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Dall’alto in basso alcune immagini di Buenos Aires:
- la Casa Rosada, sede del Presidente della Repubblica argentina
- Porto Madero sul Rio de la Plata
- l’antico Cafè Tortoni
- la “Bombonera”, lo stadio “Alberto José Armando”, campo di calcio del Boca Juniors
- poster autografato in un ristorante di Baires
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Panorama oltre il Tirreno
Baires tra tradizione e modernità, l’italiano è di moda
Nella capitale argentina da San Telmo a Porto Madero e con i piedi sul prato del Boca
Enrico Passaro
Buenos Aires oggi, una città enorme, a tratti moderna e a tratti antica, a tratti povera e a tratti ricchissima. Ma i suoi sapori non cambiano. La seconda metropoli del Sudamerica è costituita da milioni di persone e la sensazione è che di questi la maggior parte sia brava gente, dignitosa, gentile. Dipenderà probabilmente dall’approccio diverso di un italiano rispetto a quello di un qualsiasi altro straniero, per una più benevola predisposizione al dialogo e alla reciproca conoscenza, sia da parte loro che da parte nostra, ma per noi l’Argentina è una bella terra e i suoi abitanti care persone. Punto. Se ne incontrano di italiani da queste parti! Ce ne sono circa 900mila in tutta l’Argentina, insieme costituiscono la quarta città italiana. Buenos Aires, con i suoi scarsi 300mila, conta più o meno gli stessi abitanti di Catania.
Il legame è tuttora fortissimo. E non è una questione di vecchia emigrazione. Dell’attaccamento all’Italia anche delle giovani generazioni ho avuto una prova personale e tangibile. In un negozio di articoli sportivi, cercavamo di farci capire in inglese per l’acquisto di una maglietta bianco celeste della loro nazionale. Una commessa si è offerta di tradurre direttamente dall’italiano. Era naturalmente figlia e nipote di italiani. Emozionata e con gli occhi lucidi ci ha raccontato con orgoglio di aver ottenuto da poche settimane la cittadinanza nel nostro Paese, frutto di una fatica di un paio d’anni vissuti tra le pastoie burocratiche. I suoi genitori avevano assecondato tiepidamente il suo desiderio di ottenere il passaporto e aveva fatto tutto da sola presso il consolato: visti, documenti, autorizzazioni, fino all’agognato riconoscimento. A quel punto si stava preparando al viaggio tanto atteso. Con le ferie sarebbe partita per visitare le terre d’origine, fra Campania e Basilicata. Mi è partito di cuore un suggerimento: “Fai un salto in Costiera Amalfitana, non te ne pentirai”. Ha annuito felice. Ci siamo salutati con baci e abbracci. Un incontro che ha dato davvero un senso a quella giornata.
Come pure ha avuto un senso entrare nella “Bombonera”, camminare sul suo manto erboso, già calpestato da fior di campioni, tra cui... Lui. Parliamo dello stadio “Alberto José Armando”, cioè il campo di calcio del Boca Juniors, la squadra più prestigiosa della Primera Division argentina, insieme al River Plate. Buenos Aires trabocca di calcio, conta 14 squadre nella sua enorme provincia metropolitana su 30 del massimo campionato. E il Boca è la compagine dove Lui, Diego Armando Maradona giocò nei suoi primi anni di carriera. Tuttora è la sua squadra argentina preferita. Nella tribuna verticale dello stadio l’unico palchetto riservato e mai messo in vendita ogni anno per gli abbonati è il suo. Lì è casa Maradona, guai a chi lo tocca!
Maradona: lo trovi in foto e poster autografati in qualcuno dei ristoranti più conosciuti di Baires. Un tifoso del Napoli qui impazzirebbe.
A Buenos Aires passi dalle atmosfere demodè dell’antico Cafè Tortoni e dal mercato vintage e caratteristico di San Telmo, alla splendente modernità di Puerto madero, dov’è tutto nuovo: ristoranti, gallerie d’arte, grattacieli e locali alla moda. E infine il Barrio di Palermo Soho ti aspetta per una bella cenetta.
E’ bella Buenos Aires, è familiare ed anche un po’ nostra. E’ parte della memoria di un popolo di emigranti che ieri ha invaso il Sudamerica e oggi fa fatica ad accettare culture e colori diversi sul proprio territorio.

Panorama Tirreno, gennaio 2017