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cultura & società
Mons. Attilio Della Porta uomo di Chiesa
e insigne storico cavese
Decimo anniversario della sua scomparsa, ha lasciato un vuoto nella memoria della città
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Dieci anni fa, per l’esattezza il 17 luglio 1998, cessava di vivere mons. Attilio Della Porta, insigne studioso e solerte uomo di chiesa. Nel corso della sua vita ha scritto numerosi testi religiosi, tra i quali “Cava Sacra”, un’opera esaurita che, per la sua valenza (la presentazione nel 1965 fu curata da Giuseppe Prezzolini ed  ottenne anche il premio nazionale di cultura della Presidenza del Consiglio dei Ministri nel 1967), la diocesi di Amalfi-Cava ha fatto ristampare qualche anno fa. E’ un’opera “organica sulle origini e lo sviluppo della fede e della religiosità cristiana nella valle metelliana” scrive Vincenzo Cammarano nella presentazione della seconda edizione. Il suo lavoro bibliografico è stato sempre frutto di meticolose ricerche.
Le sue sorelle Antonia e Felicia ed il fratello Alfonso lo hanno ricordato con due funzioni religiose nella città metelliana ed a Marina  di Vietri, dove per molti anni è stato parroco. «Non ho avuto il piacere di conoscerlo di persona - ha affermato l’arcivescovo Orazio Soricelli - ma dagli scritti si evince che è stato  un grande uomo di chiesa».
Mons. Della Porta era nato nella città metelliana il 6 novembre del 1921. Compì  gli studi umanistici  e teologici nel Pontificio Seminario regionale “Pio XI” di Salerno. E’ stato anche per alcuni anni volontario della “Pro Civitate Christiana” di Assisi partecipando a numerose missioni nelle più importanti città.  Dal 1954 alla sua morte è stato parroco di Marina di Vietri ed ancora oggi è considerato uno degli artefici della ricostruzione della città dopo la tragica alluvione del 1954.

Dal 1992 fino alla sua scomparsa ha collaborato puntualmente a Panorama Tirreno con due rubriche dal titolo “Diorama storico delle chiese di Cava” ed “Epigrafia cavese”, una vera e propria opera a puntate di grande pregio storico e culturale, attraverso la quale Della Porta ha fornito puntigliosamente preziose descrizioni del patrimonio architettonico e artistico delle nostre chiese e, attraverso le iscrizioni latine poste sugli edifici sacri, ha raccontato sapientemente le vicende di personaggi che grazie a lui continueranno ad essere ricordati dai contemporanei.
Per onorare la figura di Don Attilio e rendergli il dovuto e riconoscente omaggio per aver scelto il nostro giornale, pubblichiamo in questa pagina l’ultima delle sue preziosissime recensioni, pubblicata da Panorama Tirreno nell’aprile del 1998.

Epigrafia cavese
Carola, il generale che salvò gli spagnoli dall’invasione francese
Nella battaglia del ponte di S. Francesco (1648) fermò le truppe guidate da Tommaso di Savoia
Attilio della Porta
Nella monumentale chiesa di S. Francesco, che, dopo il terremoto del 1980 va riprendendo il suo antico splendore architettonico, sulla parete interna, a sinistra della porta d’ingresso della navata maggiore, si ammira un superbo sarcofago su cui si legge una lunga epigrafe, che riassume in un armonioso latino, le gesta, le benemerenze, i fatti salienti della vita del generale Pietro Carola, morto a Cava il 21 marzo 1668. L’epigrafe inizia così “Regis auspiciis, a primo adulescentiae flore ad senectam usque…“
Cittadino cavese, di nobile famiglia, Pietro Carola, fin dalla giovinezza fu affascinato dalla carriera militare marittima e ad essa si dedicò con entusiasmo ed abnegazione, ardimento ed altruismo. E fu valoroso soldato, intrepido vessillifero, orgoglioso centurione, esperto istruttore di legioni, responsabile luogotenente generale dell’esercito sotto Filippo IV di Spagna. In Liguria, in Belgio, nella Gallia Cisalpina, egli si distinse per atti di valore, che gli meritarono elogi dai superiori, che ne stimavano altamente il prestigio, la virtù, il valore, l’eroismo, la capacità, l’esperienza, l’intuito, l’ardimento. Per le sue elettissime doti, fu deputato a governare Asti, Gallipoli di Scilla e Taranto. In Gallia gli fu affidato il comando di una fortezza che era posta ai confini con le linee nemiche. Fu strenuo lottatore contro i Turchi, che varie volte debellò lungo il litorale italiano, vendicando la morte del fratello Francesco, caduto nell’assedio di Nicia.
Tralasciando quelle imprese alle quali collaborò in Lombardia, in Piemonte, nelle Fiandre, mi preme mettere in risalto un episodio della nostra storia che evidenzia la figura e il valore del generale Carola. Risaliamo l’onda dei secoli. Con la pace di Cateau-Cambresis (1559), gli Spagnuoli avevano ottenuto il possesso definitivo del Ducato di Milano, dello Stato dei Presidi e del Regno di Napoli. Così per tutta l’Italia era cominciato il tristissimo periodo del dominio spagnuolo, periodo di servitù politica, di depressione morale, di decadenza intellettuale ed economica. L’odio contro la Spagna esplose prima nell’Italia settentrionale. E fu il cardinale Mazzarino, statista francese, ma di origine italiana, che con la sua diplomazia e strategia riuscì a coalizzare i Principi italiani del Nord contro la Spagna, e la sua azione fu coronata da successo. Ma chi gli propose di abbattere il giogo spagnuolo a Napoli fu Ippolito di Pastena, pescivendolo salernitano, nato nel rione Forcelle, uomo audace e ribelle. Questi indusse il Mazzarino a tentare un colpo di mano su Napoli per scuotere e demolire il dominio spagnuolo. Il cardinale Mazzarino affidò il comando della spedizione al principe Tommaso di Savoia. Questi, famoso per il valore dimostrato nella guerra di Fiandra, scese in Italia per sostenere i Napoletani in rivolta contro gli Spagnuoli. E l’11 agosto 1648, a capo della flotta francese, si presentò al cospetto di Marina di Vietri per conquistare la parte alta del paese e dei colli circostanti ed aprirsi la via per raggiungere Salerno. Le truppe francesi scesero a terra ed occuparono Marina di Vietri. Ma lo sbarco fu pagato a caro prezzo di sangue: infatti caddero 150 soldati francesi e mancò poco che il principe Tommaso non rimanesse vittima della sua audacia.
Il comando della “piazza” di Vietri era stato affidato al generale Pietro Carola, che aveva ai suoi ordini 500 uomini, metà spagnoli, metà volontari cavesi. I francesi ritentarono la prova ed ebbero fortuna. Ma per breve tempo. Difatti, quando il principe Tommaso si volle spingere fino al ponte di S. Francesco, all’ingresso di Cava, qui i cittadini cavesi, chiamati a raccolta dal suono della campane di tutte le chiese, tutti armati, al comando di Pietro Carola, non solo gli opposero forte resistenza, ma lo ricacciarono fino alla Marina, obbligandolo a rifugiarsi sulle navi.
Pietro Carola coronava la sua attività militare portando un generoso e valido contributo agli interessi della nostra Città, per la quale esplicò mansione di una certa importanza. Calò nella tomba il 21 marzo 1668. E il suo nome sarà ricordato sempre nell’epigrafe incisa nel mausoleo di stile barocco esistente nella chiesa della Municipalità cavese.

Panorama Tirreno, agosto 2008
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