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Ma per le comunali sarà un’altra storia
Enrico Passaro
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Chi si aspettava di avere dalle ultime votazioni provinciali ed europee qualche indicazione premonitrice in vista delle future elezioni per il rinnovo del consiglio comunale, avrà dovuto rinunciare. Difficile dire dopo il 12 e 13 giugno se Messina è destinato, alla scadenza del suo mandato, ad una sicura conferma o a lasciare la poltrona occupata dal 2001. Lui sostiene che il risultato è stato anche un successo personale; qualcuno, nel suo stesso partito, denuncia un’amara sconfitta per Forza Italia; a sinistra possono vantare una messe di voti nelle europee per Andria, Santoro e D’Alema; ma Fiorillo, l’ex sindaco, non ce l’ha fatta per Palazzo Sant’Agostino; mentre Cirielli di AN è stato il più votato. Un bel rompicapo, insomma. O meglio, la logica conclusione di un gran pasticciaccio di elezioni maggioritarie e proporzionali mischiate in un unico calderone, con un voto influenzato da maggiori personalismi nelle provinciali ed esente da fattori locali nelle europee. È logico quindi che il chi vince e chi perde di oggi non potrà costituire il viatico su chi vincerà e chi perderà fra due anni. Ed è giusto che questa chiamata alle urne non venga usata come un mega sondaggio sugli umori dei cavesi nei confronti dell’attuale maggioranza. Innanzitutto perché a Messina e alla sua giunta restano ancora due anni per migliorare o aggravare la loro immagine nei confronti degli elettori (come sosteneva il maestro Montanelli, nessuno più dell’interessato può danneggiare se stesso governando. Si riferiva a Berlusconi, ma il teorema può valere per chiunque); e poi perché le elezioni si vinceranno o si perderanno con i programmi giusti e gli uomini (o le donne) più adatti da proporre all’elettorato.
Questo assunto banale, scontato, non è affatto superfluo cominciarlo a ripetere fin da oggi, per non ritrovarsi poi fra due anni nel vicolo cieco di un’affannosa e inutile ricerca del candidato esemplare, a cui si finirà con l’ovviare nelle ultime assemblee di partito, in mancanza di un accordo significativo, con l’offrire la poltrona al primo che passa. È accaduto in passato può succedere di nuovo in futuro. Lo sfidante (o la sfidante) di Messina deve venir fuori adesso, perché possa avere due anni per studiare da sindaco e per fornire immediatamente una prova di maturità da parte delle forze che lo sosterranno. È l’uovo di Colombo, ma le cose più ovvie sono sempre le più difficili da realizzare.

Panorama Tirreno, giugno 2004