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storia
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E’ passato un decennio sonnolento
Il prossimo sarà un’occasione per Cava
o una nuova giostra?
Dobbiamo guardare al futuro. I futuri amministratori saranno capaci di accendere
un’ampia riflessione programmatica e progettuale sulla città del terzo decennio del 2000 o assisteremo ancora alla spasmodica ricerca del
voto personale, del “portatore” più “efficace”, del “successo” individuale ?
Pier Vincenzo Roma
Senza farmi prendere dalla malinconia e constatando con piacere che un po’ di “capa fresca” del passato ancora mi assiste, matura in me una considerazione: quando ero
molto giovane, diciamo ventenne, mi sentivo molto più “maturo”, quasi mentalmente “anziano”; oggi che in un certo senso lo sono, dal punto di vista mentale mi sento molto
meno “pesante” rispetto alle sessantuno primavere che pure ho attraversato. Nel mare dei
ricordi e delle esperienze vissute, ovviamente, la nostra città funge quasi sempre da sfondo privilegiato e, spesso, soprattutto nel
confrontarmi con la nuova generazione, vorrei quasi trasmetterle le immagini
della Cava degli anni sessanta/settanta, o addirittura quella dei primi del
Novecento, conosciuta attraverso foto e cartoline d’epoca, quando la nostra città fu, insieme a Taormina, onorata dall’istituzione della prima Azienda Autonoma di Soggiorno e Turismo.
Perché questa nostalgia del passato? E’ presto detto: perché, pur rimanendo un centro eccezionale nel contesto regionale e meridionale, Cava
ha perso, nel corso dei decenni, tantissimo, dal punto di vista turistico,
paesaggistico, civile, culturale.
Il decennio 2010 – 2019, che ha visto come sindaci Luigi Gravagnuolo, Marco Galdi e Vincenzo
Servalli, non è stato caratterizzato, a mio modesto parere, da un’inversione di tendenza rispetto ai periodi precedenti. Un mare di speranze fu
suscitato dal Millennio dell’Abbazia Benedettina, quando ci si augurò che tale avvenimento potesse fare da volano per un rilancio della città, ma sostanzialmente possiamo concludere che la ricorrenza passò senza particolari clamori, nonostante gli apprezzabili sforzi dell’allora primo cittadino e, forse, in un contesto ormai laicizzato e mercificato,
quale quello attuale, è stato illusorio aspettarsi troppo.
Degli anni a seguire, possiamo ricordare la parziale realizzazione di opere
pubbliche, progettate nel passato “abbrino”, tipo la copertura del trincerone ferroviario, il cui completamento costituisce ancor oggi un obiettivo dell’attuale amministrazione Servalli. Rimanendo nel campo dei vari lavori rimane la
grande incognita della destinazione e del recupero dell’ex Manifattura Tabacchi. Tramontata l’ipotesi abitativa proposta da Galdi, prosegue il dibattito su quale possa essere
la destinazione d’uso di questo storico e grandioso edificio. Inutile, a mio giudizio, soffermarsi
su quello che, dal punto di vista urbanistico poteva o potrebbe essere, mi
limito solo a citare ancora, per questo aspetto, l’ex Convento delle Suore di S. Giovanni e l’ ex Pretura ora Marte, dei quali non si sa ancora quale sarà il destino…
Rimane la sensazione complessiva, che citavo prima, di un certo senso di
insoddisfazione e di letargo che sembrano aver caratterizzato il decennio
appena trascorso, così come quelli immediatamente precedenti. Questo, non fraintendetemi, non per
particolari “gravi colpe” dei sindaci e degli amministratori in generale, ma piuttosto per questo clima
di sfaldamento, sonnolenza, crisi, che vivono il nostro Paese ed in particolare
le nostre zone. Siamo ancora “orfani”, chi ha qualche anno in più lo sa, di grandi realtà imprenditoriali che non ci sono più e che difficilmente potranno esserci: mancano le condizioni e probabilmente
manca anche una generazione capace di generare realtà come il Credito Commerciale Tirreno, le Arti Grafiche Di Mauro, la Metelliana,
i pastifici, i mobilifici, le industrie tessili, la lavorazione del tabacco… Siamo orfani e non ci siamo ancora ripresi, e forse questo è il punto più delicato e difficile.
Possiamo solo capire che l’antica gloria ci consente ancora di essere fortunati per quel che abbiamo di
bello, di vivibile nel centro storico e nelle frazioni che lo circondano. Il
primo compito gravoso, ma necessario per far risorgere la speranza (ovvero per
sfruttare al meglio le potenzialità di cui godiamo) è quello di superare la rassegnazione, di lottare a fondo contro la sciatteria, l’inciviltà, il degrado che, diciamolo, caratterizza ormai i comportamenti di tanti
concittadini, di tutte le fasce generazionali. Dobbiamo uscire dalla triste
logica che ci spinge talvolta ad affermare che “tanto dappertutto è così” per alimentare un nuovo risorgimento cittadino, col capo rivolto al futuro. E
qui, inevitabilmente, il discorso si sposta sulla politica locale: i vari
candidati a sindaco ed il loro seguito di vassalli, valvassori e valvassini
saranno capaci di accendere un’ampia riflessione programmatica e progettuale sulla Cava del terzo decennio del
2000 o assisteremo, ancora una volta, ad un triste teatrino di aspiranti
amministratori alla spasmodica ricerca del voto personale, del “portatore” più “efficace”, del “successo” individuale dietro il quale rischiamo poi di perdere un altro giro di giostra?
Panorama Tirreno, febbraio 2020
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