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“La Poesia è vita e impegno”
Mario Luzi nel ricordo personale del poeta cavese Antonio Donadio
Quando è stata l’ultima volta che ha visto Mario Luzi?
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«L’ultima volta che ho incontrato Luzi, è stato il 25 febbraio dello scorso anno. A Firenze alla libreria San Paolo per la presentazione dell’antologia poetica “In queste braccia” Versi per la madre. Eravamo in cinque, sei poeti, tra cui anche Cesare Ruffato, Roberto Carifi, Giovanna Vizzari. Tutti i presenti, noi compresi, aspettavano l’intervento di Luzi che in scaletta era programmato in apertura. Ma Mario Luzi garbatamente rifiutò e volle che per i vari interventi fosse rispettata l’ordine alfabetico. Mi capitò quindi l’avventura, iniziando il mio cognome per la D, di parlare prima di lui!»
Una battuta, un  ricordo di quest’uomo che è stato uno dei massimi poeti di tutto il 900 e non solo italiano?
«Ricordo e ricorderò per sempre quando incontrandolo per la prima volta, circa venti anni fa, chi chiesi: Professore cos’è la poesia? “E’ la vita al quadrato – mi rispose ammiccando in un sorriso da fanciullo - mi dica cos’è la vita e saprà cos’è la poesia.»
Lei in un certo modo è stato un suo alunno, o mi sbaglio?
«In un certo senso lo sono stato. Non solo grazie alla studio profondo delle sue liriche, ma anche fisicamente, diciamo. Preziose mi sono state, infatti,  le sue lezioni, tenute per la Cattedra di Poesia presso il “Centro Eugenio Montale” di Roma, fondato assieme a Maria Luisa Spaziani.»
Poi Luzi fece la presentazione ad un suo libro di poesie….
«Fu una gioia incredibile e una specie, mi permetta, di consacrazione a poeta. Era il  1996 e Mario Luzi accettò di scrivermi una nota di presentazione ad un mio testo di versi “L’alba nella stanza”. Un’ emozione inenarrabile!»
 Mi può tracciare un profilo poetico di questo ultimo grande della Poesia?
«Ora che Luzi non c’è più, non solo è più povera la repubblica delle lettere, ma più povera è la Parola; perde l’incanto, la forza misteriosa, ora ermetica, criptica come nel primo Luzi, ora sociale, metafisica o spirituale come nelle stagioni meravigliose del suo lungo cammino poetico. Egli ci ha lasciato l’insegnamento che il poeta è parola, che la parola è il mistero stesso; è la libertà offerta agli uomini, al destino umano.»
E il Nobel negato per sette volte?
«Non credo che veramente ne abbia sofferto. “Cosa vuoi, mi precisò una volta, tra gli italiani solo Pirandello e Montale hanno veramente meritato ed ottenuto il Nobel, altri che l’avrebbero ampiamente meritato, come ad esempio Ungaretti, non l’hanno mai ricevuto.»
Quale insegnamento, specie per i giovani poeti, dalla sua lunga vita di uomo e poeta?
«Mario Luzi  ha  sempre sostenuto che la funzione del poeta non è disgiunta dall’impegno sociale. Diceva  che  un poeta deve ascoltarsi a fondo, soprattutto riconoscere il rapporto con la realtà intorno; è necessario dialogare con la vita, parlare del mondo, parlare da dentro. Un eredità preziosa che lascia non solo a chi ha avuto la fortuna di incontrarlo, ma a quanti verranno, soprattutto a quanti vorranno riconoscere nella Parola il mezzo insostituibile per vivere da uomini liberi.»

Panorama Tirreno, maggio 2005
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