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editoriale
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Politica e buon senso
Enrico Passaro
Di tanto in tanto qualcuno sostiene che Cava sarebbe un laboratorio politico
anticipatore di tendenze che poi si manifestano anche a livello nazionale.
Personalmente ho molti dubbi circa la bontà di questa tesi, mi sembra piuttosto l’ennesima presunzione “cavacentrica” che imperversa nella nostra città (Cava modello universale, Cava ombelico del mondo). Direi piuttosto che le
tendenze (e qualche volta le aberrazioni) che si manifestano in questo enorme e
confuso laboratorio politico, che è in questo ultimo decennio il nostro Paese, fanno capolino anche da noi con la
pretesa dell’originalità. Poi talvolta si verificano curiose coincidenze e, ad esempio, il dualismo
Messina-Baldi all’interno del centrodestra riesce ad anticipare di qualche settimana il nuovo
dualismo Berlusconi-Casini. Pura coincidenza o, più semplicemente, l’inevitabile riverberarsi a livello locale delle contraddizioni congenite di quel
carrozzone chiamato “casa delle libertà”.
Se dobbiamo analizzare la politica cavese di queste settimane, allora facciamolo
su fatti concreti e non su presunte dimostrazioni di strategie d’avanguardia. I fatti concreti ci dicono che si sta preparando la campagna
elettorale per il rinnovo del consiglio comunale e l’elezione del nuovo sindaco. Il centrosinistra ha già il suo candidato più o meno unitario ed è Luigi Gravagnuolo; nel centrodestra Alfredo Messina testardamente intende
ricandidarsi, ma si proporrà anche Giovanni Baldi. E non è detto che finisca qui.
Messina, sindaco uscente, è stato dimissionato dalla sua stessa maggioranza, tanto che negli ultimi mesi del mandato è dovuta intervenire la gestione commissariale del Comune.
Una conclusione così fallimentare dovrebbe indurre qualsiasi persona di buon senso a ritirarsi dalla
competizione. Non poniamo il ragionamento sul piano della logica politica, su
questo livello sappiamo che qualsiasi ragionamento sarebbe lecito e
giustificato. Se da un lato un fallimento politico dovrebbe indurre a ritirarsi
dall’agone, d’altro canto il dimissionato potrebbe accampare (come sta facendo) mille
argomenti per ritenere giusta e corretta davanti ai suoi elettori la decisione
di ricandidarsi. Sul piano del buon senso no, non ci possono essere
motivazioni. Buon senso è utilizzare il credito che si è ottenuto dal responso delle urne per cercare di governare la città con la forza dei numeri, delle idee, dei progetti. I progetti si sono arenati,
le idee erano pochine e alla fine anche i numeri sono mancati. Sarebbe o non
sarebbe buon senso cambiare mestiere? Tanto più che, a fronte del suo ostinarsi, si contrappone nell’ambito dello stesso schieramento la figura di Baldi, che già ha dimostrato di godere di un certo consenso popolare, in ragione degli oltre
settemila voti ricevuti in occasione delle ultime elezioni regionali.
E qui, a sostegno della candidatura Baldi, sono emersi improbabili sondaggi e la
solita solfa della presunta vocazione conservatrice dei cavesi, che
puntualmente si ripropone per intimorire il fronte progressista e frustrare
ogni spinta di rinnovamento. Ancora una volta su queste colonne siamo costretti
a ribadire che non crediamo a questo pretenzioso arruolamento dell’elettorato cavese nelle fila del centrodestra, adducendo la motivazione che il
cittadino metelliano “è sostanzialmente moderato”. E chiediamo a questi sociologi d’assalto: che significa oggi essere moderati? Chi non lo è nell’appiattimento dell’attuale panorama ideologico e politico? E chi sarebbero questi rivoluzionari che
dovrebbero stravolgere gli equilibri della città e sconvolgere l’animo tranquillo e conservatore del popolo cavese?
Io credo che la forza delle idee e il dinamismo delle buone intenzioni conta
molto di più della melassa inconsistente di un certo conservatorismo stagnante, insensato e
controproducente. Questa volta pare che l’abbiano ben compreso nel centrosinistra, che, con quasi un anno di anticipo, ha
già individuato il suo candidato alla poltrona di primo cittadino. Se pensiamo alle
titubanze, alle indecisioni e alle manovre oscure di cinque anni fa, allorché solo un mese prima della chiamata alle urne fu partorito il nome di Musumeci
come candidato, tra malumori e insoddisfazione palesati da esponenti del suo
stesso partito, allora oggi possiamo veramente dire che sono stati fatti passi
da gigante. Ora, risolto l’assillo del leader, che normalmente investe i partiti in ogni circostanza
elettorale, si può guardare avanti con l’opportunità di proporre finalmente ai cittadini quel qualcosa che il buon senso invocato
prima dovrebbe rendere scontato in una sana dialettica politica, ma che invece
rimane sempre come un fantasma inutilmente evocato dalle persone di… buon senso appunto: un programma. Sì, perché non dovendo più consumare riunioni di partito, incontri di coalizione, sondaggi sugli umori
della cittadinanza e pagine di giornali per tirar fuori dal cilindro quel nome
che già è stato proclamato, si ha adesso tutto il tempo per mettere sulla carta, stampare
sui manifesti e nelle brochure di propaganda, lanciare in rete attraverso
internet, un benedetto, vero e concreto programma delle opere da avviare nel
prossimo quinquennio, far conoscere a tutti l’idea di città che il fronte dell’Unione ha in mente.
Mi pare che è esattamente questo ciò che sta cercando di costruire il candidato Gravagnuolo e l’impressione è che stia partendo con il piede giusto.
Credo che possa essere un esempio di buona politica, sicuramente sarà un’operazione di buon senso!
Panorama Tirreno, dicembre 2005
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