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editoriale
Riflessioni sulla crisi del commercio cavese
Enrico Passaro
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Nei giorni scorsi, mentre leggevo in una rivista un servizio sull’organizzazione dei grandi centri commerciali nel mondo, lo sguardo si è soffermato sulla foto di una piazza finta, ricreata all’interno di un’area commerciale coperta di Tokyo, su imitazione delle città europee dell’Ottocento. Quello della riproduzione scenografica di antichi modelli urbani sembra essere la chiave del successo nell’era dei mega centri commerciali del ventunesimo secolo. Ebbene, in mezzo alla finta piazza campeggia una fontana del tutto simile alla fontana dei delfini di Piazza Duomo a Cava. È evidente che si tratta di una pura coincidenza, ma il fatto mi ha indotto ad una riflessione più attenta sui contenuti di quel servizio giornalistico e sui destini del malandato commercio cavese, sul quale già qualche giorno fa l’ex assessore Alfonso Lambiase ha espresso su un quotidiano un’analisi perfettamente condivisibile.
L’articolo esponeva le tendenze più recenti del marketing commerciale nel mondo, che mira ad attirare i potenziali acquirenti all’interno di aree in cui viene creata un’ambientazione da centro-città europeo, con piazze, cinema, spettacoli, altre occasioni di intrattenimento e, ovviamente, negozi, con l’obiettivo di far trascorrere ai visitatori quanto più tempo è possibile in assoluto relax e di invogliare la propensione agli acquisti. Per far questo, l’investimento in apparati scenografici, animazione, iniziative culturali, ricreative e sportive, coordinamento e pubblicità è davvero massiccio, ma il risultato è certamente profucuo per i negozianti che orbitano intorno ad imponenti macchine organizzative.
L’immagine della “simil-fontana dei delfini” mi ha indotto a considerare che i commercianti del borgo cavese, se all’improvviso si scoprissero operatori moderni e intraprendenti, avrebbero la fortuna di aver risolta sul nascere tutta la questione dell’allestimento scenografico. Non è roba da poco: il lungo e antico filare di portici, intervallato da piazze, piazzette, portoni e vicoli, nonché
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incastonato di esercizi commerciali attraenti, variegati e al coperto,è già di per sé un patrimonio incommensurabile che farebbe invidia al più audace esperto di marketing di Tokio. E allora perché il commercio cavese sta attraversando una delle più lunghe e delicate crisi della sua storia, visto che il modello contemporaneo tuttora valido e che va per la maggiore, imitato dai grandi registi dei centri commerciali, è proprio quello della piazza, del corso per il passeggio e delle iniziative di spettacolo da vivere in assoluto relax?
Intanto bisogna fare una severa considerazione di carattere storico: la scelta antica e consolidata di tenere i supermercati lontani dal centro alla lunga si è rivelata un grave errore. L’intenzione era quella di proteggere il commercio cittadino dall’invadenza della grande distribuzione che avrebbe tolto - dicevano i commercianti - grosse fette di mercato ai bottegai cavesi. Per questo motivo non si è visto per decenni a Cava l’ombra di una Standa o di una Upim per non parlare di ogni altra sorta di supermercato alimentare.
Ora, a parte il fatto che per anni è venuto meno l’effetto calmierante sui prezzi generalmente assolto dai supermercati, l’esperienza di oggi dimostra che non si organizza nessun nuovo centro commerciale se non viene dotato al suo interno almeno di un supermercato o, meglio ancora, di un ipermercato, che fa da primo e forte richiamo per un numero massiccio di consumatori. Risolto il problema della spesa, una volta dentro l’area commerciale, il visitatore non disdegna l’occhiata alle vetrine e l’acquisto di altri prodotti. La mancanza di supermercati e, ovviamente, di parcheggi nel centro di Cava costituisce attualmente uno dei più grossi limiti dell’offerta commerciale. Ma non finisce qui. In una realtà cittadina così variegata ma omogenea, che vanta (o potrebbe vantare) un forte spirito di associazionismo della categoria dei commercianti, un potenziale storico e di tradizione notevole, una fertile presenza culturare, una vivace attività di ristorazione, un’intensa proposta di intrattenimento, l’obiettivo prospettato dal marketing contemporaneo, di indurre i visitatori ad una “full immersion” nell’oblio del centro commerciale potrebbe essere facilmente raggiungibile. Occorrerebbe la volontà di investire in maniera sistematica nell’offerta di un “pacchetto Cava de’ Tirreni” da proporre ai consumatori dell’intera regione, composto, oltre che dallo shopping, anche da spettacoli, animazioni, degustazioni, mostre, concerti. Servono grossa capacità organizzativa, nuova managerialità e professionalità, risorse economiche, adeguati canali pubblicitari. A queste condizioni, c’è da esserne certi, una folla proveniente da tutta la Campania sarebbe ben lieta di venire a risollevare lo stato sofferente del commercio cavese. Chi dovrebbe guidare una simile operazione? Certo, a rigore il ruolo pubblico di un assessorato al commercio all’altezza potrebbe garantire la necessaria imparzialità e visione d’insieme; ma in carenza di una volontà e capacità di svolgere un compito così complesso e propositivo, dovrebbero essere le stesse associazioni di categoria a comprendere la necessità di riconvertirsi in una prospettiva più moderna e fortemente orientata al marketing.
Fine della lunga riflessione e precipitoso naufragio nella sconfortante realtà: qui stiamo ancora a discutere della chiusura al traffico del centro storico!

Panorama Tirreno, febbraio 2005
La piazza con fontana del centro commerciale “Venus Fort” di Tokyo, in un’immagine pubblicata su Focus n. 147 di gennaio 2005. Sotto, la fontana di Piazza Duomo a Cava