continuerà a manifestare con atti concreti e altamente simbolici l’assoluta intolleranza verso le gratuite aggressioni degli speculatori al fragile
equilibrio ambientale e urbanistico. Che sia sempre questo lo spirito e l’azione dei cavesi per bene ai fini della salvaguardia del nostro habitat.
marzo 2004
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