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storia
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Santa Maria del Rifugio, dalla nascita ad
oggi
Dalle orfanelle ai sigari, 4 secoli di
storia
Arturo Infranzi
Oggi con il termine di S. Maria del
Rifugio viene indicato quello che era una volta, così
come era stato edificato, il convento di S. Francesco. Di qui
la denominazione spesso usata di "convento o Monastero di
S. Maria del Rifugio".
Una volta, invece, con tale termine
veniva indicato l'attuale edificio utilizzato dalla Manifattura
dei tabacchi con annessa chiesa. In questo ultimo luogo, prima
detto "La Fratta" presso il Borgo grande, su di un
suolo che in precedenza apparteneva alla famiglia Capova, nel
1568 venne costruito un "palagio" per conto di
Annibale De Rosa. Come ricorda il Filangieri l'opera venne
iniziata da un certo Giordano (de) Taddeo, imprenditore e
maestro di muro. L'edificio con parecchie aggiunte posteriori
che lo deturparono, fu adoperato successivamente come
Conservatorio di figliole sotto il titolo di S. Maria del
Rifugio, di qui la primitiva denominazione di
"Conservatorio". Tale istituzione venne realizzata
per iniziativa di un padre cappuccino in missione a Cava. Padre
Antonio da Olivadi, nato nel 1653 nell'omonimo paesino calabro
in provincia di Catanzaro; morì nel 1720 a Squillace.
Nel corso di una missione di predicazione a Cava si rese conto
che erano parecchie le ragazze senza soldi destinate a una vita
di stenti o peggio ancora e così facendo leva sulla
generosità dei fedeli diede vita alla raccolta di denaro
e oggetti di valore per la costituzione del Conservatorio retto
spiritualmente dalla Regola del terzo ordine francescano. Sulla
vicenda esistono pubblicazioni risalenti al 1755.
Il Conservatorio nel “Borgo
grande”
Successivamente la stessa
amministrazione comunale di Cava (27 novembre 1690)
deliberò una tassa per l'edificazione del
"Conservatorio" e la casa prescelta venne individuata
nel "palagio" di Annibale De Rosa. Il Conservatorio
iniziò a funzionare nel 1692 ed accolse le povere
orfanelle. In seguito all'istituto pervennero rendite e lasciti
che servirono non solo per il sostentamento delle ragazze
povere ma anche per un'eventuale dote in caso di matrimonio.
Inizialmente vennero ammesse 24 ragazze
povere (dai 12 ai 18 anni) che ricevevano un'istruzione e
svolgevano anche attività lavorative per il loro stesso
sostentamento. Governate da una "badessa" avevano
anche la guida di maestre e altre figure della scala gerarchica
religiosa. Le ricoverate vestivano di lana grigia, capelli
rasati e portavano il velo. Vivevano in comunità e in
clausura. L'istituto accoglieva anche educande e locatarie.
L'amministrazione fu curata sino al 1862
dal Comune che delegava tale compito a persone degne e di
età non inferiore ai 40 anni. Lo Statuto del
Conservatorio ebbe il regio assenso prima dal vescovo e poi il
13 dicembre 1748 da parte di Carlo III e successivamente dopo
alcune riforme da Ferdinando IV nel 1789.
E accanto sorse la chiesa
Accanto all'edificio del Conservatorio
fu costruito nel terzo decennio del settecento una chiesetta
per uso delle sole oblate e dei fedeli della zona ed era
indicata come "Chiesa di Santa Maria del Rifugio". La
chiesa fu costruita per iniziativa e a spese di Francesco
Gagliardi, barone di Camella e del Feudo della Noce. Il
Gagliardi morì nel 1745, ma nel testamento scrisse che
rinunciava alla restituzione delle somme di denaro fatte al
Conservatorio qualora l'istituzione accogliesse una ragazza
povera su indicazione della sua famiglia. Alla chiesa le oblate
accedevano tramite un passaggio interno e un dipinto tuttora
esposto sull'altare maggiore della Chiesa rappresenta la
Madonna che accoglie le oblate.
Trasferimento a S. Francesco
Nel 1862, per effetto della legge
sull'amministrazione delle opere pie, il Conservatorio
passò sotto l'amministrazione della Congregazione della
Carità. Il presidente Luigi De Marinis, in una relazione
ha parole di fuoco nei confronti dello stato in cui versava
ormai il Conservatorio, dove vivevano donne di ogni genere,
spesso con il solo scopo di non pagare affitto. Ognuna di esse
provvedeva al proprio sostentamento facendo svariati mestieri.
Le più giovani non venivano educate e molte maestre non
erano idonee al compito loro affidato. Il De Marinis propose di
fare piazza pulita e il 5 dicembre 1865 chiede
all'Amministrazione comunale l'espulsione di tutte le oblate e
delle ragazze ospiti dal Conservatorio, ma in città si
ebbe una forte opposizione capitanata anche da don Stefano
Apicella. Per il trasferimento delle donne nell'ex Convento di
San Francesco fu necessario l'ausilio dei Carabinieri. Una
"noterella" di Valerio Canonico dal titolo
"Tanto rumore per nulla" racconta l'episodio. Le
donne, dunque, furono ricoverate presso l'ex Convento di San
Francesco e, in base al nuovo statuto varato dalla
Congregazione di Carità, il Conservatorio prese la
denominazione di "Orfanotrofio di S. Maria del
Rifugio". All'orfanotrofio fu anche aggregato il
patrimonio del "Ritiro delle pentite", istituito dal
vescovo mons. Silvestro Granito nel 1832, che aveva sede nella
frazione di San Lorenzo, creato allo scopo di raccogliere le
prostitute che volevano dedicarsi alla vita religiosa. Tale
istituto fu soppresso nel 1868.
Caserma militare e poi manifattura
Dopo il trasferimento delle oblate, con
la denominazione di Santa Maria del Rifugio si cominciò
a intendere la nuova sede dell'Orfanotrofio presso il Convento
di San Francesco e cambiò nome anche la vicina
chiesetta, che nel 1868 fu ceduta dall'Amministrazione comunale
alla Confraternita di Santa Maria del Buon Consiglio, di San
Vincenzo e di S. Antonio da Padova. Da qui la nuova
denominazione di "Chiesa di San Vincenzo".
Nel frattempo l'ex edificio di Santa
Maria del Rifugio venne adibito temporaneamente a caserma del
battaglione di fanteria distaccato a Cava. Nel 1872 venne dato
in affitto dal Comune al Ministero delle Finanze, direzione
generale delle privative, e cioè alla Manifattura
tabacchi sezione di Napoli. Successivamente (dal 2 aprile 1900)
l'immobile fu ristrutturato e ampliato per ospitare la
produzione dei sigari toscani, attività ancora oggi in
uso.
Avviso ai lettori. Il testo sopra
riportato, per esigenze redazionali, è un abstract, un
sunto dell'opera originale del prof. Infranzi che è a
carattere storico-scientifico, essendo corredata di note e
riferimenti bibliografici precisi.
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