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editoriale
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Che il 2011 non passi invano
Enrico Passaro
Possiamo aprire qualche spazio di dubbio o di preoccupazione sul futuro della
città di Cava dopo la celebrazione del Millennio della Badia? Potrà sembrare prematuro, pretenzioso, esasperato, ma crediamo che sia salutare, di
tanto in tanto, gettare lo sguardo oltre, o di lato, sopra o sotto, la grande
giostra dell’appuntamento millenario a cui si va incontro. Più volte abbiamo riconosciuta e apprezzata la splendida intuizione di individuare
in un evento catalizzatore e aggregante la formula giusta per promuovere,
risvegliando l’orgoglio e le ambizioni di un’intera cittadinanza, volani di sviluppo assopiti da anni nella valle metelliana.
Ma l’angoscia fulminea che ci prende è: che ne sarà di Cava dopo il 2011 se nel frattempo, abbagliati da questa meta tanto ambita,
avremo trascurato altri aspetti fondamentali per una crescita equilibrata, per
un consolidamento delle radici, per un rafforzamento della propria identità? Potrebbe essere una preoccupazione eccessiva. Forse crescita, radici e identità potrebbero essere salvaguardati e tutelati proprio dalle dinamiche stesse che
ci condurranno all’evento e troveranno nella macchina organizzativa e promozionale del Millennio la
linfa necessaria per arricchirsi di contenuti stabili e vitali. Oppure no,
potrebbe accadere il contrario, crearsi un baraccone alimentato da un vuoto
prospettico incapace di creare continuità e di lasciare un segno decisivo per la storia futura della città.
E’ già accaduto in questo Paese: pensate alle macerie lasciate dai mondiali del 90, in
cui ci si è tanto spesi (e tanto si è speso!) per realizzare non solo stadi ma anche opere pubbliche che avrebbero
dovuto incidere sull’assetto urbano e sociale delle città coinvolte; pensate al progressivo degrado politico, sociale ed economico (di
cui ora viviamo le estreme conseguenze) successivo alla grande rincorsa in cui
tutti gli italiani si sono impegnati meritoriamente per entrare fra i Paesi
dell’euro. Paragoni eccessivi? E allora, per tornare alla nostra Cava, ricordiamo
alcune scelte dell’era Abbro rivelatesi poi disastrose, come l’obiettivo di farne un polo industriale o il tentativo di farla crescere fino a
90mila abitanti. Con ciò non vogliamo dire che il 2011 si rivelerà un appuntamento disastroso, ma vogliamo richiamare l’attenzione sulla necessità che si creino tutti i presupposti perché ciò non avvenga. Lo facciamo adesso che finalmente è stata approvata una legge per orientare e finanziare il progetto ed è stato nominato il Comitato per dirigere gli interventi e le iniziative. Il
tutto nasce per la verità un po’ tardi e i nostri commissari si muoveranno in tempi ormai insufficienti. La
Legge 92 ha stanziato un fondo speciale di 250.000 euro per l’anno in corso (!) e 1.500.000 complessivi dal 2010 al 2012. E’ impensabile credere che tutti questi soldi potranno essere spesi per
investimenti produttivi ed essere tutti spesi bene. Da qui le paure e le
perplessità. Innanzitutto perché, come si sa, “A gatta pe’ gghji’ ‘e pressa, facette ‘e figlie cecate”; poi perché, ahimè, da parte di diversi cittadini ci giungono frequentemente lamentele di questo
tipo: “Qua stiamo a pensare al millennio e si trascurano altre cose (e qui l’elenco potrebbe essere lungo: la manutenzione delle strade, il caos del
traffico, l’abbandono delle frazioni, i servizi igienici nelle scuole, la qualità delle mense per gli alunni, i tombini maleodoranti, la mancanza di spazi
ricreativi e di tempo libero per bambini e anziani, i problemi dell’ospedale, le toppe d’asfalto nella pavimentazione del corso e così via). Si tratta di osservazioni o proteste a volte non pertinenti o
appropriate, ma altre volte sì, legittime, e vorremmo che il miraggio non facesse perdere la logica d’insieme, che l’ebbrezza dei riflettori proiettati sull’anno 2011 non desse la stura alla ricerca di facili e inutili consensi e
passerelle, che produrrebbero solo effetti dannosi e certamente onerosi. Infine
la paura nasce da pericolosi segnali di disunione e di contesa che riaffiorano
di tanto in tanto al Comune in seno alla maggioranza, e da frequenti
dimostrazioni di inconsistenza propositiva da parte dell’opposizione; in sintesi, dal riproporsi di una vocazione suicida della politica
cittadina che già troppi danni ha provocato nel passato, anche recente. In occasione dei grandi
progetti generalmente si usa dire: “Facciamo in modo che si realizzino investimenti produttivi, che durino”. Si dice sempre così; lo dicono i politici, gli amministratori, i burocrati. Salvo poi accorgersi a
posteriori che gli investimenti si sono rivelati improduttivi, antieconomici,
dannosi.
Lo vogliamo ricordare ai commissari neoeletti, alle amministrazioni comunale e
provinciale: “Per il Millennio, non fiori ma opere di bene”. Che in questo caso sta a significare: poca apparenza e tanta tanta sostanza,
per il bene della città. Cava non potrebbe sopportare le macerie di un 2011 inutile e sprecone.
Panorama Tirreno, dicembre 2009
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