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storia
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Anniversario del 9 settembre 1943: Operazione Avalanche, lo sbarco
Ricostruita dall’Associazione Salerno 1943 la storia di un bombardiere inglese precipitato nel
Salernitano
Matteo Pierro
Purtroppo, con il passare degli anni, la memoria di tale evento tende a
sbiadirsi. Le giovani generazioni spesso ignorano che lo sbarco di Salerno segnò una svolta nella storia della seconda guerra mondiale e fu la più grande operazione anfibia del conflitto, seconda per imponenza soltanto allo
sbarco in Normandia. Per ovviare a ciò chi scrive insieme ad altri appassionati collabora con l’Associazione Salerno 1943. Nello statuto dell’associazione viene chiaramente indicato che uno dei suoi obiettivi è preservare la memoria di tale evento e del periodo della guerra nel
salernitano, raccogliendo testimonianze, reperti, scritti e quant’altro possa contribuire a far conoscere questa pagina della nostra storia
recente.
Nel corso del tempo abbiamo raccolto una grande quantità di testimonianze riuscendo persino a ricostruire le storia di alcuni soldati
che combatterono nel salernitano. Come spiega Luigi Fortunato, attuale
presidente dell’Associazione: “Il nostro scopo è quello di dare vita a una esposizione permanente di quanto abbiamo recuperato
in questi anni permettendo a storici e appassionati ma anche a tutti gli
interessati di poter beneficiare del
Per avere un’idea di cosa significhi ricostruire la storia di quel periodo basti pensare al
tempo e alle risorse che sono necessarie per individuare le località in cui caddero gli aerei che parteciparono alla battaglia di Salerno o durante
la seconda guerra mondiale. L’Associazione Salerno 1943 si propone anche questo ambizioso obiettivo. Finora
abbiamo individuato ben 9 siti, nei dintorni di Salerno e Avellino, in cui
precipitarono aerei. Sono stati ritrovati e identificati, infatti, i luoghi in
cui precipitarono 3 aerei tedeschi (1 Focke Wulf 190, 1 Dornier Do217 e un
Junkers 87 Stuka) 3 inglesi (1 Spitfire, 1 Seafire e 1 Wellington) e 3
americani (1 B-17 Fortezza Volante, 1 A-26 Invader e 1 C-47 Dakota). Nella
maggior parte dei casi si tratta di luoghi di difficile accesso, in impervie
zone montuose. Quasi nulla è rimasto degli aerei precipitati dato che essi furono nell’immediato dopoguerra smembrati e portati a valle per essere venduti come
rottami. Si tenga presente che l’alluminio di cui erano fatti era un metallo prezioso in quegli anni in cui l’Italia usciva dissanguata e impoverita dalla guerra. Eppure dai pochi e piccoli
frammenti che è stato possibile recuperare mediante l’ausilio di metal detector si è riusciti a ricostruire la storia di alcuni aerei e dei loro equipaggi.
Ad esempio, alcuni mesi fa mi giunse notizia di un aereo schiantatosi sul
costone roccioso di una montagna a circa 30 km a sud di Salerno. Insieme a
Luigi Fortunato, Daniele Gioiello, Francesco De Cesare, Matteo Ragone e
Pasquale Capozzolo abbiamo organizzato un’escursione per cercare di identificare il punto d’impatto.
Grazie alle precise indicazioni ricevute da una persona anziana del posto ci
siamo inerpicati per lo scosceso pendio della montagna raggiungendone la cresta
dopo oltre 1 ora. Fin da subito sono stati rinvenuti frammenti d’alluminio, tipica testimonianza di un disastro aereo. Una volta esaminati con
attenzione ci siamo resi conto che mancavano i frammenti di lamiera in
alluminio che di solito componevano il rivestimento della fusoliera di molti
aerei mentre erano presenti un gran numero di pezzi di tubolari. Da essi
abbiamo compreso che si trattava di un Wellington, bombardiere inglese bimotore
con 5 uomini di equipaggio.
A tal proposito Francesco De Cesare spiega: “Il Wellington era un bombardiere unico nel suo genere. Era infatti realizzato
con una struttura geodetica fatta di tubolari di alluminio intrecciati fra di
loro come un canestro mentre il rivestimento della fusoliera era realizzato con
della semplice tela. Benché più costoso come procedimento costruttivo esso garantiva al velivolo una maggiore
resistenza al fuoco nemico. Non sono poche le foto in cui sono ritratti questi
bombardieri che sono riusciti a ritornare alla base nonostante grossi squarci
alla struttura provocati dalla contraerea o dai caccia nemici”.
Inoltre, il ritrovamento della matricola di un motore Hercules XVI n. SS14146
dava ottime speranze di identificare lo specifico aereo in quanto nei rapporti
relativi agli abbattimenti di aerei statunitensi sono quasi sempre presenti
anche i numeri matricolari dei motori. Ed invece, ho appreso che la stragrande
maggioranza dei rapporti riguardanti gli aerei inglesi non riportano le
matricole dei motori. A complicare la ricerca mancava la data esatta dell’impatto. A quel punto mi è venuto in aiuto lo storico inglese Mark Evans dal quale ho saputo che nel
cimitero militare di Salerno sono sepolti gli equipaggi di 8 Wellington
precipitati nei dintorni. Se da un lato questo ha aumentato il numero delle
possibilità dall’altro mi ha fornito le date degli abbattimenti. Tre date sono state scartate in
quanto i bossoli ritrovati erano stati prodotti dopo tali date o perchè erano riferite a Wellington che montavano un motore differente dall’Hercules.
Con queste date ho contattato l’ufficio storico della RAF in Inghilterra per chiedere di verificare se fra i
report di Wellington abbattuti nelle date in mio possesso ve ne fosse uno con
quel numero di matricola relativo al motore. Come temevo la risposta è stata nagativa in quanto nei 5 report era citato solo il numero di un motore
che non corrispondeva alla nostra matricola. La gentile signora che mi ha
risposto si è presa però la briga di riportarmi anche i posti dove gli aerei erano caduti ed uno era
esattamente quello da noi esplorato!
Daniele Gioiello spiega: “Abbiamo così appreso che la notte del 21 aprile 1944 il Wellington LN385, appartenente al
150° Squadrone della RAF di base ad Amendola in Puglia, era partito per un
bombardamento su Porto Santo Stefano in Toscana. Di ritorno dall’operazione, nei pressi della costa salernitana, il bombardiere dovette subire un
attacco aereo, prova ne sono il gran numero di bossoli esplosi da noi
ritrovati. Alle ore 23.23 il report afferma che venne udita una richiesta di
QMD proveniente dall’aereo LN385. Essa fu udita di nuovo debolmente alle 01.06 del 22 aprile dopo di
che si perse il contatto radio”.
Quello che è potuto accadere non ci è ancora noto nei dettagli. Posso solo fare delle supposizioni: Forse l’aereo era stato colpito sulla via del ritorno ed era in avaria? Oppure ad essere
stati colpiti furono i piloti (essi infatti risultano deceduti il giorno 21\04
mentre il resto dell’equipaggio risulta caduto il 22\04) e gli altri uomini cercavano di rientrare
alla base? Ulteriori ricerche in corso dovrebbero far luce sulla loro vicenda.
Per il momento ho scoperto che l’aereo da noi identificato, l’LN385, è stato utilizzato dalla Trumpeter, un produttore di modellini aerei, per
riprodurre in scala un bombardiere Wellington. Di solito le scelte della casa
modellistiche di dare una certa matricola ai loro modellini ricadono su aerei
che hanno partecipato a importanti azioni. Speriamo perciò di riuscire a ricostruirne l’attività.
Ma chi era lo sfortunato equipaggio di quest’aereo? Ecco i loro nomi: Tenente A. d. W. Nussey pilota; Secondo Tenente D. G. Webster navigatore; Sergente Bernard Alan Lincoln puntatore; Sergente John Green radioperatore e mitragliere; Sergente Frank Banks
mitragliere. Il pilota aveva solo 19 anni! Gli altri membri dell’equipaggio non superavano i 23 anni. Il tenente Nussey e il tenente Webster
erano sudafricani, mentre gli altri erano inglesi. Come capitava spesso per
molti equipaggi della RAF, vi era una buona percentuale di uomini provenienti
da altre nazioni del Commonwealth. In questo caso 2 sudafricani e 3 inglesi ma
altri equipaggi avevano aviatori neozelandesi, australiani, etc.
Le loro tombe si trovano nel cimitero di guerra situato ai margini della strada
statale 18 che da Salerno porta a Battipaglia insieme a quelle di altri 1.842
caduti del Commonwealth. Una breve visita a questo sacrario potrebbe aiutare
molti a riflettere su quanto tragica e insensata sia la guerra e, ricordandone
le cause, a evitare di commettere gli stessi errori che diedero il via al più sanguinoso conflitto della storia umana di cui l’operazione Avalanche fu un significativo episodio.
Nelle foto: i ricercatori Francesco De Cesare, Pasquale Capozzolo, Daniele
Gioiello, Luigi Fortunato e Matteo Ragone;
un bombardiere Wellington in azione.
Panorama Tirreno, ottobre 2010
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