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Appello per Cava
Enrico Passaro
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Ho incontrato qualche giorno fa un vecchio compagno di liceo. Non ci vedevamo da 40 anni. L’ultima volta ne avevamo 15. Lui, di Roccapiemonte, frequentava il liceo scientifico di Cava. No, non è una storia strappalacrime o un incontro dovuto a Facebook, ma solo un pretesto per   riparlare di Cava. Naturalmente ci siamo raccontati fatti delle nostre vite e dei nostri ricordi, ma lui mi ha anche detto: «A Cava vengo sempre volentieri, perché si sta bene, è bella, rilassante, civile, elegante, diversa dalle altre città, si vive bene». Non c’è niente di meglio di un giudizio di un non cavese per misurare il grado di vivibilità della nostra città. Chiedere a un cittadino metelliano più accanito un giudizio o un paragone con i centri vicini sarebbe un esercizio inutile: ci risponderebbe certamente con l’orgoglio del cavese e con considerazioni assolutamente di parte. Cava non si tocca!
Diciamo la verità, è da un po’ di tempo che qualche cavese più distaccato nutre invece dubbi sui meriti e le qualità attuali di questa città.
Si dice: «Cava non è più la stessa. Il degrado, l’abbandono, la mancanza di prospettive e di iniziative, la perdita di identità, la carenza di orgoglio, la rendono diversa e peggiore di quella che è sempre stata fino a solo un decennio fa». Non è difficile riscontrare commenti di questo tipo. Ascoltare quindi i giudizi che ho ascoltato io dal mio ex compagno di Roccapiemonte induce a qualche riflessione positiva. Allora a Cava non c’è tutto il peggio che vedono i più pessimisti; ancora si possono ascoltare valutazioni lusinghiere come le ascoltavamo 40 anni fa; ancora questa valle metelliana presenta i caratteri della diversità e di una qualità che qualcuno di noi ha visto perdute.
Forse è pura illusione, forse è un malinconico tentativo di appigliarsi ad una speranza, ma vorrei che a Cava si tornasse a credere nelle antiche caratteristiche di una cittadina civile che ha coltivato nei secoli i tratti positivi della sua identità e della sua diversità. Ce un enorme bisogno che siano proprio i cavesi a crederci davvero, a crederci di nuovo, perché abbiano, abbiamo, la forza e il coraggio di tornare a investire concretamente, e non solo a parole, sulle nostre potenzialità. Vorremmo sentire parole di fiducia e di speranza dalle bocche degli amministratori locali e delle opposizioni, ma anche dei commercianti, degli imprenditori, dei professionisti, delle associazioni culturali, dei gruppi di volontariato. Vorremmo rivedere tracce di progetti, di investimenti, di idee, di proposte culturali, di soluzioni di crescita, di arredo urbano, di promozione, eccetera eccetera.
Se un non cavese che frequenta Cava da più di 40 anni ancora sostiene che questa città ha le peculiarità di una vivibilità non comune, bisogna credergli ed è doveroso cercare di risvegliare uno spirito d’iniziativa che temiamo di aver perso per sempre. Su queste pagine, che viaggiano ormai solo sul web, vorremmo aprire un dibattito, una discussione su questi argomenti. Fatelo, se ci credete, facciamolo utilizzando gli strumenti della rete, dalle e-mail a Facebook, in tutti gli spazi dove sono presenti- Panorama Tirreno e gli altri giornali cittadini. Mettiamo le nostre idee al servizio della città.

Panorama Tirreno, luglio 2013