Quando a Cava non scarseggiavano
Banca, assicurazione, produzione tipografica, sigari
e servizi informatici: quel che (non) resta degli anni 90
“Abbiamo visto cose che i giovani cavesi non possono neanche immaginare”, parafrasiamo, per alleggerire e non per enfatizzare. Sì, i giovani cavesi non sanno che quando è nato Panorama Tirreno nel 1991, le opportunità di lavoro per i neo diplomati e laureati, ma anche per chi non godeva di titoli
di studio elevati, erano a Cava abbastanza soddisfacenti. C’era una fiorente Arti Grafiche Di Mauro, c’era il Credito Commerciale Tirreno, c’era la Metelliana società di informatica, c’era lo sbocco della Tirrena Assicurazione, di proprietà della famiglia Amabile, c’erano svariate e avviate aziende di ceramica, c’era la Manifattura Tabacchi e l’annessa Agenzia. Per una cittadina di cinquantamila abitanti non era poco, anzi,
molto di più delle scarse risorse del territorio circostante. Un’oasi felice? Quasi, anche se non ci si rendeva troppo conto della fortuna. Poi
la fortuna si è andata rapidamente esaurendo e da allora i giovani cavesi non sanno più che strade intraprendere per trovare lavoro senza dover lasciare l’amata valle metelliana.
Si dissolve l’impero degli Amabile
La scomparsa dell’avvocato Mario Amabile, figlio del capostipite Antonio, una famiglia che aveva
creato un impero economico fra banche, assicurazioni e società collegate, all’inizio degli anni Novanta induce i discendenti Giovanni, Paolo e Giulio a
vendere il Credito Commerciale Tirreno (uno dei primi cinquanta istituti
ordinari di credito in Italia e una delle aziende più solide del Mezzogiorno) ad un gruppo di origine pugliese, la Parfin. I fratelli
Amabile sperano così di salvare il gruppo Tirrena, gioiello di famiglia. Le cose non andranno così. I fratelli cavesi dopo qualche mese saranno costretti a rinunciare anche al
potentissimo gruppo assicurativo. In breve sparirà anche il marchio CCT e gli sportelli della banca saranno acquisiti dalla Banca
Popolare dell’Emilia Romagna.
Dell’impero economico cittadino che ruotava intorno alla famiglia Amabile, si
dissolve infine anche l’ultima appendice, la società Metelliana. Era una società di assistenza informatica che si occupava, fra l’altro, della gestione dei servizi dell’ex Credito Commerciale Tirreno. Nei tempi d’oro contava circa 100 dipendenti. Dopo la clamorosa vendita del CCT nel ‘97, nel 2000 la Metelliana viene frammentata e distribuita in tante piccole
società, facenti capo alla Data Service di Milano. Dell’azienda cavese restano 20 dipendenti: 12 con sede operativa a Nocera Superiore
ceduti al GSI (Gestione Servizi Informatici) di Roma, e 8 con sede operativa a
Cava, ceduti all’INFOLAB, società di Lanciano (Ch). Con la decisione di quest’ultima di trasferire la sede operativa a Lanciano gli 8 dipendenti sono
costretti a fare i bagagli e trasferirsi in Abruzzo.
In pochi anni Cava perde un punto di riferimento unico in tutto il Mezzogiorno
nel settore assicurativo-bancario e dei servizi avanzati. Enorme danno
occupazionale, ma anche finanziario: i risparmi dei cavesi non verranno più reinvestiti sul territorio, ma indirizzati verso i grandi canali nazionali del
credito.
La triste fine delle “Arti Grafiche”
Altra vicenda non a lieto fine: Di Mauro. La “Emilio Di Mauro” SpA operava da circa cento anni nel settore della carta stampata, da quando il “capostipite” Emilio aveva aperto una piccola tipografia a Cava nel 1899. Da più di quaranta anni era diventata leader nel settore tipografico. La via crucis
inizia nel 1993, con 17 lettere di mobilità e 11 di pre-pensionamento, tagli occupazionali per ristrutturare l’azienda. Comincia a traballare una delle più solide certezze economiche e occupazionali della città, che vanta 100 anni di vita ed è considerata fra le prime 50 aziende della provincia. Qualche anno dopo, nel ‘97 si lancerà un nuovo allarme: la perdita di grosse commesse determina in tre anni la
riduzione dell’organico di 46 persone, mentre si parla di 51 altri esuberi. Nella primavera del
2005 la Di Mauro giunge addirittura alla chiusura del suo stabilimento più rappresentativo, quello delle Arti Grafiche. La notizia crea lo sconforto per
120 famiglie che si ritrovano senza più un reddito da lavoro. Inutile la mobilitazione, con l’occupazione della fabbrica e blocchi stradali sulla Statale 18. Anche la
speranza di realizzare un grande centro commerciale nell’area dello stabilimento storico per dare occupazione ai lavoratori rimasti senza
lavoro rimarrà irrealizzato.
La privatizzazione del Sigaro Toscano
Il calvario della Manifattura Tabacchi inizia nel 1991 e si protrae per tutti
gli anni Novanta. Il Ministero delle Finanze annuncia che lo stabilimento di
Cava rientra tra i cosiddetti “rami secchi”, destinati ad essere soppressi in mancanza di una sana ristrutturazione. Con la
privatizzazione dell’Ente Tabacchi e la ristrutturazione della produzione, per la Manifattura e per l’Agenzia, è annunciata la chiusura. 450 lavoratori in esubero da ricollocare in altri
stabilimenti o in uffici finanziari, ma il problema per Cava è la perdita dell’indotto collegato alla presenza dello stabilimento e le prospettive
occupazionali negate per le future generazioni. Negli anni Duemila la
Manifattura passa a privati e la multinazionale British American Tobacco, in
seguito incorporata in BAT Italia, diviene proprietaria dell’opificio cavese. Nel 2006 la Bat decide di concentrare il suo business sulle
sigarette e cede la manifattura di Cava al gruppo Maccaferri, insieme agli
stabilimenti di Lucca e Foiano della Chiana, per 95 milioni di euro. Nascono le
“Manifatture Sigaro Toscano”. Il passaggio dal pubblico al privato del comparto ha comportato la perdita di
molti posti di lavoro.
* * *
Oggi Cava de’ Tirreni ha definitivamente smarrito i suoi più solidi punti di riferimento del secolo scorso. Tutto ciò si è tradotto in una profonda crisi economica e occupazionale resa ancora più acuta dalla crisi generale del Paese. Il danno non è solo economico, ma anche culturale, di identità, di consapevolezza. Cava ha bisogno di ritrovare i suoi punti di riferimento.
Il commercio non basta e il turismo è ben al di sotto di uno standard accettabile. La sfida per gli amministratori
attuali e futuri è molto impegnativa. Per gli imprenditori è quasi sovrumana.
Panorama Tirreno, marzo 2016