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Offresi terreno in area industriale
Enrico Passaro
L’area industriale di Cava de’ Tirreni cresce, si espande. È una buona notizia, se si tiene conto delle ambizioni del passato e dello stato di degrado e abbandono che ne è seguito per decenni. Oggi si è riscoperto che la piccola industria e l’artigianato produttivo possono portare sviluppo e occupazione. Ovvio, ma meglio tardi che mai!
L’amministrazione Gravagnuolo ha mostrato subito interesse verso questa lapalissiana verità e sta annunciando ai quattro venti che sono disponibili nuovi spazi e che i requisiti per ottenere i dovuti permessi saranno d’ora in poi quelli che daranno garanzie di sviluppo e occupazione, appunto. Non sempre l’ovvio è anche scontato. Evidentemente in passato i criteri erano diversi. Ci dicono che l’assegnazione avveniva (quando avveniva) in ordine cronologico, senza alcuna valutazione di merito. Viene il vago sospetto che la procedura non potesse dare buoni frutti e difatti non ne ha dati o ne ha dati molto pochi, fino a far pensare ad un fallimento dell’ASI.
Oggi l’ASI è animata da un sano furore di far bene: rinnovati gli organi, aumentati gli spazi, si dibatte al suo interno di iniziative formative e di sensibilizzazione per diffondere e arricchire la cultura imprenditoriale. Siamo finalmente in tema, si potrebbe cominciare ad essere ottimisti.
Apprendiamo però che chi ottiene l’autorizzazione ad insediarsi nell’area industriale di Cava usufruisce sì di un terreno (e non è poco), ma deve provvedere da sé a risolvere i problemi di acqua, energia elettrica, fognature, gas, cablaggio e di un agevole accesso stradale. Abbiamo capito bene? L’area industriale generosamente offerta alle imprese non dispone di un minimo di infrastrutture? E perché mai, di grazia, un’azienda in grado di garantire sviluppo e occupazione dovrebbe decidere di puntare il dito su una specie di deserto infrastrutturale e lì decidere di fare i propri investimenti? Quale sarebbe l’incentivo? Perché dovrebbe rendere un favore ai cavesi e non andare piuttosto ad alzare il suo capannone altrove, dove l’attacco per l’energia elettrica è assicurato, dal rubinetto scorre acqua, non bisogna attendere qualche mese per avere la linea telefonica e una connessione veloce ad internet e la strada garantisce il transito agevole di un tir? Sono domande legittime che un imprenditore si pone. La stessa domanda ce la poniamo noi e, forse, se la dovrebbe porre anche il Consorzio e l’amministrazione comunale. Invitereste qualcuno a cena, chiedendogli di portare con sé posate, piatti, bicchieri e possibilmente una sedia? Ovviamente no. Ma, la storia c’insegna, l’ovvio non è sempre così scontato.

Panorama Tirreno, febbraio 2007