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attualità
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Prolusione in occasione della consegna del premio “Cavesi nel mondo” a Mario Avagliano
di Enrico Passaro
Premio “Cavesi nel Mondo”: era il 1982 quando fu assegnato per la prima volta a Gino Palumbo, grande
giornalista e direttore editoriale della Gazzetta dello Sport. A parte la
considerazione che dopo 34 anni il riconoscimento torna ad un giornalista
(Mario Avagliano, oltre che storico, scrittore, responsabile della
comunicazione dell’ANAS, è giornalista da più di un ventennio... Ma di questo parleremo dopo) consentitemi di soffermarmi per
qualche attimo sull’origine di questo premio. Sottraggo qualche minuto a Mario per ricordare le 2
persone che hanno ideato, voluto, sostenuto e portato avanti le prime edizioni
del premio: Enrico Salsano, che ebbe tanti meriti nei suoi 21 anni di
presidenza dell’Azienda Autonoma di Soggiorno e Turismo, dal recupero del Borgo Scacciaventi, al
lancio della Disfida dei Trombonieri, dal ripristino e l’abbellimento di Piazza San Francesco (provvisorio, prima che diventasse, non per
colpa sua, per sempre un parcheggio) all’invenzione del Premio Cavesi nel Mondo. Enrico Salsano merita il ringraziamento
per quello che ha fatto da brillante, onesto e attivissimo presidente dell’Azienda di Soggiorno e merita di essere ricordato ora, in questa cerimonia, e
per sempre, magari con l’intitolazione di una strada o di una piazza. Affido questo messaggio agli
amministratori locali, sperando che vorranno tenerlo in considerazione.
L’altra persona da ricordare è Raffaele Senatore, direttore dell’Azienda di Soggiorno, che lavorò al fianco di Enrico Salsano dando il suo contributo vitale per il successo di
tante iniziative, come ad esempio la partenza di una tappa del Giro d’Italia da Cava nel 1982 - in quella occasione, in questa stessa aula consiliare,
fu inaugurato il premio Cavesi nel Mondo, attribuendolo a Gino Palumbo - e l’arrivo a Cava di due tappe, nel 1984 e nel 1997.
Dopo questo breve ma, credo, doveroso tributo ai “padri fondatori” del Premio Cavesi nel Mondo, vengo a Mario Avagliano.
Viviamo entrambi da diversi anni lontani da Cava, ma le nostre vite si sono
incrociate spesso e per svariati motivi: un po’ per la comune passione giornalistica, un po’ grazie all’attività ultra venticinquennale di Panorama Tirreno, il periodico fondato da Biagio
Angrisani e me nel 1989, e quella decennale di Cavanotizie, un po’ per qualche pubblica declamazione di pagine di suoi libri che Mario ha voluto
affidarmi, un po’ per motivi di lavoro, grazie ai quali ci siamo incontrati per le strade e
autostrade d’Italia. “Strade e autostrade” è proprio il caso di dirlo, giacché Mario è dirigente dell’ANAS e responsabile delle relazioni esterne e della comunicazione del Gruppo.
Dirige oltre 30 risorse a livello centrale e territoriale.
Fra meno di una settimana ci rivedremo di nuovo da qualche parte sugli Appennini
calabresi per un avvenimento storico: la cerimonia di completamento dell’autostrada Salerno-Reggio Calabria. Giornata veramente storica, ma la chiudiamo
qui, giacché non c’entra molto con la nostra Cava de’ Tirreni, se non per il fatto che in mezzo a quei monti calabresi, in una data
indimenticabile nella storia di un’opera che si credeva non sarebbe mai stata conclusa, ci saranno 2 cavesi a
organizzare il taglio del nastro... E’ il caso di dire: “passeri, frungilli e cavajuoli...” con quel che segue.
Eravamo poco più che dei giovanotti quando di tanto in tanto Mario passava dal quello che all’epoca era il mio ufficio al Ministero del Tesoro ed io da quello che era il suo
alla Presidenza del Consiglio. Anche lui come me si era da qualche anno
trasferito a Roma e lavorava all’Ufficio Stampa di Palazzo Chigi.
La formazione culturale di Mario nasce da un misto di passione giornalistica,
interesse per la storia, e in particolare la storia contemporanea, e attrazione
verso la politica.
Del giovanissimo Mario sappiamo che dopo aver frequentato le elementari nel
Complesso di San Giovanni e a Sant’Arcangelo, già alla medie alla scuola Carducci fondò, insieme ad alcuni compagni, il “Carduccino”. Per inciso, in classe con lui in quegli anni c’era un certo Marco Galdi, futuro sindaco della città.
Finite le medie, il nostro Avagliano frequentò il liceo Marco Galdi, dove conseguì la maturità nel 1985 e, tanto per cambiare, si dedicò fra l’altro a scrivere sul giornale del liceo, che si chiamava “Caleidoscopio”. Mario per la verità già allora aveva la velleità di romanziere e si dilettava a scrivere versi e racconti. Ma il giornalismo lo
attirava particolarmente e, da bravo Cavajuolo, scrisse nel 1980 il suo primo
articolo sui portici (non poteva essere diversamente, il titolo era “Tutela e valorizzazione dei Portici di Cava”). Aveva 14 anni. Il giornale che lo pubblicò fu “Il Castello” di Domenico Apicella, il grande Mimì, che in tanti anni di vita del suo giornale, ha avvicinato moltissimi giovani
alla professione di giornalista.
[Apro qui una parentesi, dirò una cosa che a qualcuno sembrerà strana o azzardata, ma l’ho riscontrata vivendo a lungo lontano da Cava, confrontando gli stimoli e le
opportunità che questo piccolo centro del Sud riesce ad offrire ai giovani che hanno voglia
di fare, hanno interessi, passioni, attitudini, iniziativa, rispetto ad altre
realtà anche più grandi ma spesso anonime, amorfe, piatte. In questo credo che Mario sia d’accordo con me: Cava riesce ad offrire opportunità di crescita e di formazione ai giovani che vogliono impegnarsi. Lo ha fatto e
in parte continua a farlo con le sue testate giornalistiche periodiche, con le
associazioni culturali e artistiche, con i suoi momenti di aggregazione e gli
spazi di iniziativa. E così da decenni si riscontra a Cava vivacità giornalistica non comune, ricerca nel campo del folclore, presenza di talenti
teatrali (in una città che non ha un vero teatro!) e così in svariati ambiti culturali e artistici... Insomma, Cava sa essere viva e
vitale per i giovani che hanno voglia di mettersi in gioco, cosa che non è sempre facile riscontrare altrove. Poi il salto di qualità, l’affermazione, il successo sono giustamente merito di chi ha tenacia, forza e
talento, ma credo che dobbiamo saper essere grati a questa città per gli stimoli e le opportunità che talvolta riesce ad offrire. Chiusa parentesi].
La storia personale di Mario Avagliano è un chiaro esempio di tutto questo.
Mario aveva la passione per il giornalismo e ha cominciato a collaborare con “Il Castello” di Mimì Apicella ed anche con “Il Pungolo” di Filippo D’Ursi. Poi contribuì alla nascita di “Scacciaventi”, insieme ad un gruppo di giovani molto agguerrito e motivato. Il periodico, tra
l’altro, era diretto da Tommaso Avagliano, il papà di Mario, e ricordo che aveva delle pagine culturali interessantissime.
Poi ha fondato “Noi Giovani” un altro periodico cittadino e ha collaborato al mio giornale, “Panorama Tirreno”.
Ma Mario aveva anche una forte motivazione politica e si impegnò alla rifondazione della Figc (la Federazione dei giovani comunisti che a Cava
negli anni 70 era stata molto attiva sotto la spinta dei giovanissimi Achille
Mughini, Raffaele Fiorillo e Flora Calvanese, tanto per citarne solo alcuni).
Era il 1987. Nel 1988 divenne a 22 anni uno dei più giovani consiglieri comunali. Tra le sue battaglie da consigliere, quelle per
la chiusura al traffico del centro storico, per la raccolta differenziata dei
rifiuti, per il recupero dei contenitori culturali.
Sempre in campo politico, Mario ha fatto parte della segreteria del
coordinamento provinciale dei giovani del Pds (per inciso, il segretario della
federazione era all’epoca un certo… Vincenzo De Luca) e partecipò al congresso nazionale della Sinistra Giovanile. Nel 1993, in occasione delle
prime elezioni dirette del sindaco in base alla nuova legge, Mario svolse un
ruolo importante e determinante per la costituzione a Cava della lista Alleanza
di Progresso. Il candidato sindaco era il 35enne Raffaele Fiorillo, che sfidò al ballottaggio Eugenio Abbro.
Ricordiamo tutti che Fiorillo, con alle spalle la forza omogenea e compatta di
Alleanza di Progresso, vinse le elezioni e quella fu la prima volta per le
sinistre nella storia di Cava.
Mario Avagliano si laureò nel 1989 in Giurisprudenza all’Università di Salerno (110 lode e plauso accademico, che ve lo dico a fare!), lasciò la politica attiva e decise di frequentare la Scuola di specializzazione in
Giornalismo e Comunicazioni di Massa della Luiss. Anche lì ha conseguito il massimo dei voti e, curiosità interessante e di particolare attualità in questi giorni di dopo-referendum sulle riforme costituzionali, ha presentato
una tesi sulla storia della Bicamerale per le Riforme vista dal lato della
stampa.
Da giornalista professionista aveva cominciato a collaborare con diverse
testate: Il Mattino di Padova, Il Messaggero, L’Informazione, il GR2 di Radio Rai (si aggiungeranno poi Il Mattino di Napoli, Il
Corriere del Mezzogiorno, La Città, Il Giornale di Sicilia e tanti altri).
Lavorò poi all’Ufficio Stampa della Presidenza del Consiglio, durante 3 governi, fino a
diventare addetto stampa del Sottosegretario alla Presidenza Enrico Micheli e
poi portavoce del Ministro dei Lavori Pubblici.
In quegli anni Mario ed io facevamo… “traffico di articoli”. Mario aveva deciso di onorare Panorama Tirreno della sua giovane firma e mi
passava i pezzi dattiloscritti. Che fatica in quegli anni (erano i primi anni
90). Un via vai incessante di fogli di carta dattiloscritti da Cava a Roma, per
essere ricopiati su computer e impaginati nei primi programmi di editoria
elettronica dell’epoca. Mica come ora, che viaggia tutto on line in tempo reale. Un bel giorno
Mario mi sottopose una bella idea e una grande intuizione: “Vorrei scrivere una serie di articoli sulla storia di Cava dallo sbarco degli
Alleati a Salerno fino alla fine degli anni 60”. Splendida idea, li pubblicammo a puntate da dicembre 92 ad agosto 93. Pagine
inedite, interessantissime, costruite anche attraverso i ricordi di alcuni
protagonisti di quegli anni: Riccardo Romano, Amalia Coppola, Peppino Della
Monica.
Articoli straordinari questi di Mario Avagliano, in cui si guarda per la prima
volta con un occhio attento e rigoroso alla storia di quegli anni, dallo sbarco alleato e le giornate terribili cavesi sotto il fuoco incrociato di
alleati e tedeschi, agli anni della ricostruzione, alla condizione contadina e
operaia, all’affermazione della DC a Cava, alla nuova classe borghese, al Circolo Sociale e
alla nascita del Tennis Club. E tanti, tanti personaggi storici della nostra
città: oltre ai citati Riccardo Romano, Amalia Coppola e Peppino Della Monica, in
quelle pagine si parla di Mario Coppola, Gaetano Avigliano, Renato Paolillo, Giovanni Pagliara, Enrico Albano, Pasquale Panza, Gian Battista Martoccia,
Gaetano Lambiase; e poi Eugenio Abbro, Mario Pisapia, Renato Di Mauro, Franco
Gravagnuolo, il barone Formosa, Eugenio Gravagnuolo, Mario Prisco, Maria
Casaburi, Federico De Filippis, Benedetto Accarino, Salvatore Apicella,
Francesco Rossi, Antonio Biondi, Angelo Vella, due operaie della Manifattura
Tabacchi, Maria Benincasa e Filomena Placido, che furono elette consigliere
comunali.
Consiglio a chi è interessato di andare a leggere quelle pagine di storia cavese. Panorama
Tirreno le ha ripubblicate nel 2000 in un inserto speciale sul Novecento
cavese, e sono disponibili sul sito del giornale (www.panoramatirreno.it) per
chiunque voglia tuffarsi nel fervore di quegli anni.
Poi nel 1996 Mario mi propose la pubblicazione, sempre su Panorama Tirreno, di
un articolo su Sabato Martelli Castaldi nel centenario della sua nascita.
Sabato Martelli Castaldi era nato a Cava, a Santi Quaranta. Aveva avuto una
brillante carriera in aeronautica, ma aveva avuto l’ardire di scrivere un rapporto a Mussolini denunciando le pessime condizioni
della flotta aerea italiana. Per la sua onestà e sincerità ricevette in cambio l’allontanamento dal corpo militare. Fu individuato come oppositore del regime e
incarcerato in via Tasso. Qui scrisse le sue bellissime lettere, che Mario ha
raccolto e pubblicato. Poi, a seguito dell’attentato di via Rasella, i nazisti decisero la rappresaglia: 10 italiani per
ogni tedesco ucciso. Da qui l’eccidio delle Fosse Ardeatine. C’era anche Martelli Castaldi fra le 335 vittime innocenti della furia nazista.
Una storia drammatica, intensa e struggente, descritta da Mario con rigore,
serietà e senza alcuna retorica. La pubblicammo subito, poi gli dissi: “Mario, secondo me devi approfondire l’argomento e tirarne fuori un bel libro”... Non l’avessi mai detto: da allora Mario non si è più fermato. Pubblicò subito, per Avagliano Editore, “Il Partigiano Tevere”, sulla vita di Sabato Martelli Castaldi, con una prefazione di Vittorio Foa.
Così si esprime Mario Avagliano nella presentazione: «Quando si scrive di Resistenza, si rischia sempre di cadere nella retorica. Ma
in tempi come questi, caratterizzati da un revisionismo a volte giustificato, a
volte esagerato, anche una storia “minore” può servire a far luce su quel periodo. Tanto più se si tratta di una storia esemplare». E l’esempio del cavese Martelli Castaldi fu senza dubbio esemplare.
La prefazione del libro fu curata da Vittorio Foa, grande scrittore, politico e
sindacalista, che così descrisse la sua partecipazione emotiva nel leggere quelle pagine: «Ancora una volta l’emozione prende alla gola quando si legge delle Fosse Ardeatine. Mario Avagliano
ci riporta a quell’evento con pietà e discrezione, ma con dettagli sufficienti a farcene cogliere il limite della
disumanità: 335 uomini uccisi uno per uno con un colpo alla nuca; un massacro anonimo,
quello che contava era il numero degli uomini da uccidere... Anche a distanza
di cinquant’anni quella emozione non si attenua».
Come dicevo, Mario non si fermò lì, ci prese gusto, e nel 1997 pubblicò Roma alla macchia. Personaggi e vicende della Resistenza; poi Il Cavaliere dell’Aria, su un altro grande cavese, l’asso dell’aviazione Nicola Di Mauro 1998, (una parentesi: anche questo libro era stato
anticipato da un ampio articolo di Mario pubblicato su Panorama Tirreno,
esattamente nel novembre del 1997), “Muoio innocente”. Lettere di caduti della Resistenza a Roma, Cento anni di storia meridionale
nei ricordi di Alfonso Menna, 1999, Imprese e acquisizione di risorse 2001, Generazione ribelle. Diari e lettere dal 1943 al 1945, per Einaudi, 2006,
Gli Internati Militari Italiani. Diari e lettere dai lager nazisti 1943-1945,
Einaudi 2009, Gli ebrei sotto la persecuzione in Italia. Diari e lettere 1938-1945, Einaudi 2011, Voci dal lager. Diari e lettere
di deportati politici italiani 1943-1945, Einaudi 2012, Il partigiano
Montezemolo, 2013, Di pura razza italiana. Gli italiani “ariani” di fronte alle leggi razziali, 2013, Vincere e vinceremo. Gli italiani al
fronte, 1940-1943, Il Mulino, 2014.
Grazie a questa prolifica e documentatissima attività editoriale Mario è stato riconosciuto come uno dei più qualificati storici della Resistenza e della Shoah, con svariate partecipazioni
a programmi televisivi su argomenti di storia contemporanea e diversi premi
aggiudicati:
3 riconoscimenti con il libro “Il partigiano Montezemolo”, il Premio Cultura “Come Santa Barbara” di Rieti, il Premio “Fiuggi Storia” Sezione Biografie, e il 5º Premio “Gen. Div. Amedeo De Cia” Sezione saggistica storica;
con il libro “Gli Internati Militari Italiani”, il 7° “Premio Renato Benedetto Fabrizi” Anpi nazionale - Sezione saggistica storica.
Mario è inoltre membro del Comitato d’onore scientifico e culturale della Fondazione del Museo della Shoah di Roma,
dell’Irsifar (Istituto romano per la storia d’Italia dal fascismo alla resistenza), della Sissco (Società italiana per lo studio della storia contemporanea) e del comitato scientifico
dell’Istituto storico “Galante Oliva”. Ha tenuto lezioni all’Università Gregoriana di Roma e lezioni di storia contemporanea all’Università La Sapienza, all’Università del Lussemburgo e all’Università di Dresda.
Tanti riconoscimenti, come vedete, alla sua prolifica produzione letteraria.
Molta di questa è stata redatta insieme al collega giornalista Marco Palmieri, membro dell’Istituto romano per la storia d’Italia dal fascismo alla resistenza e della Società italiana per lo studio della storia contemporanea. Insieme sono attualmente per
la Marlin Editore, casa editrice della famiglia Avagliano, a cui accenneremo
anche dopo, Direttori della collana “Filo spinato”, unica in Italia che raccoglie memorie di guerra, prigionia e deportazione,
accompagnate dalla riproduzione di documenti e immagini inedite.
Pagine e pagine documentatissime, quindi, su un preciso periodo storico. Mi
astengo in questa sede dal riportarvi le tante pagine di commento che illustri
storici, giornalisti e saggisti hanno dedicato ai libri di Mario Avagliano e
Marco Palmieri: da Aldo Cazzulo a Massimo Bray, da Roberto Olla a Amedeo Osti
Guerrazzi, da Vittorio Foa (di cui pure abbiamo letto un emozionante brano di
una sua prefazione) a Alessandro Portelli, da Franco Marcoaldi a Giuliano
Vassalli, e ancora… ancora tanti altri. Sono troppe e non ci resterebbe il tempo.
Qui mi permetto di dire io una cosa: a Mario dobbiamo essere grati, prima che da
cittadini cavesi, da cittadini italiani ed europei. Perché oggi un cinquantenne tiene viva la memoria delle vittime della guerra più atroce della nostra storia, attraverso decine e decine di documenti, diari e
lettere raccolte su ebrei, internati civili e militari, italiani al fronte. Un
cinquantenne ravviva un ricordo che non deve mai morire e che oggi rischierebbe
di essere dimenticato, perché gli ultimi testimoni veri di quelle atroci vicende stanno scomparendo e lui,
insieme all’amico Marco Palmieri, sta minuziosamente ricostruendo tassello per tassello gli
ultimi momenti di vita di tanti perseguitati uccisi dalla ferocia fascista e
nazista.
Guai a perdere quel ricordo, guai a ridurre all’oblio un’epoca tragica e malvagia. Sapremo essere buoni testimoni del nostro tempo e si
potrà costruire un futuro migliore soltanto se continueremo sempre a tenere alto il
ricordo di quella tragedia. E di questo dobbiamo dire grazie anche al tenace
lavoro di Mario Avagliano.
Da cavese poi mi piace pensare che questo ruolo di scrittore esercitato da
Mario, riferito a quella precisa epoca storica del nostro Paese, si è tracciato sul solco di un ricorrente esempio che ha visto coinvolto la nostra
città. Mi direte, che c’entra Cava in particolare con la storia della seconda guerra mondiale, con i
campi di concentramento, con gli ebrei, gli internati.
Ebbene c’entra. Almeno per 2 motivi.
Perché a Cava e nelle montagne intorno a Cava è passato il furore distruttivo dei giorni successivi allo sbarco degli Alleati a
Salerno, che tante giovani vite di soldati ha stroncato. Perché Mamma Lucia - Lucia Apicella, la nostra Mamma Lucia - è stata la prima testimone di una sorta di censimento sommario di quelle vittime.
Perché Mamma Lucia con la sua pietà e carità ha cercato di ridare dignità a delle vite stroncate e a dei corpi abbandonati nelle campagne. Perché Mamma Lucia è stata la prima ambasciatrice della riappacificazione dell’Italia con il popolo tedesco.
Permettetemi di leggere alcune righe scritte da Domenico Apicella sulla vicenda
di Mamma Lucia:
«Tombe comuni di tedeschi caduti e sotterrati con dieci centimetri di terra si
trovavano un po’ dappertutto, e nemmeno le autorità ebbero il tempo od il pensiero di preoccuparsene, neppure per ragione di
pubblica sanità. Mamma Lucia e la sua compagna, facendosi collaborare da altri giovani
volenterosi, provvidero con un lavoro paziente, amorevole e pericoloso a
raccogliere tutte le salme tedesche, a ripulirne le ossa, a sistemarle in
cassettini di zinco ed a portarle al Cimitero di Cava. Furono rilevate le
piastrine di riconoscimento di quei caduti che ancora le avevano, e per gli
altri fu custodito tutto ciò che potesse farli riconoscere dagli oggetti personali quando sarebbe stato il
tempo. I cassettini furono poi traslocati nella antica chiesetta di S. Giacomo,
che divenne così il Sacrario dei caduti tedeschi in attesa che potessero essere restituiti ai
familiari residenti in Germania. Le donne tedesche la benedissero e la vollero
in Germania, perché potessero abbracciarla e manifestarle i sentimenti di affetto e di gratitudine
per la grande opera umanitaria. Il viaggio di Mamma Lucia attraverso la
Germania fu un’apoteosi di fratellanza e di amore. Il Sindaco di Roma le conferì una medaglia d’oro capitolina appositamente coniata. Il Papa la ricevette in Vaticano per
impartirle la sua particolare benedizione».
Sentite infine come andò l’incontro con una mamma di un soldato tedesco morto nelle nostre campagne, nel
racconto che Lucia Apicella fece al grande giornalista e scrittore Giuseppe
Marotta che venne a Cava a intervistarla:
«Mi invitarono in Germania e restituii alla madre del caporale Joseph Wagner un
anello, un portasigarette e un orologio che essa gli aveva regalato nel 1940.
Lo sventurato giaceva in un burrone della Montagna Spaccata a Nocera Inferiore,
fu l’unico morto segnalatomi nei paraggi. Basta, durante il viaggio mi tormentavo,
giustamente... Che faccio, entro nella casa, buondì signora Wagner, buondì, e arriviamo al momento che le porgo gli oggetti nudi e crudi? No, belli di
mamma, occorreva un intervallo, un respiro... c’era bisogno di un pacchetto da svolgere delicatamente, lentamente... dunque a
Roma, in un magazzino, espongo la mia necessità e mi regalano tutto, carta velina, spago di seta, un magnifico astuccio. Parola
mia, fu un’ispirazione dell’Addolorata! Figuratevi la stanza del ragazzo, con i lumini e i fiori davanti al
suo ritratto sulla mensola, figuratevi quella infelice che le tremano le dita
mentre tocca la scatola e riconosce dalla forma, a poco a poco, l’orologio, il portasigarette, l’anello. Ne avevo sofferte tante... eppure che strazio, abbiate pazienza, un tale
incarico non lo accetterò mai più».
Perdonatemi per questa divagazione, ma sono pagine molto belle di letteratura e
di vita che mi piaceva ripercorrere con Mario e con tutti voi, perché su questa traccia, come dicevo, su questa epoca, su vicende simili di vite
martoriate e spezzate, si è mosso il lavoro di ricerca di Mario Avagliano.
E ancora, il secondo motivo. Su questa traccia, su questo periodo storico, si
colloca un altro nome caro ai cavesi, il nome di una cavese adottiva, di più, di una cavese onoraria: Settimia Spizzichino.
Settimia Spizzichino era un’ebrea romana (lo dico per i più giovani che forse la sentono nominare per la prima volta), unica donna
sopravvissuta al rastrellamento del Ghetto di Roma del 16 ottobre 1943. 1022
ebrei furono catturati dai tedeschi e trasportati nei campi di concentramento.
Ne ritornarono solo 17 e Settimia fu l’unica donna rimasta viva.
Settimia decise di dedicare la sua vita a tramandare il ricordo, parlando ai
giovani, accompagnandoli in visita ad Auschwitz. E in questo suo percorso ha
incontrato Cava de’ Tirreni. Qui Settimia è stata sollecitata a scrivere le sue memorie.
Ne scaturì il libro “Gli anni rubati”, edito dal Comune di Cava de’ Tirreni e pubblicato nel 1996, grazie anche alla collaborazione di Teresa
Avallone e Federica Clarizia, operatrici della Biblioteca comunale, e di Franco
Bruno Vitolo, che hanno curato tutta la parte riguardante la documentazione
storica e il repertorio fotografico.
In seguito Settimia Spizzichino è tornata più volte a Cava a incontrare gli studenti e il 10 dicembre 1998 (nel giorno del
50esimo anniversario della Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo), le è stata conferita la nomina di “Cittadina Onoraria di Cava”. “Gli anni rubati” è stato oggetto di una ristampa nel 2004 a seguito di innumerevoli richieste di
copie giunte da ogni parte d’Italia e del mondo.
Ecco, con questi due grandi esempi, oltre naturalmente al sacrificio di Sabato
Martelli Castaldi alle Fosse Ardeatine, che ha ispirato il primo libro di Mario
Avagliano da cui tutto è scaturito, mi piace pensare che Mario, da cavese attento e sensibile alla
storia recente di questa città, abbia dato un prezioso contribuito non solo alla nostra città, ma all’Italia e all’Europa, per conservare il ricordo e valorizzare il significato dell’esperienza di un’epoca che mai più dovrà ritornare, nonostante fosche avvisaglie che di tanto in tanto si colgono in
giro per l’Europa.
Un piccolo aneddoto ci aiuta a comprendere il senso dell’utilità anche per la nostra città della ricerca storica intorno alle nostre radici. Sabato Martelli Castaldi fu
ucciso dai nazisti il 24 marzo 1944. Il suo nome rimase pressoché nel dimenticatoio a Cava fino al 2 maggio 1960, allorché Mimì Apicella, il solito Mimì Apicella, scrisse un appassionato articolo sul Castello, che ebbe il pregio di risvegliare nella memoria addormentata di Cava de’ Tirreni il ricordo di un eroe che aveva dato la vita per la libertà. Il risultato fu che un mese dopo la pubblicazione di quell’articolo, esattamente il 4 giugno, il sindaco dell’epoca Raffaele Clarizia e il consiglio comunale disposero l’intitolazione di una strada alla memoria del generale.
Mi viene da dire, bei tempi quando l’amministrazione cittadina dava retta alla stampa locale!
Ma anche a Mario è riuscito più o meno lo stesso miracolo: pochi mesi dopo la pubblicazione nel 1997 dell’articolo su Panorama Tirreno dedicato a Nicola Di Mauro e alla successiva
pubblicazione del libro “Cavaliere dell’aria” e grazie a quelle pubblicazioni, ottenne l’intitolazione della Piazzetta Nicola Di Mauro nello spazio antistante la chiesa
del Purgatorio e l’ex pretura.
Che dire di più?
L’amore di Mario Avagliano per Cava. E’ assoluto, fuori discussione. Un cavese che ha vissuto più o meno metà della sua vita a Cava, dove ha studiato e si è laureato, e più o meno l’altra metà lontano da Cava, a Roma, dove ha perfezionato gli studi, vive e svolge il suo
lavoro... ma Cava non l’ha mai abbandonata. Oltre al suo contributo di storico e scrittore di cui
abbiamo appena parlato, porto una banale testimonianza diretta e privata. Ho
detto che ci incontriamo di tanto in tanto in giro per lavoro e spesso ci
ritroviamo a cena insieme ai nostri colleghi in qualche ristorante della
Penisola. Si parla del più e del meno, piacevolmente, amabilmente... ma dove si finisce inevitabilmente a
trascinare l’attenzione anche dei nostri commensali le cui origini sono ben diverse dalle
nostre? Su Cava de’ Tirreni. E lo facciamo sempre con un’enfasi studiata e pacata, apparentemente obiettiva, ma smaccatamente partigiana,
e costruita in modo da sollecitare l’interesse, il desiderio di conoscerla, per chi non la conosce, e di ritornarci,
per chi ha avuto la fortuna di venirci già in questa bella valle metelliana. Insomma, altro cha azienda di promozione
turistica, con Mario il Brand Cava de’ Tirreni si valorizza giorno per giorno, anzi, cena per cena.
E fosse solo questo! Quanti articoli ha scritto Mario sulla nostra città, a partire da quel primo pezzo sui portici pubblicato sul Castello; quanti post
su facebook e su Twitter. Mario è direttore responsabile di varie testate giornalistiche, ma in particolare
voglio ricordare del periodico più diffuso sul nostro territorio: Cavanotizie. Sempre informato, sempre
documentato, ogni mese il suo editoriale è un esempio di equilibrio, consapevolezza, esempio e stimolo. Editoriali ricchi
di spunti, di consigli, di critiche, anche severe, ma raccontate con sobrietà, educazione, intelligenza e rispetto, che sono i tratti del suo carattere e
della sua ricca formazione culturale, politica e sociale.
Per concludere, non mi resta che complimentarmi con lui per la meritata nomina,
ma anche con la sua bella famiglia. Con quella di origine e cioè:
col papà Tommaso, anche lui scrittore e storico cavese, che ricordiamo fondatore con
Sabato Calvanese del Centro d’Arte e Cultura “Il Portico” (che guidò dal 1972 al 1997) e poi titolare prima della “Avagliano Editore” e poi della Marlin insieme a uno dei due fratelli di Mario, Sante. Insieme
hanno messo su un catalogo di più di 500 titoli e hanno reso qualificata e di qualità riconosciuta a livello nazionale e internazionale la loro casa editrice che
guidano con grande entusiasmo e a cui anche lo stesso Mario collabora, come
abbiamo visto;
con la mamma Rosalia Redi, che ha un bel da fare in questa famiglia così operosa;
con l’altro fratello Luciano, funzionario delle Ferrovie dello Stato. Anche con lui
capita di incontrarsi per lavoro in giro per l’Italia, tanto che vien voglia di modificare il detto in “passeri, Avagliano e cavajuole, addò vaje llà ‘e truove!”.
Ma soprattutto con la sua bella famiglia personale:
con la moglie Anna Cillo, che certo deve avere tanta pazienza con questo marito
così impegnato....
e con i figli Alessandro e Chiara.
In conclusione:
Dio ti benedica Mario, per tutte le cose belle che hai fatto e che continuerai a
fare.
Un grazie sincero e affettuoso da tutta la comunità di cavesi che oggi è qui a festeggiarti.
Complimenti per la scelta effettuata al Rotary Club di Cava de’ Tirreni e alla Commissione di assegnazione presieduta dal Sindaco Vincenzo
Servalli, e composta dall’Arcivescovo di Amalfi-Cava Mons. Orazio Soricelli, da Dom Michele Petruzzelli,
Abate Ordinario dell’Abbazia della SS. Trinità, dal Dott. Fabrizio Budetta, Presidente del Rotary Club Cava de’ Tirreni, e dall’Arch. Mario Grassia, Commissario Liquidatore dell’Azienda di Soggiorno e Turismo.
E tanti, tanti complimenti a te Mario, che, dopo Gino Palumbo, Mario Amabile,
Rocco Moccia, Renato Di Mauro, Sabato Palazzo, Giuseppe Senatore, Luigi e
Albino Carleo, Fernando Salsano, Bruno Apicella, Dom Faustino Avagliano,
Giuseppe Murolo, Francesco Della Corte e Matteo Santin, diventi oggi, con onore
e merito, il 15° Cavese nel Mondo.
Cava de’ Tirreni, aula consiliare
17 dicembre 2017
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